26/07/2016, 13.09
FILIPPINE
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Missionario Pime: Ringraziamo Dio per la tregua fra Manila e i ribelli comunisti

P. Peter Geremia commenta la ripresa dei negoziati fra il governo e il New People’s Army, che in 50 anni di guerriglia ha fatto 150mila morti. Il presidente Duterte ha annunciato il cessate il fuoco durante il primo discorso sullo stato della nazione. “Era ora che si arrivasse alla tregua, questa è una guerra inutile che danneggia i civili presi in mezzo fra le due parti”.

 

Manila (AsiaNews) – Il cessate il fuoco fra il governo filippino e i ribelli comunisti “è una grande notizia. Ringraziamo Dio perché ha esaudito tutte le preghiere per la pace”. Con queste parole p. Peter Geremia, missionario del Pontificio istituto missioni estere (Pime) a Minadanao, commenta l’annuncio dato dal presidente Rodrigo Duterte della sospensione del conflitto con il News People’s Army, cha da 50 anni combatte il governo centrale.

La dichiarazione del presidente è arrivata ieri, nel corso del suo primo discorso sullo stato della nazione. Duterte ha confermato la sua volontà di raggiungere una “pace permanente” entro i suoi sei anni di governo. I leader comunisti hanno aderito alla proposta: “Il grande fondatore del movimento, Jose Maria Sison [auto esiliatosi in Europa ndr], – spiega p. Geremia – ha già dato completa adesione al cessate il fuoco e molti capi del movimento hanno partecipato a diversi forum e consultazioni con membri del governo. Presto ci sarà il trattato di pace completo”.

Il nuovo presidente, che ha prestato giuramento lo scorso 30 giugno, ha detto rivolgendosi ai ribelli: “Concludiamo questi decenni di imboscate e schermaglie. Non andiamo da nessuna parte in questo modo e ogni giorno il conflitto diventa più sanguinoso”. “Se non possiamo amarci gli uni gli altri – ha proseguito – in nome di Dio almeno non odiamoci troppo”.

Dal 1968 i guerriglieri comunisti filippini hanno avviato una dura lotta contro il governo di Manila, diventando nel tempo uno dei più longevi e sanguinari movimenti di ribellione armata di tutto il continente asiatico. In quasi 50 anni di conflitto il bilancio è di almeno 150mila vittime tra militari e civili. L’Olanda ha ospitato i colloqui di pace fra i due fronti, interrotti nel 2004. Nonostante i tentativi dell’ex presidente Benigno Aquino, che ha fatto dei negoziati uno dei primi obiettivi del suo mandato, il tentativo di riaprire le trattative è naufragato nell’aprile del 2013, riaccendendo lo scontro con nuova intensità.

P. Geremia racconta che “la gente di Mindanao è molto felice per questo accordo. Coloro che soffrono di più per questo conflitto sono i tribali e i musulmani, i piccoli contadini delle montagne, i civili presi fra le due parti. Era ora di finire questo conflitto che non ha senso e tornare alle trattative”.

I generali dell’esercito filippino hanno accolto con favore la decisione di Duterte e hanno annunciato che rimarranno comunque “allerta, vigili e pronti a difendersi e a dare la caccia agli aggressori, se sfidati da elementi armati del New People’s Army”.

Non tutti però, avverte p. Geremia, sono contenti della tregua: “Ci sono frange interne all’esercito e al governo che vogliono il naufragio dei negoziati. Ora alcuni gruppi di paramilitari semi-fanatici delle zone montuose sono stati armati con l’appoggio di qualche politico. Non è ancora chiaro se questi si daranno al brigantaggio o se verranno usati per continuare la lotta con i ribelli comunisti”.

Il presidente Duterte, conclude il missionario, “ha raggiunto in un mese di governo un risultato che Benigno Aquino non ha ottenuto in sei anni di presidenza. Quest’ultimo ha sempre rimandato i negoziati dopo le proposte di pace. Duterte invece viene da Mindanao, dove si vive questa situazione di conflitto, e ha molti contatti con i ribelli”.

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