15/07/2015, 00.00
RUSSIA - ISLAM
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L’Isis lancia un'offensiva mediatica per reclutare cittadini russi

di Nina Achmatova
Con la nascita del network Furat si unificano sotto una stessa sigla le diverse e sporadiche produzioni in russo volte al reclutamento nello spazio ex sovietico, ma anche a dare omogeneità all’ideologia dello Stato islamico fuori dal mondo arabo.

Mosca (AsiaNews) – Lo Stato islamico sta potenziando la sua propaganda in russo, al fine di rafforzare la sua presenza nello spazio post-sovietico. Ha scritto così il Guardian di recente, rilanciando un articolo della Radio Free Europe, che analizza gli ultimi sviluppo della strategia mediatica dell’Isis nell’ex Urss.

Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha reso noto, dal summit del Brics, che 2mila russi stanno attualmente combattendo in Siria o Iraq. A giugno il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev, è tornato ad avvertire che le organizzazioni terroristiche, tra cui lo Stato islamico, stanno cercando di arruolare cittadini russi su tutto il territorio e ha invitato i servizi segreti dei diversi Paesi a “rafforzare la collaborazione per la lotta contro i reclutatoti”. “E’ impossibile” arginare la marea di questi combattenti, ha poi aggiunto.

Nelle ultime settimane è stato lanciato Furat Media, un nuovo network in russo che sui diversi social media e - da Twitter a Facebook - diffonde messaggi dell’Isis. Proprio Furat è stato usato, per esempio, dal gruppo per dichiarare la nascita di una sua provincia nel Caucaso del Nord, all’interno della stessa Federazione russa. Il network ha anche prodotto un video professionale intitolato “Unità dei mujahidin del Caucaso” con interviste ai militanti russofoni in Iraq e Siria.

In precedenza la comunicazione dei terroristi in russo era frammentaria, con la maggior parte dei video pubblicati senza sottotitoli o riportati dopo la diffusione nella versione araba. Ora Furat, il cui lancio è stato il 5 giugno, produce un mix di video con sottotitoli, appelli dei militanti Isis, Dvd, messaggi motivazionali e propaganda di diverso tipo convenzionata direttamente in russo, in Siria e Iraq.

Nonostante le politiche di Twitter e Facebook per bloccare account legati ai jihadisti, il numero di materiale diffuso sui social è vastissimo: il Booking Institute, a fine 2014, ha stimato che ci sono oltre 46mila account con oltre un migliaio di follower usati dai sostenitori dell’Isis. La pagina di Furat sul Facebook in cirillico - Vkontakte - è stata chiusa, il suo profilo Facebook è stato bandito, ma il gruppo ha riaperto un nuovo account, raccogliendo oltre 250 membri in una settimana.

La presenza di militanti russi in Siria, che diffondono la loro propaganda, non è nuova e risale al 2012; con l’aumentare del loro numero, però, le operazioni mediatiche hanno fatto un salto in termini di professionalità. Prima di Furat, a inizio 2013, aveva visto la luce FiSyria, un sito amministrato da un gruppo di militanti ceceni capeggiati da Omar al-Shishani, secondo quanto aveva scritto il Wall Street Journal.

All’inizio, FiSyria era il sito intente personale di Shishani e offriva notizie sulle battaglie in cui era coinvolto il suo gruppo. Quando Shishani è passato all’Isis, a fine 2013, FiSyria è però diventato un sito di propaganda dello Stato islamico in russo. Il suo indirizzo ora rimanda a Furat, che raccoglie sotto il suo logo tutta la produzione mediatica in russo, con lo scopo di reclutare nuovi militanti nello spazio ex sovietico, specialmente dal Caucaso del Nord e dall’Asia centrale. Altro obiettivo è anche quello di creare un “ponte ideologico” tra Siria e Iraq e chi vive ancora in Caucaso settentrionale: traducendo materiale dall’arabo in russo, Furat mira a garantire che tutti i russofoni nei territori controllati dall’Isis (califfati) abbiano accesso agli stessi messaggi e ideologia delle loro controparti arabe.

Ci sono poi analisti che in questo attivismo dell’Isis nell’ex Urss non vedono una reale minaccia per la Russia, quanto più un pretesto usato da Mosca per convincere gli alleati occidentali a rompere l’isolamento in cui è finita per la crisi ucraina e unire le forze contro la comune minaccia islamica. La pensa così l’analista Andrei Piontovsky secondo il quale, al contrario, tra i numerosi jihadisti di cittadinanza russa vi sono sicuramente degli infiltrati dei servizi segreti di Mosca, il cui ‘gioco’ con l’Isis non è chiaro. Mentre uno studio polacco diffuso da Radio Free Europe ridimensiona le attività dello Stato islamico in Asia centrale.  

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