15/08/2004, 00.00
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Lourdes: il papa sfinito, Ferragosto e le Olimpiadi

di Bernardo Cervellera

Un lungo minuto di silenzio in ginocchio, il viso contratto dal dolore fisico, il corpo malfermo abbandonato sull'inginocchiatoio. Così Giovanni Paolo II si è mostrato al suo primo incontro davanti alla statua della Madonna di Lourdes, da lui definita "meta del mio pellegrinaggio". Si tiene la testa fra le mani come se stesse per scoppiare, mentre le campane segnano l'Angelus con rintocchi solenni. Anche alla messa di oggi, stessa fatica e voce trascinata allo spasimo.

Qualcuno, prima del viaggio, aveva scherzato che al papa a Lourdes sarebbe successo un miracolo e sarebbe stato guarito dalle sue malattie. E invece, anche dopo il sorso d'acqua della fonte benedetta, il miracolo non è avvenuto.

Ma non è così: il miracolo è avvenuto.

Il miracolo è anzitutto che il papa tremante e tutti gli ammalati della terra guardano a Lourdes e alla loro malattia con speranza. Quasi per un'ironia provvidenziale, questo pellegrinaggio avviene a Ferragosto quando molti desiderano scrollarsi di dosso le preoccupazioni della vita, distrarsi fino a drogarsi col sole, le vacanze, i bagni al mare, le passeggiate in montagna. Le orge che tradizionalmente si celebrano la notte di ferragosto sono il segno di un desiderio di novità che non si realizza, il segno di una noia del vivere che uccide.

A Lourdes nessuno fugge dalla vita quotidiana: la fatica, la malattia, le orribili ferite della nostra fragilità di uomini sono portate in processione non come un'eccezione sfortunata dell'esistenza, ma come il segno che la vita umana porta nella carne un mistero più grande, davanti a cui inchinarsi e adorare. Chi è stato a Lourdes non ha potuto fare a meno di vedere come il malato è accolto, curato, stimato, spingendo all'abbraccio della vita, e non al suo rifiuto.

Mentre la folla immensa di fedeli partecipa alla messa sulla Prairie di Lourdes, a migliaia di chilometri di distanza si celebra la liturgia delle Olimpiadi. Sotto la statua della Vergine, corpi segnati dal male chiedono il bene dell'umanità; sotto il Partenone, corpi splendenti e vigorosi gareggiano per mostrarsi più forti, sperando che le competizioni sportive portino un po' di pace al pianeta ferito dalle guerre.

Quale speranza è più vana? Per quanti sforzi facciano i comitati olimpici, lo sport rimane un tentativo ingenuo e impotente contro la corruzione, la politica internazionale, il doping, la competizione a tutti i costi.

La speranza di Lourdes è invece la grotta della Vergine che, come un grembo, fa rinascere la libertà dell'uomo, la freschezza della sua responsabilità perdonata. Il papa ieri ha chiesto a tutti di pregare perché "ogni uomo veda nell'altro non un nemico da combattere, ma un fratello da accogliere ed amare, per costruire insieme un mondo migliore". A Lourdes tutto questo è possibile: le processioni, le liturgie cantate in tutte le lingue raccontano di una fraternità ritrovata "di ogni razza, popolo e lingua" (cfr. Apoc. 7,9). E i santuari mariani nel mondo legano questa fraternità cristiana ad altre culture e religioni: musulmani, indù, scintoisti trovano nel grembo di questa Madre la forza di un nuovo inizio.

Lourdes non è il premio di consolazione per falliti fisici e spirituali: è il cuore che ogni giorno comunica al mondo la vita e la speranza. Per questo Lourdes, in questi giorni e sempre è affollata di giovani. Invitando proprio loro alla Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, il Papa, alla fine del suo pellegrinaggio ha detto: "Questi incontri mi hanno dato una grande speranza, che oggi voglio condividere con voi, cari giovani amici. Ponetevi alla scuola di Maria e porterete nel mondo una ventata di speranza!".

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