26/06/2004, 00.00
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Mons. Zen: la marcia del 1 luglio è per protestare, non per festeggiare

Hong Kong (AsiaNews/SCMP) – "La marcia del 1 luglio non è una processione celebrativa. È una marcia di protesta. Una protesta pacifica, ma comunque una protesta decisa". È il battagliero mons. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong, a usare queste parole forti in una lettera pubblicata sul numero del 27 giugno del settimanale diocesano Sunday Examiner, alla vigilia del 1 luglio, 7º anniversario del ritorno di Hong Kong alla madrepatria. Circa 300mila cittadini della ex colonia inglese sono attesi alla marcia pacifica, non tanto per festeggiare il passaggio di Hong Kong alla Cina – come sostengono funzionari cinesi o simpatizzanti della Cina - quanto per chiedere più democrazia e autonomia, in particolare per difendere l'elezione diretta del governatore e il suffragio universale, che la Cina vuole eliminare. Tra la popolazione serpeggia da tempo preoccupazione e malcontento per la politica della Cina, accusata di interferire negli affari di Hong Kong, non rispettando l'autonomia del territorio e il principio di "un paese, due sistemi".

Nella sua lettera, mons. Zen usa toni netti a sostegno della marcia pacifica del 1 luglio: "Mi è stato chiesto se intendo ancora 'incitare' i fedeli' a unirsi alla marcia del 1 luglio. Penso che il verbo 'incitare' abbia una connotazione negativa, come se partecipare alla manifestazione fosse una cosa cattiva. Al contrario è una cosa buona. Una marcia pacifica è un modo efficace per condividere sentimenti comuni, sfogare frustrazione e indignazione, dare speranza in una situazione disperata". Il vescovo traccia anche un quadro della situazione nel territorio: "Guardando ai 7 anni successivi al ritorno alla Cina, non ci vuole molto a capire che valori fondamentali come la giustizia e la compassione sono stati gravemente compromessi in questa nostra amata città e che il governo deve assumersene molta parte di responsabilità. Politiche inumane si sono susseguite una dopo l'altra, le fragilità della società sono state esasperate fino alla disperazione: la re-interpretazione della Basic Law ha causato divisioni nelle famiglie; i provvedimenti amministrativi hanno negato il diritto all'istruzione ai ragazzi; l'ordinanza sull'ordine pubblico ha tentato di limitare il diritto di assemblea; tagli indiscriminati ai sussidi ai poveri hanno sottratto 400 dollari al mese ai già bassi salari dei collaboratori domestici col pretesto di un 'fondo di formazione', mentre cittadini arrivati dalla Cina sono stati puniti con un'attesa di 7 anni per poter ottenere i sussidi; il divario tra ricchi e poveri si è ampliato; spesso il principio della legalità è stato danneggiato".

A chi lo accusa di assumere una posizione conflittuale verso Pechino, risponde: "Alcune persone dicono che la riconciliazione è meglio dello scontro. Certo. Ma quelli che hanno causato il danno devono ripararlo". E ancora: "Noi abbiamo buone intenzioni, amiamo il nostro paese, amiamo Hong Kong. In questo momento storico, partecipando alla marcia del 1 luglio speriamo di sensibilizzare le coscienze. Il nostro scopo è ottenere una collaborazione cordiale con ciascuno e […]una reale partecipazione nelle discussioni sulla riforma costituzionale". Ieri, 25 giugno, mons. Zen ha incontrato rappresentanti del governo centrale a Hong Kong, affermando di aver avuto con loro un colloquio "molto franco": "Ho detto loro che la marcia è per una maggiore democrazia e non per cercare opposizione o conflitto".

Sulla manifestazione del 1 luglio, Yang Wenchang, commissario del Ministero degli esteri a Hong Kong, ha dichiarato: "Secondo la Basic Law, i cittadini di Hong Kong hanno il diritto di protestare e fare manifestazioni, ma questo diritto deve essere esercitato correttamente. Da una parte, la popolazione deve esprimere le proprie richieste in modo ragionevole e razionale, ma deve anche evitare di creare sentimenti di violenza nella società".

Rispondendo alle richieste di molti esponenti del movimento democratico - cui viene negato il permesso di ritorno in Cina – Yang ha detto: "Penso che tutti dovrebbero avere la possibilità di andare in Cina". (ThR)

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