20/11/2010, 00.00
IRAN - INDIA
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L’Ayatollah Khamenei invoca sostegno per i musulmani del Kashmir indiano

di Nirmala Carvalho
Nel discorso per l’Haj, il leader religioso iraniano dà indicazioni per aiutare i musulmani del Kashmir. Attivisti e leader religiosi indiani: così non si aiuta la libertà religiosa ma si fomentano violenze, Tehran vuole distrarre la Nazione dai problemi interni.
New Delhi (AsiaNews) – “Oggi il primo dovere dell’elite della Ummah islamica è dare aiuto alla Nazione Palestinese e alla sua popolazione e dare solidarietà e aiuto alla nazione del Kashmir” per sostenerne la popolazione islamica “contro le aggressioni”. E’ il messaggio inviato dall’Ayatollah Ali Khamenei, leader religioso supremo dell’Iran, ai pellegrini in occasione dell’Haj. Attivisti e leader religiosi indiani criticano questo messaggio, come possibile istigazione al fondamentalismo.
 
La regione del Kashmir è divisa tra Pakistan e India, da quando i 2 Stati si sono separati. Entrambi gli Stati rivendicano l’intero territorio, mentre la Cina a sua volta controlla le province di Aksai Chin e Shaksgam. Nell’indiano Stato di Jammu e Kashmir, a maggioranza islamica, c’è una forte sentimento nazionalista e scissionista e sono attivi gruppi fondamentalisti che compiono attentati. Nel 2008 ci fu un’ampia protesta popolare islamica (oltre 500mila persone in piazza, ripetuti scontri con la polizia a Srinagar con 6 morti e almeno 100 feriti) perché il governo aveva donato un terreno al tempio indù di Sri Amarnath per costruirci un ricovero per i pellegrini. A seguito delle proteste il governo ha revocato la donazione, ma questo ha scatenato le proteste degli indù (maggioritari nel Jammu), violenze contro gli islamici e nuovi scontri di piazza che hanno provocato altri morti e centinaia di feriti.
 
Lenin Raghuvanshi, noto attivista per i diritti umani, osserva ad AsiaNews che mentre è giusto “difendere i diritti umani” nella regione, tuttavia “non si tratta di una questione religiosa collegata con l’Islam. Il messaggio di Khamenei per l’Haj è un modo fondamentalista di considerare il problema del Kashmir, che dà un indiretto sostegno alle forze induiste fasciste dell’India. Il governo iraniano ora vuole nascondere il fallimento dello Stato di Diritto nel proprio Paese, così adotta la strada del fondamentalismo religioso. Nell’Iran non c’è alcuna libertà, nemmeno religiosa. Non c’è diritto di espressione. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato nuove sanzioni contro l’Iran per il sospetto che prosegua il suo programma nucleare. Teheran sta cercando un diversivo”.
 
“Nel loro Paese – prosegue il dott. Raghuvanshi – [le autorità] hanno colpito i gruppi di minoranza e chiunque vuole esprimere se stesso. C’è un regime assoluto di tortura. Ora cercano di attirare l’opinione pubblica ponendo il Kashmir come un problema religioso. Sulla base del fondamentalismo, chiedono il sostegno del mondo islamico”. “In un Paese del tutto privo del diritto di espressione, dei diritti umani e della libertà religiosa, Khamenei vuole solo sollevare sentimenti populisti per una piattaforma religiosa che manipola la politica”.
 
Padre Paul Thelakat, portavoce del Sinodo Siro-malankarico, dice ad AsiaNews che “nel Medio Oriente i cristiani sono perseguitati sia dal terrorismo islamico che dalla violenza di Israele. Nel Kerala [Stato indiano] c’è lo strano fenomeno che islamici e marxisti sono uniti contro Israele e tengono inattivo il terrorismo islamico. I marxisti attaccano Israele solo perché alleato degli Usa. Continuano la loro retorica contro il capitalismo e l’Occidente, anche alcuni loro leader mandano i figli a studiare in Paesi europei o negli Usa”.
 
“Il mio timore – prosegue il sacerdote – è che questa strana unione tra marxismo e islam possa aiutare il reclutamento di terroristi dal Kerala verso il Pakistan. Il Kerala rischia di diventare un vivaio di fondamentalismo islamico. Anche se la maggioranza dei musulmani sono pacifici e rispettosi delle altre religioni, questi rimangono silenziosi di fronte alla crescente propagazione del fondamentalismo”.
 
Anche Sajan K. George, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic) critica le parole di Khamenei e “l’aumento del fondamentalismo islamico nel Kashmir”. “Il 21 novembre 2006, 4 anni fa, il coordinatore Gcic Bashir Ahmed Tantray è stato ucciso da militanti islamici in pieno giorno mentre parlava con amici musulmani nel suo villaggio a Mamoosa, distretto Baramulla. Egli era cristiano, convertito dall’islam, ma gli fu fatto un funerale musulmano e fu seppellito nel cimitero islamico, per timore di rappresaglie”.
 
“In India assistiamo a un aumento del fondamentalismo islamico: a ottobre un gruppo di musulmani ha aggredito un pastore cristiano vicino a Bangalore, una scuola è stata incendiata e distrutta in Kashmir solo per una voce che erano state bruciate alcune pagine del Corano”. “E’ criticabile che il leader religioso Khamenei faccia simili richiami incendiari, il dovere di ogni leader religioso è promuovere la pace e la tolleranza e la comprensione reciproca piuttosto che seminare discordia e divisione”.
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