06/10/2010, 00.00
VATICANO - M. ORIENTE
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Le urgenze del Sinodo: cristiani in Medio Oriente, rimanere con una missione

di Samir Khalil Samir
A pochi giorni dall'Assemblea dei vescovi del Medio oriente, nella regione dominano tensioni fra sunniti e sciiti; stallo fra israeliani e palestinesi; persecuzione soprattutto in Egitto. Il Sinodo potrà anche suggerire qualcosa alla politica. Ma più di tutto deve risvegliare il compito e la missione dei cristiani in Medio oriente: la libertà e il diritto di offrire la testimonianza sul Dio amore davanti ad ebrei e musulmani.
Beirut (AsiaNews) - A pochi giorni dall’inizio in Vaticano del Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente (10 – 24 ottobre) , la Sala stampa della Santa Sede ha pubblicato l’elenco degli invitati. Fra essi, in qualità di esperto, vi è p. Samir Khalil Samir, grande amico e collaboratore di AsiaNews. A lui abbiamo domandato quali attese il Sinodo sta suscitando.
 
Proprio mentre sta per iniziare il Sinodo, si registra una crescente tensione nella regione, sia in Iran che nel rapporto fra israeliani e palestinesi. Tutto questo influirà sul Sinodo? Nei documenti preparatori si dice in modo molto esplicito che la situazione politica e il conflitto israelo-palestinese condizionano la vita dei cristiani e le loro prospettive economiche, di emigrazione, o di libertà.
 
Conflitto interislamico tra sunniti e sciiti
 
Guardando più da vicino, dobbiamo dire che la tensione attuale in Medio oriente è resa inquieta da un conflitto interislamico, e cioè dal rapporto fra sunniti e sciiti. Tutto il nodo del problema è concentrato sulla questione legata al tribunale internazionale Onu che dovrebbe entro la fine di dicembre pubblicare i risultati dell’inchiesta sull’assassinio del defunto premier libanese Rafic Hariri.
 
A quanto pare, Hezbollah sembra aver avuto parte attiva nell’assassinio. E siccome Hezbollah è più armato perfino dell’esercito libanese, esso minaccia di far scoppiare disordini. D’altra parte, in tutto il mondo arabo musulmano, nessuno vuole intraprendere una guerra, o un confronto duro con l’Iran. Dietro Hezbollah c’è infatti l’Iran. Il problema dunque non riguarda anzitutto i cristiani, ma musulmani contro musulmani. E questo dà una pausa di respiro ai cristiani e al Libano come Paese.
 
Intanto la Siria, da parte sua, sta attuando il suo tradizionale doppio gioco: prende le distanze dagli Hezbollah, andando a braccetto con il re saudita, ma poi, come in questi giorni, processa libanesi non appartenenti a Hezbollah per l’assassinio di Hariri.
 
Per questo motivo io spero che da questa situazione verranno fuori solo delle minacce per mostrarsi più forti nel rapporto fra sunniti e sciiti. Tutti hanno paura, ma nessuno vorrebbe una guerra, che del resto, sarebbe un affare interno all’Islam, che dividerebbe e indebolirebbe tutti.
 
La questione israelo-palestinese
 
Anche sulla questione israelo-palestinese vi è una grande ambiguità. Israele da una parte, non accetta la moratoria sugli insediamenti, e dall’altra anche fra i falchi israeliani, vi sono voci che ammettono la possibilità di uno Stato palestinese. Questa sarebbe la proposta più ragionevole. Vi sono certo questioni ancora scottanti: Gerusalemme, l’acqua, il ritorno dei profughi palestinesi, i coloni israeliani nella West Bank.
 
Se si vuole la pace, occorre almeno mettere nero su bianco alcuni principi e metterli in pratica: due Stati con frontiere precise. Purtroppo Israele non ha mai accettato la questione dei confini. Anche da parte palestinese vi è chi rifiuta l’esistenza d’Israele. La decisione per due Stati è quella più ragionevole, pur lasciando ancora in discussione alcune questioni: Gerusalemme, alcuni confini. In questi tempi si parla anche dell’idea di un unico Stato che raccolga israeliani e palestinesi, ma per ora credo sia difficile se non utopico. Fino a che punto le due leadership sono pronti a camminare su questa strada non lo sappiamo. Sono capaci i due popoli di passare dalla passione religiosa e storica a un realismo politico che tiene conto di tutti gli aspetti? Non lo so, lo dirà la storia.
 
Il Sinodo comunque, da questo punto di vista, può proporre solo la soluzione più realista: quella ragionevole che tenga conto delle circostanze degli israeliani e dei palestinesi. Attualmente sembra che i Paesi arabi siano i più disposti a questo passo; la Palestina dovrà seguire loro perché senza i Paesi arabi la Palestina non può sussistere. Ma se Israele non si decide a bloccare le colonie, tutto cadrà nell’acqua! Da parte palestinese e da parte israeliana spero vi siano politici di buon senso che, aiutati dalla comunità internazionale, possano passare all’atto.
 
Rimanere, perché abbiamo una missione da svolgere
 
Ma il Sinodo deve servire soprattutto a rafforzare la coscienza della missione dei cristiani in Medio Oriente. Fino ad ora, molti vescovi hanno parlato della situazione dei cristiani, dell’emigrazione, dello svuotamento delle chiese, delle violenze come di una fatalità. Benedetto XVI, durante il suo viaggio in Terra Santa lo scorso maggio 2009 ha cominciato a dire che compito dei cristiani è “rimanere” in Medio oriente perché essi hanno una missione da svolgere.
 
Certo in questa regione i problemi fra cristiani e musulmani sono diffusi. La cosa è evidente in Egitto. Qui la pressione e i conflitti fra copti e musulmani sono quotidiani. In questi tempi c’è un attacco continuo contro Anba Bishoi, il vicario patriarcale, da parte della stampa musulmana. Il vescovo avrebbe detto che nel Corano primitivo c’è molta sintonia fra vangelo e fede islamica. Gli aspetti discordanti sono delle aggiunte a questo Corano delle origini. Non so se il vescovo abbia detto davvero queste cose, che hanno comunque un sapore storico letterario. Ma l’accusa è un pretesto per fare manifestazioni per le strade. In fondo quello che dice (o che avrebbe detto) il vescovo mostra un desiderio di dialogo e di condivisione con l’islam.
Questo mostra una situazione estremamente tesa fra cristiani e musulmani. Non è però il caso in Libano, Siria, Palestina. Nell’Iraq dipende dai momenti e spesso la persecuzione contro i cristiani è conseguenza del conflitto di potere fra sunniti e sciiti.
 
Ma la condizione dei cristiani dipende dalla politica? Solo da questa? Certo la politica è quella che decide dell’orientamento del Paese ed è determinante per una piccola minoranza come quella cristiana. Notiamo comunque che le minoranze cristiane in Medio oriente non sono paragonabili alle minoranze musulmane in Europa. Queste sono in Europa da qualche generazione: i cristiani sono in Medio oriente da prima dell’islam, sono popolazioni autoctone.
 
Una missione d’amore
 
Il discorso del papa in Terra Santa e dei documenti preparatori al Sinodo puntano sul dire ai cristiani: “rimanete, fino in fondo”. E soprattutto, rimanete con un “perché”: per una missione. In questi giorni, incontrando alcuni cristiani libanesi, ho visto che essi si pongono il problema della missione.
 
La Chiesa della Corea, un Paese con quasi due secoli di cristianesimo, manda 700 missionari nel mondo. Tutto questo è significativo per noi Chiese del Medio oriente con migliaia di anni di tradizione. I missionari coreani – anche protestanti – sono diffusi in Iraq, in Egitto, e in altre situazioni del Medio oriente. Questa coscienza missionaria va rivalutata nelle Chiese del Medio oriente.
 
Deve essere chiaro che bisogna restare in questa regione per una missione d’amore: far scoprire alle popolazioni locali il vangelo di Gesù Cristo, che è la cosa più straordinaria per salvare la vita di un essere umano, che libera da ogni peso. Qui non è questione di proselitismo, ma un fatto di giustizia: anche i musulmani hanno diritto a conoscere il Vangelo, come i cristiani hanno diritto a conoscere il Corano.
 
Il Sinodo lo dice con parole chiare: non temete, rimanete in Medio oriente, ma rimanete per annunciare la bellezza del vangelo.
 
Giorni fa tornavo a Beirut in aereo. Il mio vicino ha cercato a tutti i costi di parlarmi e così abbiamo conversato per oltre due ore e mezza. Lui è un medico musulmano sunnita del nord Libano e ha voluto sapere il significato della Trinità cristiana. Io gli ho spiegato che il senso della Trinità è che Dio è amore. Il messaggio del vangelo è che Dio non è solo l’onnipotente, il Dio tremendo che retribuisce, che schiaccia il malvagio. Dio è amore e condivisione. E siccome siamo creati a sua immagine, anche noi viviamo nell’amore e nella misericordia. E il mio interlocutore mi ha detto che sarebbe bello che i cristiani ne parlassero con più chiarezza, perché questo serve ai fedeli di tutte le religioni.
 
Il Sinodo sarà efficace nella misura in cui noi lo attueremo. Un testo – come quello che verrà fuori dal Sinodo – non fa la rivoluzione. Ma suggerisce ai cristiani di questa regione di rimanere perché essi hanno un messaggio da condividere. Magari qualcuno vede che non può fare a meno di partire o emigrare. Ma anche in occidente, questo cristiano avrà la stessa missione.
Questa missione dà il senso vero della vita.
 
L’aiuto della Chiesa universale al servizio di tutti
 
In questa missione saremo aiutati dalle altre comunità della Chiesa universale. Fra gli invitati al Sinodo vi sono membri di alcune organizzazioni che lavorano per i cristiani in Medio oriente: Aiuto alla Chiesa che soffre, Missio, Œuvre d’Orient, Neocatecumenali, Focolarini, Sant’Egidio, Caritas, Comunione e liberazione, ecc…
 
La loro testimonianza è importante. Caritas, Aiuto alla Chiesa che soffre, e altri venendo senza presunzione, sostengono la Chiesa, ma non in modo esclusivo. Le Caritas Libano o in Egitto o in Giordania aiutano in misura uguale cristiani e musulmani. Diversi musulmani sono inseriti nel Consiglio direttivo di queste associazioni; i Cavalieri di Malta in Libano, aprono dispensari in villaggi sciiti, sunniti, maroniti; le suore cattoliche sono amate da cristiani e musulmani perché accolgono tutti nell’amore. Le università cattoliche hanno una buona percentuale di musulmani, sostenuti spesso da borse di studio offerte da cattolici.
 
La Chiesa dà testimonianza di non appartenere a una setta, ma a una comunità mondiale che non cerca il potere, ma il servizio. Anche il Vaticano, che viene spesso visto come una potenza, in realtà è un servizio etico, politico, caritativo per le Chiese e il mondo. Devo dire che nel mondo musulmano non si trova la stessa apertura: c’è invece più chiusura e più forza di proselitismo. La Chiesa è un’istituzione al servizio dell’uomo.
 
Conclusione
 
In conclusione, il messaggio del Sinodo ai cristiani è: noi vogliamo rimanere nella regione per creare insieme a musulmani, e chiunque, una società per l’uomo. Non siamo un corpo estraneo, ma apparteniamo a questa terra e abbiamo qualcosa di specifico da portare, per costruire una società più pacifica e più umana.
 
A chi fra i cattolici, anche vescovi, dice: queste sono parole belle, ma poi ?… Io rispondo: le parole danno frutto se noi le facciamo fruttificare. Noi siamo gli attori che possono rendere carne le parole del Sinodo.
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