04/05/2021, 09.11
FILIPPINE-CINA
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Ministro degli Esteri filippino impreca contro Pechino: 'Fuori dalle nostre acque!'

Teodoro Locsin ordina ai cinesi di ritirare le proprie navi dalla zona economica esclusiva di Manila nel Mar Cinese meridionale. L’atteggiamento cinese spinge le Filippine a rivolgersi agli Usa. Duterte alle strette, costretto dall'opinone pubblica allo scontro con i partner di Pechino.

Manila (AsiaNews/Agenzie) – “Cina, amica mia, come posso dirtelo in modo gentile? Vediamo… oh… VATTENE A FARE IN C… VIA”. È il durissimo tweet - il maiuscolo è suo - con cui ieri Teodoro Locsin, ministro filippino degli Esteri  ha “imprecato” contro i cinesi, che si rifiutano di ritirare propri pescherecci e altre imbarcazioni dalla zona economica esclusiva delle Filippine.

Insieme a Vietnam, Malaysia, Taiwan, Brunei e Indonesia, e con il sostegno degli Stati Uniti, le Filippine si oppongono alle rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese meridionale. La posizione di Manila si fonda sulla sentenza della Corte internazionale di arbitrato dell’Aia, che nel 2016 ha definito “senza basi” le pretesi cinesi su quasi il 90% dello specchio d’acqua.

Pechino ha occupato e militarizzato numerosi atolli coralliferi e banchi sabbiosi nella regione. Navi da guerra e della guardia costiera cinesi, insieme alle imbarcazioni delle milizie marittime, operano di frequente nelle acque rivendicate dagli altri Stati.

L’attacco di Locsin arriva dopo che il suo dicastero ha accusato la guardia costiera cinese di aver compiuto “operazioni aggressive” nei confronti di navi filippine che pattugliano le acque intorno  Scarborough Shoal. Il banco sabbioso è occupato dalla Cina dal 2012 ma è rivendicato da Manila.

Secondo il ministero filippino della Difesa, da marzo circa 200 battelli della milizia marittima di Pechino sono stazionati anche nei pressi di Whitsun Reef, un banco corallifero parte delle isole Spratly che Manila considera sotto la propria sovranità.

In un ammonimento al governo cinese, Locsin ha detto che la Cina è come “un brutto zoticone che ti spinge a rivolgere l’attenzione verso qualcuno più bello e amichevole”: un chiaro riferimento agli Usa. Il ministro filippino ha aggiunto che ormai il “garbato” linguaggio diplomatico non serve a niente con Pechino.

La presenza navale cinese nelle acque rivendicate da Manila sta mettendo in difficoltà il presidente filippino Rodrigo Duterte, costretto ad assumere una posizione dura nei confronti della Cina, malgrado  egli consideri il gigante cinese un indispensabile partner commerciale. Spinto dall’opinione pubblica e da parte del governo, la scorsa settimana Duterte ha detto che le Filippine continueranno a pattugliare il Mar Cinese meridionale, e che la sovranità sull’acque contestate “non è negoziabile”.

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