02/12/2020, 13.11
TERRA SANTA
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Mons. Marcuzzo, l’ingresso del patriarca e il Covid-19: ‘festa a metà, ma partecipata’

Il vicario patriarcale racconta il clima di attesa e partecipazione, nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia. Al Santo Sepolcro saranno presenti solo 50 persone. Da amministratore, ora sarà un vero e proprio pastore. La Terra Santa senza pellegrini è “una desolazione”, la speranza che possa ripartire “dopo Pasqua”.

Gerusalemme (AsiaNews) - “Una festa a metà che, per quanto possiamo, faremo in modo possa essere il più partecipata possibile”. Così mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare emerito del Patriarcato latino di Gerusalemme, racconta ad AsiaNews i preparativi per l’ingresso solenne del nuovo patriarca, in programma nel fine settimana. “Il clero, le comunità, i fedeli vorrebbero essere presenti - prosegue - ma non ce lo possiamo permettere”. La Terra Santa “è abituata ad alti e bassi”, ma in questa epoca di pandemia da Covid-19 senza pellegrini, né cerimonie “è una desolazione: speriamo che dopo Pasqua la situazione possa cambiare”. 

Il neo-patriarca di Gerusalemme dei Latini mons. Pierbattista Pizzaballa, già amministratore apostolico sede vacante della medesima circoscrizione negli ultimi quattro anni, farà il suo ingresso ufficiale nel fine settimana fra pesanti restrizioni per la pandemia di Covid-19. Le autorità hanno emanato una serie di direttive per le celebrazioni, in conformità alle restrizioni sanitarie, che di fatto azzerano presenze e partecipazioni. Da qui il lavoro febbrile di questi giorni al patriarcato, perché le funzioni si possano svolgere con regolarità. 

Abbiamo raggiunto mons. Marcuzzo durante una pausa fra le varie riunioni. “Per l’ingresso al Santo Sepolcro, a Gerusalemme, la polizia ha imposto un numero massimo di 50 persone, fra personalità del patriarcato, i francescani, il Custode di Terra Santa e il vicario. Nemmeno il clero potrà essere presente, ma vi sarà solo un rappresentante a nome delle comunità più importanti”. Per allargare la partecipazione, prosegue, “abbiamo organizzato al ritorno una cerimonia alla con-cattedrale del patriarcato latino, con un altro Te Deum e un discorso del patriarca... Avremmo desiderato una grande folla, ma dobbiamo attenerci alle regole”.

“Mons. Pizzaballa sta vivendo queste giornate in modo tranquillo, sereno, immerso nel lavoro” racconta l’ausiliare emerito. “La sua agenda - prosegue - per le prime settimane è densa di impegni ecclesiastici e pastorali: il 24 dicembre, la vigilia, l’ingresso a Betlemme, in Palestina, alla basilica della Natività. Per l’epifania, il 6 gennaio, a Nazareth qui il fine settimana successivo in Giordania, per l’ingresso che si terrà alla fonte battesimale sul fiume Giordano. Nel regno hascemita trascorrerà due settimane, poi l’ingresso a Cipro la seconda metà di gennaio, infine alcuni impegni in programma in Europa”.

Nei primi mesi il patriarca “cercherà di delineare le priorità, per poi stilare un programma per agire. Questi primi quattro anni - spiega il vicario patriarcale - sono stati di carattere finanziario, da amministratore, ora come patriarca avrà anche un profilo da pastore. La comunità è molto unita, impegnata e attiva. Anche le feste e le ricorrenze in programma nei prossimi giorni, da santa Caterina di Alessandria a Betlemme a san Nicola, tutto è in funzione del lavoro che sarà chiamato a svolgere il patriarca Pizzaballa”. 

La comunità cristiana si appresta dunque ad accogliere il nuovo patriarca, pur in un momento di grande sofferenza e preoccupazione. La pandemia di nuovo coronavirus, pur non avendo interrotto le attività, ha azzerato la presenza dei pellegrini, fonte di grande vitalità per la Chiesa locale e contributo fondamentale per l’economia dei cristiani, il 30% dei quali vive dell’indotto generato dalla presenza di fedeli da tutto il mondo. “La Terra Santa senza pellegrini - confessa mons. Marcuzzo - è una desolazione. A partire dalla grotta di Betlemme, che prima era sempre gremita da migliaia di persone e ora è svuotata. Per fortuna resta una piccola presenza di francescani e fedeli del luogo, che animano un pochino i luoghi santi”.  

Pur in un contesto di crisi, aggiunge, “alcuni ne hanno approfittato per sistemare alcuni monumenti o edifici, come la cittadella di Davide: quanto torneranno i pellegrini, potranno ammirare un museo nuovo, con la storia della Bibbia, della Terra Santa completamente rinnovati”. “La Terra Santa è abituata a questi alti e bassi, ma prima si trattava di guerre, di violenze legate all’intifada, ma non si era mai verificata una chiusura così completa e generale. Pure durante le fasi più buie, al tempo della seconda intifada, si vedeva qualche pellegrino che dalla Galilea veniva in Giudea, o dalla Giordania, e poi vi erano funzioni e cerimonie a livello locale”. “La speranza, se tutto va bene - conclude mons. Marcuzzo - è di poter accogliere di nuovo i pellegrini dopo la Pasqua. Non siamo rassegnati, i luoghi santi restano e sono eterni... e i pellegrini torneranno e saranno tanti”.

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