23/03/2020, 00.00
GIAPPONE
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Mons. Kikuchi: qualcosa di buono è nato dalla brutta situazione del coronavirus

di Tarcisio Isao Kikuchi

Sospese le funzioni nelle parrocchie più grandi di Tokyo. I cattolici locali sono uniti nella preghiera. Il momento di creare una comunione spirituale più forte tra i fedeli. Il 24 marzo l’arcidiocesi prenderà una decisione per la Pasqua e la Settimana Santa.

Tokyo (AsiaNews) – “Qualcosa di buono è nato da una brutta situazione. Quindi sono ottimista. Ho incoraggiato tutti i cattolici a ricordarsi che non siamo isolati ma, piuttosto, che nella preghiera siamo uniti”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo. Egli ricorda quanto sia stato difficile prendere la decisione di sospendere le messe, che possono celebrarsi solo nelle piccole comunità dove di solito partecipano alle funzioni 10-50 persone. A sua detta, questo è il momento di creare una comunione spirituale più forte. Di seguito il racconto di mons. Kikuchi.

 

Abbiamo deciso di sospendere le messe in pubblico dal 27 febbraio. Il divieto è assoluto per le funzioni domenicali nelle parrocchie più grandi. Tuttavia, i matrimoni e i funerali possono celebrarsi, a patto di prendere misure sufficienti per prevenire le infezioni. La sospensione vale anche per le messe nei giorni feriali, a parte quelle che si tengono nelle piccole comunità.

Non è facile per la Chiesa prendere la decisione di sospendere le messe, che dovrebbero essere offerte quotidianamente. Ma spero che i fedeli abbiano capito la gravità della situazione. Parecchie chiese dell’arcidiocesi di Tokyo sono visitate da un gran numero di persone, turisti compresi. Inoltre, pensando al crescente numero di anziani tra i nostri parrocchiani, è importante impegnarsi per evitare rischi, come la possibilità di contrarre l’infezione attraverso il contatto in chiesa e lungo il tragitto verso di essa. Inizialmente, abbiamo anche pensato di enfatizzare la responsabilità personale dei fedeli durante le funzioni. Ma al fine di prevenire in modo efficace la propagazione del virus abbiamo optato per la sospensione delle celebrazioni.

Noi crediamo assolutamente nel potere della preghiera. Il fatto che ci sia questa infezione non deve impedirci di  pregare. La Chiesa non ha senso in questo mondo se alle varie misure pratiche contro il Covid-19 non aggiungiamo la nostra risposta spirituale.

Le parole di Nostro Signore (“fate questo in memoria di me”) ci indurrebbero a pensare che la sospensione della messa sia per noi una sconfitta spirituale. Ma noi dobbiamo pregare più del solito in questo periodo di crisi. La sospensione delle funzioni in realtà non è una sconfitta, ma piuttosto un’opportunità per riaffermare il potere della preghiera, approfondire la nostra vita spirituale attraverso essa e riconoscere dai nostri cuori il suo potere.

Legati a una fede che ha speranza nella vita, con compassione e amore, preghiamo Dio, nostro Padre, per intercessione della nostra Madre benedetta, affinché egli possa ristorare coloro che sono infetti dal virus e prendere il pieno controllo della situazione.

L’idea era di permettere ai fedeli il ritorno in chiesa dopo il 14 marzo: le nuove restrizioni imposte dal governo hanno vanificato tale proposito. Abbiamo preso le nostre decisioni sulla base della dichiarazione della Commissione di esperti del ministero della Salute, che chiedeva ai cittadini di evitare contatti tra loro, e di non radunarsi in luoghi privi di una adeguata ventilazione. Questa è esattamente ciò che abbiamo fatto.

È vero che ci sono piccole parrocchie in Giappone, dove solo 10-50 persone partecipano alla messa domenicale. Ad esempio, la diocesi di Sapporo ha chiarito che quelle con solo 10 persone possono continuare a recitare la loro liturgia.

Il problema è che a Tokyo ci sono chiese dove partecipano più di 500 fedeli. Per me è difficile, ad esempio, ordinare alle grandi parrocchie di chiudere la loro cappella, e permettere invece alle piccole comunità di continuare con le funzioni. Sta già accadendo che alcuni fedeli della nostra arcidiocesi si uniscano a coloro che partecipano alle messe nelle piccole parrocchie delle diocesi limitrofe.

Ora il punto è che la messa domenicale non è stata sospesa per proteggere i fedeli dagli infetti, ma piuttosto far sì che essi non siano la fonte di infezione per gli altri, specialmente anziani con malattie pregresse o croniche. Secondo il ministero della Salute, ci sono molti giovani che sono infettati senza avere alcun sintomo. Essi potrebbero diventare una fonte di contagio nella nostra comunità.

Anche se sono preoccupato per quanto potrà ancora andare avanti questa situazione, sono felice di sentire tanti cattolici che hanno iniziato a esprimere il desiderio di ricevere la comunione e il desiderio di partecipare fisicamente alla messa. Essi hanno cominciato a capire quanto sia importante l’Eucaristia per la nostra vita spirituale solo dopo che hanno perso l’opportunità di riceverla. Alcuni invece hanno appreso della comunione spirituale per la prima volta a causa della sospensione delle funzioni.

Per la prima volta, altri hanno capito che partecipare alla messa domenicale è un obbligo per i cattolici. Lo hanno fatto solo perché ho fatto l’annuncio dell’esenzione dalla partecipazione alle funzioni. Ora le persone sono nella fase della sete spirituale. Quindi in molte parrocchie, inclusa la nostra cattedrale, è stata ristabilita l’adorazione eucaristica.

Qualcosa di buono è nato da una brutta situazione. Quindi sono ottimista. Ho incoraggiato i cattolici a ricordarsi che non siamo isolati ma, piuttosto, che nella preghiera siamo uniti. In questo momento di difficoltà, come i cristiani giapponesi durante il periodo della persecuzione, dobbiamo renderci conto di essere uniti nella nostra fede come parte di un solo corpo: Gesù Cristo.

A causa di ciò che è accaduto in Corea del Sud nelle prime fasi dell’epidemia, quando una setta religiosa è diventata il focolaio dell’infezione, e per questo i suoi leader sono stati citati in giudizio, il pubblico in Giappone è diffidente nei confronti delle adunanze cristiane. Questo significa che ci vorrà più tempo per tornare alla normalità. Una decisione per i prossimi giorni, e in particolare per la Pasqua e la Settimana Santa che la precede, sarà presa il 24 marzo.

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