29/06/2009, 00.00
IRAN
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L’arresto degli impiegati a Teheran, una inutile “sceneggiata” di Khamenei

di Dariush Mirzai
È solo un tentativo di propaganda nazionalista per fermare la diffusione della protesta. A Teheran gli impiegati locali delle ambasciate straniere sono sottoposti a controlli soffocanti e separati dal mondo degli espatriati. Un monito alla Bbc in persiano.

Teheran (AsiaNews) - L’arresto di otto impiegati locali dell’Ambasciata britannica a Teheran seguita all’espulsione di due diplomatici, provoca nuove tensioni tra l’Iran e il Regno Unito. Tale crisi è voluta da Khamenei e Ahmadinejad, prima di tutto per discreditare il movimento di protesta della società civile. Niente di nuovo: la storica diffidenza francese verso la Gran Bretagna è rimasta un fantasma profondamente radicato in vari ambienti della società iraniana. Nel retroscena, l’Inghilterra sarebbe sempre stata attiva, con astuzia, per indebolire e sfruttare la Persia. Secondo alcuni, a metà ironici, a metà seri, perfino la rivoluzione islamica potrebbe essere stata pianificata a Londra: parecchie barzellette ben note da anni a Teheran affermano che sotto il turbante dei mullah, o sotto la barba, ci sarebbe l’iscrizione “made in U.K.” Più che gli Yankee strapotenti e minacciosi, ma assai rozzi e sinceri, gli Inglesi sono per i nazionalisti iraniani l’emblema di quell’Occidente furbo che sempre impedisce all’Iran di ritrovare l’antica potenza. Perciò, da decenni, l’Ambasciata britannica a Teheran è sottoposta ad accuse, danni, dimostrazioni teleguidate. Londra ha sempre reagito con fermezza e calma, come ha fatto ieri il ministro David Miliband.

 Arrestare gli impiegati locali di un’ambasciata occidentale permette al regime iraniano di sperare in risultati a diversi livelli. Il primo e principale è di rafforzare la propaganda all’interno: l’attuale opposizione ad Ahmadinejad proviene dal nemico storico dell’Iran. I giovani militanti che in modo ironico gridano “Allah akbar!” sui tetti di Teheran, non crederanno certo a questa propaganda, ma forse avranno dubbi i loro genitori o i loro cugini in provincia. Khamenei spera così di limitare la crescita del movimento di protesta.

 Un secondo risultato sperato dal regime è di consolidare la pressione sui diplomatici stranieri e i loro impiegati locali. Con realismo, va detto che le accuse di questi giorni sono del tutto infondate. Per lavorare in un’Ambasciata straniera, un Iraniano deve prima comunicare alla Polizia tutti i numeri di telefono, attuali e passati (fino ai cinque indirizzi anteriori!). Poi, se riceve l’autorizzazione, ci sarà per lui e la sua famiglia una sorveglianza più o meno stretta dalle forze di sicurezza o, peggio, dai colleghi iraniani dentro l’Ambasciata: una delle basi del potere dei mullah e dei pasdaran è la delazione, facilitata ed incoraggiata in vari modi, inclusa la tristemente famosa “buca delle denuncie anonime”.

 Per premunirsi dalle “spie” e proteggere gli impiegati locali contro le pressioni del loro stesso Paese, le grandi Ambasciate occidentali hanno preso misure organizzative ed architettoniche che evitano ai “locali” di aver accesso agli uffici e alle sale riunioni riservate agli stranieri. Un ex diplomatico australiano afferma: “Sembra una mancanza di fiducia, ma i primi a chiederlo sono gli impiegati iraniani. Per loro, è una protezione contro le pressioni dei servizi di sicurezza iraniani”. È dunque molto improbabile che dietro le dimostrazioni di questi giorni vi sia la mano della diplomazia britannica o di impiegati locali, posti sotto sorveglianza e sotto pressione permanente. Un diplomatico europeo a Teheran conferma: “Sarebbero gli ultimi a complottare o a dimostrare, per loro è troppo rischioso

Dietro queste misure di repressione contro gli impiegati locali c’è però forse un messaggio specifico per il Regno Unito. Il terzo risultato a cui tende Khamenei sarebbe forse di far tacere o “moderare” il servizio in persiano della Bbc. Ma questa è forse una battaglia già persa.

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