08/04/2016, 11.56
INDIA - YEMEN
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Mons. Menamparampil visita i familiari di p. Tom: Esempio di coraggio e missione

di Nirmala Carvalho

L’arcivescovo di Guwahati racconta il salesiano indiano sequestrato in Yemen da un gruppo jihadista. Egli era consapevole dei rischi che correva, ma ha sempre voluto continuare la sua opera. Il prelato ha incontrato la famiglia e testimoniato la solidarietà dei cristiani di tutto il mondo. Le lacrime del fratello del sacerdote rapito durante un momento di preghiera. 

Mumbai (AsiaNews) - Di p. Tom Uzhunnalil, il sacerdote indiano rapito in Yemen ai primi di marzo, "ho ammirato fin dall’inizio il suo coraggio e la sua accortezza in tutte le situazioni”. Egli era ben conscio dei rischi che correva ed era “pronto a subire questo destino”. Tuttavia, “speriamo con tutto il cuore che possa strappato alle mani dei suoi rapitori e che le suore possano trovare un modo per continuare la loro missione”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo salesiano, attuale amministratore apostolico di Jowai ed emerito di Guwahati, in India. “Quando ho letto la notizia del brutale omicidio delle suore - racconta il prelato - e ho visto le loro foto, mi trovavo in viaggio in una zona remota della mia missione. Sono scoppiato in lacrime, non sono riuscito a trattenermi”. 

Dal 4 marzo scorso p. Tom Uzhunnalil è nelle mani del gruppo jihadista, con tutta probabilità legato allo SI, che ha assaltato una casa di riposo per malati e anziani delle missionarie della Carità ad Aden Nell’attacco sono state massacrate quattro suore di Madre Teresa e altre 12 persone, presenti all’interno della struttura.

Finora non vi sono state notizie ufficiali sulla sorte del 56enne sacerdote nato a a Ramapuram, vicino a Pala (Kottayam, Kerala), da una famiglia di grande fede cattolica. Suo zio Matteo, morto lo scorso anno, anch’egli salesiano, è stato il fondatore della missione in Yemen. P. Tom si trovava nel Paese arabo da quattro anni.

Durante la Settimana Santa in India sono circolate voci - senza fondamento - di un piano elaborato dai rapitori che prevedeva la tortura, l’uccisione e la crocifissione del sacerdote il 25 marzo, in concomitanza con il Venerdì Santo. Voci smentite a più riprese dai salesiani e dal Vicariato d’Arabia, ma che hanno alimentato i timori sulla sorte del sacerdote indiano. In queste settimane in India e in molte parti del mondo si sono tenuti momenti di preghiera per chiedere la liberazione del sacerdote. Fra queste la veglia dell’arcidiocesi di Bangalore, il 4 aprile, a un mese dal rapimento. 

In prima linea nella difesa della pace e i diritti umani, mons. Menamparampil ha incontrato in varie occasioni p. Tom e ricorda la figura dello zio, p. Matteo, “che ha svolto con grande successo la propria missione in Yemen”. Negli ultimi tempi “le cose sono cambiate”, sottolinea il prelato, “ma p. Tom non si è lasciato abbattere dalle difficoltà. Egli ha sempre incoraggiato le suore a restare, anche al prezzo del martirio. Ed è proprio quello che hanno fatto”. 

Di recente il vescovo ha visitato la famiglia di p. Tom a Ramapuram, nel Kerala, dove ha incontrato e parlato con il fratello maggiore, Matthew. I parenti “hanno ricevuto molte visite in questi giorni”, racconta, “fra cui diversi vescovi, il leader del Bjp locale e altre personalità”. E ancora, gruppi di fedeli “hanno trascorso del tempo pregando con Matthew” per la liberazione di p. Tom. “Anche io - aggiunge mons. Menamparampil - gli ho chiesto di pregare e siamo partiti dai primi cinque versi del Salmo 20, la mia favorita”. “Come ho letto la prima riga - aggiunge - che recita ‘Possa il Signore ascoltare le tue preghiere in tempi difficili’ egli è scoppiato a piangere, e per qualche momento non siamo riusciti ad andare avanti”.  

L’arcivescovo di Guwahati ha ricordato alla famiglia di p. Tom l’ondata di solidarietà che si è levata in tutto il mondo e i molti incontri di preghiera per chiederne la liberazione. “E questo ha fatto piangere ancor più” il fratello. Infine, assieme ad altri due sacerdoti “che erano con me, ci siamo uniti per un momento finale di preghiera”. La famiglia “non ha maggiori informazioni” rispetto a quanto “raccontano i giornali”, aggiunge il prelato, che sottolinea l’impegno del governo del Kerala e delle massime istituzioni del Paese per giungere alla liberazione del salesiano. 

“Alcuni anni fa - conclude mons. Menamparampil - p. James Pulickal, salesiano, è stato sequestrato in Sudan da un gruppo estremista islamico. Egli è rimasto alcuni anni nelle mani dei suoi rapitori. Tuttavia, la bontà di cuore del sacerdote ha toccato i loro cuori e alla fine lo hanno lasciato andare. Abbiamo fiducia nel Signore, e sappiamo che c’è ‘un tempo e una stagione’ per tutto”. 

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