22/12/2008, 00.00
IRAN
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L’Iran chiude il Centro per la difesa dei diritti, del nobel Shirin Ebadi

Il Centro voleva celebrare i 60 anni della Dichiarazione Onu dei diritti dell’uomo. La polizia minaccia e percuote i presenti e sequestra le telecamere. Secondo Human Rights Watch è “una sfida” all’intero movimento mondiale per i diritti. Preoccupazione per la sorte del premio Nobel.

Tehran (AsiaNews/Hrw) – C’è preoccupazione dopo che ieri la polizia iraniana ha invaso e chiuso la sede del gruppo Defenders of Human Rigths Center (Dhrc), creato dal premio Nobel per la pace 2003 Shirin Ebadi. Il gruppo per la tutela dei diritti Human Rights Watch parla di un tentativo di ridurre al silenzio chiunque nel Paese difenda i diritti  umani e chiede l’immediata riapertura del Centro e un’indagine contro i responsabili dell’azione.

Dhrc, fondato nel 2000 dalla Ebadi e altri attivisti pro-diritti, per il 21 dicembre aveva invitato oltre 300 attivisti a riunirsi per celebrare i 60 anni della Dichiarazione Onu per i diritti dell’uomo.

Narges Mohammadi, portavoce di Dhrc, racconta che quando è arrivata, circa alle 3 del pomeriggio, ha trovato decine di poliziotti che hanno sbarrato l’accesso, filmato la Ebadi e le altre persone presenti, infine chiuso a chiave l’entrata. Racconta che funzionari della polizia si sono rifiutati di mostrare qualsiasi ordine di perquisizione. Le telecamere dei giornalisti sono state sequestrate e Hadi Esmailzadeh, membro di Dhrc, è stato percosso.

Kenneth Roth, direttore esecutivo di Hrw, osserva che si tratta di un’azione non solo contro la Shirin Ebadi e Dhrc ma contro l’intera comunità mondiale pro-diritti, anche per dimostrare ai cittadini dell’intero Paese che Tehran ha “tolleranza zero” verso chi difende i diritti umani.

Ora si teme che alcuni attivisti di Dhrc siano stati arrestati, dato che – ricorda Hrw - nel passato l’Iran insieme a simili raid ha anche operato arresti arbitrari con accuse di dubbio fondamento. Ad esempio Mohammad Sadiq Kaboudvand, fondatore dell’Organizzazione per i diritti umani nel Kurdistan, è stato condannato a 10 anni di carcere per la sua attività.

 

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