04/02/2012, 00.00
FILIPPINE
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Mindanao, vertici di Abu Sayyaf e Jemaah Islamiyah uccisi in un raid dell’esercito

Il bombardamento aereo ha colpito un campo degli estremisti islamici situato vicino alla città di Parang (Jolo), uccidendo 15 terroristi. Fra i morti Zulfifli bin Hir, capo della Jemaah Islamiah, Gumbahali Jumdail, leader di Abu Sayyaf e Mumanda Ali, fra gli autori della strage di Bali. Nei prossimi giorni vi sarà l’esame del Dna per confermare l’identità degli uccisi.
Manila (AsiaNews) – Tre dei principali leader di Abu Sayyaf e Jamaah Islamiyah sono rimasti uccisi in un raid aereo dell’ esercito filippino lanciato nei giorni scorsi vicino alla città di Parang, nell’isola di Jolo (Mindanao). Nel bombardamento sono morti altri 12 militanti di entrambi gruppi, che però non sarebbero stati ancora identificati. L’operazione di recupero delle salme è stata condotta dai militari filippini insieme alle forze speciali degli Stati Uniti.  

Marcelo Burgos, portavoce dell’esercito filippino, ha affermato che fra i morti vi sarebbero: Zulkifli bin Hir meglio conosciuto come Marwan, di nazionalità malaysiana e leader della Jemaah Islamiyah, gruppo terroristico affiliato ad al-Qaeda; Gumbahali Jumdail, capo di Abu Sayyaf detto il Dr. Abu, responsabile dei più sanguinosi attacchi avvenuti negli ultimi anni a Mindanao e nelle Filippine; Mumamda Ali, alias Muawiya, ex militare di Singapore fra i leader della Jemaah Islamiyah, rifugiatosi nelle Filippine nel 2002 dopo l’attentato terrorista di Bali. Sui tre pendono taglie per oltre 5 milioni di dollari, pagate sia dal governo degli Stati Uniti che filippino, anche in caso di morte. Burgos ha sottolineato che nei prossimi giorni verrà effettuato sulle salme il test del Dna per avere piena conferma della loro identità. Il portavoce dell’esercito non esclude la collaborazione con gli esponenti del Moro Islamic Liberation Front (Milf) movimento islamista che da alcuni anni collabora con il governo filippino per la pace a Mindanao.

Marwan, Dr. Abu e Muawiya sono responsabili di numerosi attentati terroristi avvenuti in questi anni nelle Filippine e in Indonesisa. Essi tenevano i contatti con le altre cellule di al Qaeda attive nel resto dell’Asia e del Medio oriente e utilizzavano l’impenetrabile jungla di Jolo per addestrare i miliziani. La loro principale fonte di finanziamento erano il traffico di armi, di droga e il rapimento di turisti, religiosi e operatori umanitari.

Secondo i responsabili dell’esercito, la morte dei tre leader – se confermata - rappresenta uno dei più grandi successi della battaglia contro il terrorismo islamico nel sud-est asiatico dall’arresto nel gennaio 2011 di Umar Patek, terrorista indonesiano della Jemaah Islamiyah e mente della strage di Bali del 2002. Egli è stato catturato dalle forze speciali americane ad Abbotabad (Pakistan) quattro mesi prima dell’uccisione di Osama bin Laden.

La regione di Mindanao a maggioranza musulmana è da oltre 40 anni teatro di un conflitto tra esercito filippino e gruppi estremisti islamici che lottano per ottenere l’indipendenza dell’isola e creare uno Stato islamico governato dalla sharia. Nonostante i negoziati con il Moro Islamic Liberation Front (Milf), storico movimento separista islamico - Abu Sayyaf e Jemaah Islamiyah hanno continuato a compiere rapimenti e attentati contro edifici cristiani e governativi. In questi anni la comunità cattolica di Jolo è stata spesso bersaglio di attacchi. Il più grave è avvenuto il 7 luglio 2009, quando una bomba esplosa dentro la cattedrale, provocando sei morti e 40 feriti.

L’attività principale di Abu Sayyaf restano però i sequestri di persona. In questi anni vi sono stati centinaia di rapimenti attribuiti al gruppo islamico. L’ultimo risale a pochi giorni fa e ha coinvolto due turisti stranieri, Lorenzo Vinciguerra, svizzero di 47 anni, e Ewold Horn, olandese di 52 anni. Essi sono stati rapiti insieme alla loro guida filippina mentre facevano birdwatching nell’arcipelago di Tawitawi. Le operazioni per la loro liberazione sono iniziate oggi, ma la polizia sottolinea che i sequestratori potrebbero essere dei semplici criminali locali. Infatti, la presenza dei terroristi islamici ha favorito nella regione il “business dei rapimenti” e da alcuni anni i sequestri sono organizzati da persone che si nascondono dietro gli estremisti islamici solo per aumentare il prezzo del riscatto che può giungere fino a 3 milioni di euro. Gli ostaggi più a rischio sono i sacerdoti missionari stranieri attivi a Mindanao.

Negli ultimi anni 13 sacerdoti sono stati rapiti o uccisi. Fra questi anche due missionari italiani del Pontificio Istituto Missioni Estere: p. Luciano Benedetti, rapito nel 1998 e rilasciato dopo tre mesi di prigionia, e p. Giancarlo Bossi, sequestrato nel 2007 e liberato dopo oltre due mesi.
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