05/09/2006, 00.00
CINA
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Migranti cinesi, i paria del miracolo economico

Oltre 40 mila infortuni sul lavoro, ogni anno, nel solo Guangdong. I lavoratori migranti, nuovo sottoproletariato spesso ignorato dalla legge, lavorano per paghe misere in fabbriche insicure e senza diritto all'assistenza sanitaria o a un risarcimento per gli infortuni.

Pechino (AsiaNews/Scmp) – Nella Cina comunista i lavoratori migranti sono uno dei più miseri sottoproletariati nel mondo industriale, con orari di lavoro massacranti, paghe minime e la mancanza di ogni garanzia sindacale e assicurativa. La rapida crescita economica cinese, applaudita dal mondo intero, avviene anche a prezzo di gravi infortuni, conseguenza delle cattive condizioni di lavoro: è praticamente impossibile, poi, che qualcuno risarcisca il lavoratore ferito.

Li Qiang, direttore di China Labour Watch, sottolinea come nel solo Guangdong, cuore del boom economico, almeno 40 mila migranti subiscono ogni anno infortuni sul lavoro. La legge prevede otto ore di lavoro al giorno per cinque giorni settimanali, ma Li dice che sono "normali" 11 o 12 ore al giorno per 7 giorni su 7 per più mesi di seguito.

Li osserva che negli impianti metallurgici, in quelli di materiale plastico e nei mobilifici sono spesso usati macchinari vecchi e poco sicuri: dopo molte ore di lavoro ogni giorno per mesi, "molti operai sono esausti e [gli incidenti] accadono con più frequenza". Per il 90% degli operai non ci sono misure di protezione, adottate solo nei grandi impianti industriali. L'età media degli infortunati è di 25 anni e solo il 17% ha "una minima conoscenza dei suoi diritti di lavoratore".

Qiao Jian, capo del Dipartimento sindacale all'Istituto cinese per le relazioni industriali, dice che gli ex contadini, ora lavoratori migranti, sono una vera "nuova classe operaia", ma che il sistema normativo non li considera e li ha resi una sorta di "fuori casta", dei paria, "gli intoccabili nel sistema di caste indiano".

Questi operai in genere non hanno la residenza del luogo dove lavorano e sono privi del diritto all'assistenza sanitaria o all'istruzione scolastica: almeno il 50% dei figli di migranti non ottiene alcuna istruzione scolastica.  Nel settore edilizio, ammirato e celebrato dal mondo per la rapidità con cui  sorgono nuovi quartieri – prosegue Qiao – solo il 6% dei lavoratori riceve il salario ogni mese, mentre gli altri lavorano anche per mesi senza essere pagati. Qiao parla di oltre 100 miliardi di yuan di paghe arretrate.

Anche Yu Quanyu, ideologo comunista e fondatore di una delle prime imprese statali, riconosce l'attuale situazione di degrado sociale per gli operai cinesi: "i dipendenti delle imprese pubbliche rischiano di perdere il lavoro e i lavoratori migranti non hanno alcuna sicurezza, anche minima".

I media raccontano con frequenza gravi infortuni. Fu Wenquan, 35 anni, ex contadino del Sichuan, ha lavorato appena un mese in un'acciaieria di Xinshi, a Guangzhou, quando un ingranaggio gli ha agganciato e fracassato tre dita della mano. Il datore di lavoro rifiuta qualsiasi risarcimento dicendo che Fu non ha seguito la giusta procedura e gli ha solo "prestato" 5 mila yuan per le cure mediche, che Fu deve pagarsi per tentare di evitare l'amputazione delle dita.

Dal Sichuan viene anche Zhuang Jinfu che ad aprile, dopo un mese di lavoro in un cadente edificio nel distretto di Baiyun a Guangzhou (12 ore al giorno per 7 giorni la settimana per circa 800 yuan, 100 dollari Usa, al mese), ha avuto due dita della mano maciullate sotto un pesante rullo di metallo.

A Guangzhou l'Ospedale chirurgico per la mano Hengsheng, reputato il migliore del Guangdong per le ferite alla mano, è sempre pieno e il 90% dei pazienti sono lavoratori migranti. E' una clinica privata. Gli operai infortunati non hanno assistenza pubblica e spesso accettano risarcimenti minimi piuttosto che affrontare il complesso iter burocratico o una difficile causa per avere quanto giusto. Secondo il Public Welfare Time, giornale del ministro per gli Affari civili, ai lavoratori migranti occorrono più di 200 giorni di pratiche burocratiche per ottenere qualsiasi compenso. Ma se il datore di lavoro non vuole pagare spesso occorre anche fare causa. (PB)

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