03/08/2007, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Medico egiziano, “ostaggio” del Regno Saudita, perché cristiano

Lo denuncia International Christian Concern: il chirurgo da due anni cerca di rimpatriare dopo che la Muttawa lo ha accusato di essere un missionario e gli ha sequestrato il passaporto. Le autorità continuano ad illuderlo con false promesse, mentre l’uomo è ancora senza lavoro.
Riyadh (AsiaNews) – Un medico cristiano, di origini egiziane, è “ostaggio” dell’Arabia Saudita: dopo averlo licenziato a causa della sua fede, la polizia religiosa – Muttawa - gli ha sequestrato il passaporto e le autorità continuano a negargli la possibilità di lasciare il Paese e tornare in Egitto. A denunciare il caso è l’organizzazione per i diritti umani International Christian Concern (ICC).
 
Il dottor Mamdooh Fahmy ha iniziato a lavorare come chirurgo presso l’Albyaan Menfhoh Medical Center di Riyadh nel 2004. Subito un gruppo di suoi colleghi musulmani lo ha preso di mira, chiedendogli ripetutamente di abbracciare l’islam, invito sempre rifiutato dal medico che non nascondeva la sua fede cristiana. In una lettera ad ICC lo stesso Fahmy racconta in questi termini la sua storia: “Il 12 aprile 2005 ho ricevuto sul lavoro una visita a sorpresa di tre funzionari sauditi. Due erano in abiti civili, uno era un poliziotto. Mi hanno informato che erano della Muttawa; hanno iniziato ad insultarmi davanti allo staff e ai pazienti del centro. Mi hanno preso il portafoglio, il cellulare e le chiavi. Mi hanno incappucciato, legato e condotto a casa. Mentre il poliziotto e io siamo rimasti in auto, i due civili hanno perquisito la mia abitazione e confiscato tutto il materiale scritto (libri, appunti…). Mi hanno portato alla stazione di polizia, dove sono stato accusato di essere un missionario cristiano e di consumare bevande alcoliche. Mi hanno tenuto in isolamento per 5 giorni e poi hanno cominciato con gli interrogatori. Ogni volta che mi interrogavano mi insultavano e mi chiamavano ‘infedele’”.
 
Immediatamente dopo il suo rilascio, Fahmy ha cercato di riavere indietro il passaporto dal datore di lavoro, il quale gli ha invece comunicato che il documento era in possesso della polizia. Si è trattato solo del primo di una lunga serie di tentativi da parte del chirurgo di ritornare in patria. Nell’ultimo recente episodio, le autorità saudite, dopo le pressioni del Cairo, hanno detto al dottore che gli bastava compilare un modulo per poter rimpatriare; l’uomo lo ha fatto, ma nonostante ciò la sua richiesta è stata respinta e i funzionari gli hanno anche riso in faccia.
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