04/05/2016, 14.48
NEPAL
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Lotta alle discriminazioni indù in Nepal: le vedove protestano vestite di rosso

di Christopher Sharma

Nella religione indù le donne che perdono il marito sono considerate impure. Non possono onorare gli dei, cantare, ballare e devono indossare solo abiti bianchi. Le discriminazioni colpiscono anche le “vedove bambine” e quelle vittime di matrimoni combinati. La nuova Costituzione proibisce tutte le violenze in nome della religione, tradizione e cultura.

Kathmandu (AsiaNews) – Circa 500 vedove indù vestite di rosso, colore loro proibito, hanno manifestato per le strade di Lalitpur contro una pratica tradizionale della loro religione che le discrimina da secoli. Secondo un’usanza della confessione indù, le donne che rimangono vedove sono costrette a portare il lutto per il resto dei loro giorni, devono eliminare dal loro abbigliamento tutto ciò che è rosso e sono obbligate a vestire solo di bianco. Tutto questo porta ad una discriminazione ed emarginazione di fatto da ogni attività sociale. Per tali motivi, le donne hanno marciato urlando lo slogan: “Rispetto per le donne vedove ricoperte di rosso”.

La religione indù discrimina da secoli le donne che perdono il marito. Esse vengono considerate impure e portatrici di sventure e vengono allontanate dalle stesse famiglie, che di solito le rinchiudono in case comuni o le tengono segregate in stanze chiuse.

La Costituzione nepalese, approvata di recente, proibisce a chiare lettere ogni forma di discriminazione contro le donne. L’articolo 38 comma 3 recita: “Nessuna donna può essere sottoposta a violenza fisica, mentale, sessuale, psicologica o di altro tipo o sfruttata in base alla religione, alle tradizioni sociali e culturali o a pratiche di qualsiasi tipo. Tutti questi atti sono punibili per legge, e le vittime hanno il diritto ad ottenere un risarcimento in conformità alla legge”.

L’articolo 43 inoltre parla in maniera esplicita di assistenza sociale garantita a tutti, comprese le “donne single”, altro termine utilizzato per indicare le vedove. Nonostante le garanzie costituzionali, la pratica è diffusa in molti Stati indù, India compresa.

Le discriminazioni vengono attuate anche contro le “vedove bambine” o quelle donne che sono state sposate per brevi periodi. È il caso di Sabina Maharjan, del villaggio di Thencho, una delle leader della protesta: “Mio marito è morto tre mesi dopo il matrimonio. In quel periodo siamo stati insieme solo due giorni, prima che partisse per l’Arabia Saudita per lavoro. Ho ricevuto il suo corpo e l’ho cremato secondo la tradizione indù. Ma l’induismo mi impedisce di onorare gli dei, visitare i templi e vestire di rosso”. La donna racconta che la società le considera come “delle intoccabili. In caso di cerimonie sacre, siamo sempre le non benvenute”.

Bina Shahi, un’altra vedova, ha 27 anni e un figlio di cinque. Alla domanda del piccolo sul perché la mamma non partecipasse alle feste e non indossasse bei vestiti, la donna ha risposto: “Perché tuo padre è morto”. Il bambino però non ha voluto credere a quanto riferito.

L’etnia dei newar, una delle popolazioni storiche della valle di Kathmandu di religione indù, ha ulteriori regole ben precise: le vedove devono astenersi dal portare vestiti rossi, bracciali, il tika (il puntino rosso sulla fronte) e dal praticare attività religiose fino al Bhimratharohan [un rituale della comunità che celebra la lunga vita, compiuto al raggiungimento dei 77 anni, sette mesi e sette giorni – ndr].

Le donne che protestavano hanno deciso che d’ora in poi parteciperanno alle venerazioni degli dei, alle feste, canteranno e balleranno. Govinda Tandon, amministratore del tempio di Pashupatinath, dichiara: “La religione non ha difetti, è la pratica che è stata distorta. La questione delle donne è un fatto serio e non ci deve essere discriminazione e oppressione nei confronti delle vedove”.

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