09/05/2020, 08.30
RUSSIA
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Mosca, la Festa della vittoria nella crisi della pandemia

di Vladimir Rozanskij

Senza parate l’anniversario della vittoria sul nazismo, a causa del coronavirus. Unico Paese ex-sovietico a celebrare in modo solenne è la Bielorussia. Il presidente Lukashenko è sprezzante verso l’epidemia. Viene definito “il presidente suicida”. Continua la moria di monaci, vescovi, diaconi nella Chiesa russa ortodossa.

Mosca (AsiaNews) - Il 9 maggio, festa della Vittoria sul nazismo, la Russia ricorda il giorno in cui i soldati sovietici entrarono a Berlino, un giorno dopo gli americani. Già sotto il regime sovietico gli avvenimenti del 1945 erano ricordati in modo solenne; ma la Russia putiniana li ha esaltati come fondamento dell’ideologia nazionale. Lo ha ricordato uno dei più importanti metropoliti “sopravvissuti” ai cambiamenti epocali, il 90enne vicario per la provincia di Mosca Juvenalij (Pojarkov): “Le vittorie sono il modo in cui noi comprendiamo la nostra storia”.

Quest’anno, la tragedia del coronavirus impedisce di mostrare la grandezza di questo culto nazionale. Non c’è molto, al di là delle manifestazioni virtuali del “Reggimento immortale” che mostra le foto dei veterani della guerra. Alcuni attivisti subacquei hanno portato le immagini anche sul fondo dei fiumi e dei laghi della Russia. Il numero totale degli infetti dal virus sfiora ormai le 200mila persone, mettendo la Russia tra i primi Paesi al mondo toccati dalla pandemia, con un ritmo di 10 mila infetti e oltre 100 decessi al giorno, almeno secondo i comunicati ufficiali.

L’unico Paese ex-sovietico dove oggi si svolge la parata militare è la Bielorussia.  Il presidente Lukashenko continua a mostrare un totale disprezzo del pericolo della pandemia, tanto che alcuni lo definiscono il “presidente suicida”. In verità, i bielorussi intendono mostrare la loro forza proprio davanti alla Russia, a fronte dei ripetuti tentativi politico-diplomatici degli ultimi anni di “inglobare” il Paese, che i russi considerano un proprio “territorio occidentale”. Lukashenko, inoltre, lancia in questo modo la sua campagna elettorale che, alle elezioni del prossimo 9 agosto, gli permetterebbe di superare il trentennio di dominio del paese. Il comitato elettorale, fissando la data, ha promesso elezioni “libere e democratiche”, alle quali “gli osservatori occidentali possono anche fare a meno di venire”.

In Russia intanto diviene sempre più profonda la crisi della Chiesa ortodossa, alle prese con continue morti a causa del coronavirus. Uno studente di fisica, Dmitrij Pelipenko, aveva lasciato gli studi nel 2018 per dedicarsi alla vita monastica, entrando nella grande Lavra di S. Sergio vicino a Mosca, e il virus lo ha preso con sé; ricoverato per la malattia, egli si è gettato dalla finestra dell’ospedale. Nella stessa Lavra, negli ultimi giorni sono morti per il virus altri quattro ecclesiastici: l’archimandrita Nikodim, l’igumeno Ignatij, lo ierodiacono Kallist e l’archimandrita Lavrentij (Postnikov), uno dei più anziani e autorevoli membri della comunità monastica, ritenuto un “starets veggente”. I sintomi dell’epidemia sono stati riscontrati in 150 dei 170 monaci residenti nella Lavra. Il 5 maggio è morto anche il medico principale del monastero, a sua volta divenuto monaco e igumeno Tikhon (Barsukov), di 66 anni (foto 2).  Il 7 maggio, il vescovo Tikhon (Emeljanov) ha celebrato una veglia funebre di preghiera per i morti sul territorio del monastero, sepolti senza la partecipazione del pubblico (foto 1).

A Ivanovo, a 300 km a est di Mosca, è mancato l’archimandrita Amvrosij (Jurasov, foto 2), che era in servizio al monastero femminile della Presentazione, un sacerdote molto attivo nella comunicazione sociale a fini pastorali per la diffusione della spiritualità russa tradizionale, che fungeva da direttore spirituale dell’associazione Radonezh, uno dei gruppi di editoria ortodossa più attivi, e tra i primi ad aprire nella “rinascita religiosa” degli anni ’90. Il 7 maggio nel monastero patriarcale di S. Daniele a Mosca, è morto anche il 55enne ierodiacono Dimitrij; due altri membri del monastero sono stati ricoverati per il virus, il monaco Serafim e lo ierodiacono Varakhiil, e due monaci sono in isolamento nella loro cella monastica. L’8 maggio sono stati trasferiti in terapia intensiva altri tre sacerdoti molto noti di Mosca, il protoierej Dmitrij Smirnov (uno dei più attivi nella propaganda “negazionista” contro il coronavirus), e i padri Vladimir Sveshnikov e Nikolaj Krechetov. Il più acceso predicatore “negazionista”, il protoierej Aleksandr Zakharov dell’eparchia di Tikhvinsk, ha cancellato tutti i propri messaggi e video su YouTube.

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