28/06/2021, 11.33
LIBANO - VATICANO
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Mons. Aoun: l’incontro col papa è una ‘luce di speranza’ per il Libano

Per il vescovo di Jbeil-Byblos l’appuntamento del primo luglio in Vaticano potrà rilanciare “l’unità fra i cristiani” e accelerare sulla formazione del nuovo governo. Nel fine settimana nuove proteste a Tripoli, almeno 20 feriti. Ma sono manifestazioni di parte, manca una “unità di intenti”. Fermare l’esodo dei giovani cristiani, a rischio l’equilibrio demografico. 

Beirut (AsiaNews) - Rilanciare “l’unità fra i cristiani” e valorizzare l’impegno della diplomazia vaticana per “formare un governo” capace di operare per il futuro, mettendo da parte tensioni, interessi e spinte contrapposte che hanno sinora alimentato le divisioni. Per mons. Michel Aoun, vescovo libanese di Jbeil-Byblos dei Maroniti, l’incontro del primo luglio in Vaticano potrà fornire un contributo essenziale per superare la crisi sociale, politica ed economica che caratterizza il Libano. Interpellato da AsiaNews il prelato sottolinea l’impegno personale di papa Francesco, che vuole “accendere luci di speranza” sul Paese e le sofferenze del suo popolo. 

Il Libano vive oggi “una realtà di grande difficoltà, aggravata dalla crisi economica”, spiega mons. Aoun. “Per molti anni - racconta - il dollaro era scambiato a 1.500 lire libanesi, salite dopo la doppia esplosione al porto di Beirut e che oggi ha toccato quota 18mila. I salari sono gli stessi, i prezzi sono aumentati di 10 volte, un oggetto che prima costava 10mila lire oggi si vende a 100mila. La benzina manca e vi sono file lunghissime ai distributori. In tutto ciò siamo senza governo da mesi”. 

La situazione di difficoltà ha spinto la gente in piazza, ma non si tratta di proteste popolari quanto di rivolte organizzate da singoli partiti o movimenti. L’ultimo nel fine settimana a Tripoli, nel nord del Paese, che ha causato il ferimento di una ventina di persone negli scontri fra manifestanti e forze di sicurezza. Nella serata di ieri in città era tornata la calma, ma la tensione resta alta e non sono escluse nuove dimostrazioni nei prossimi giorni. 

“Vi sono movimenti - ammette il vescovo di Jbeil-Byblos - ma non sono proteste popolari diffuse in tutto il Paese. Sono manifestazioni controllate dai partiti che, per fare pressioni, scendono in piazza uno o due giorni. Non vi è un'unità di intenti, una pressione positiva per la formazione del governo o perché i capi di partito trovino una soluzione invece di guardare solo a interessi personali, siano essi dei sunniti, degli sciiti o di una parte dei cristiani”. Il problema, sottolinea mons. Aoun, è che “manca il senso di unità: alla fine della guerra civile del 1975-1990 non vi è stata una vera riconciliazione fra le persone, una presa di coscienza e l’ammissione dei torti, degli errori commessi perché sia davvero un messaggio come lo ha definito Giovanni Paolo II. Il patriarca Beshara Raï parla di neutralità positiva, perché non possiamo permetterci di essere una terra di conflitti”. 

“Il papa vuole accendere luci di speranza” perché “un incontro di tutti i capi cristiani e una tavola ecumenica sono di grande interesse per il Paese”. “Il pontefice, come sottolinea il card. Sandri, vuole aprire spiragli di pace in una nazione oppressa dalla crisi economica e sociale. Un collasso che colpisce in modo particolare i cristiani, con una forte emigrazione giovanile che potrebbe distruggere l’equilibrio demografico”. La Santa Sede, prosegue il vescovo, “è convinta che il Libano debba essere aiutato” poiché “quanto succede al suo interno è l’eco delle tensioni fra Iran, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita e altri attori della regione e su scala globale”. 

I cristiani “seguiranno questa giornata con grande attesa e partecipazione, nei nostri conventi e nelle chiese abbiamo in programma momenti di preghiera, messe e adorazioni, recita del Rosario perché possa dare frutti”. Lo stesso vale per i leader politici, musulmani ma soprattutto cristiani “che nei giorni scorsi hanno chiesto un appuntamento al nunzio apostolico per far sentire la loro voce”. Tutti noi, conclude, “speriamo davvero che la diplomazia vaticana possa aiutare il Libano ed esercitare la giusta pressione per la nascita del tanto atteso nuovo governo, un primo segnale positivo per la nazione e condizione necessaria per l’arrivo di aiuti internazionali”. 

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