11/03/2017, 09.34
IRAQ
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Mosul: un palazzo assiro sotto le rovine della tomba di Giona, devastata dall’Isis

Eccezionale scoperta di un gruppo di archeologi rientrati nell’area per valutare le distruzioni compiute dallo Stato islamico. Rinvenuto un palazzo di epoca assira, risalente al 600 a.C. Il sito rinvenuto percorrendo i tunnel scavati dai jihadisti, che hanno trafugato e venduto manufatti presenti all’interno. Allarme degli esperti: rischio crolli, accelerare i lavori.

Baghdad (AsiaNews) - Sepolti sotto le rovine della tomba di Giona, su una collina che domina la parte orientale di Mosul, in uno dei siti storici più importanti e devastati dello Stato islamico (SI) in Iraq, sono emersi i resiti di una palazzo di epoca assira. È la scoperta fatta in questi giorni da un gruppo di archeologi nella piana di Ninive, impegnati nell’opera di recupero del santuario che, secondo la tradizione, contiene i resti del profeta caro a ebrei, cristiani e musulmani. I jihadisti avevano distrutto la tomba nel luglio del 2014, poco dopo aver assunto il controllo della seconda città per importanza del Paese.

Il mese scorso, dopo la riconquista da parte dell’esercito governativo del settore orientale di Mosul, un team di archeologi ha iniziato un lavoro di documentazione dei danni provocati dallo SI. Durante i lavori, l’eccezionale scoperta: sepolto sotto il santuario vi era un palazzo di epoca assira, risalente al 600 a.C., all’epoca del re Sennacherib, mai emerso prima di allora.

Nell’estate del 2014, in concomitanza con l’ascesa dello Stato islamico, il mondo ha assistito impotente alle devastazioni compiute dagli uomini del “Califfato” contro templi, statue e altre antichità. Oltre al tempio di Giona in Iraq, il tempio di Mar Elian e il sito storico di Palmira nella vicina Siria.

Secondo l’Unesco si è trattato delle “più brutali” distruzioni dalla Seconda guerra mondiale.

A fine febbraio l’esercito governativo e le milizie curde, impegnate nell’offensiva lanciata il 17 ottobre scorso, sono riuscite a strappare il controllo dell’area di Nebi Yunus alle milizie di Daesh [acronimo arabo per lo SI]; migliaia di persone hanno abbandonato le loro case, per sfuggire ai combattimenti.

Durante le prime fasi di valutazione delle devastazioni compiute dallo SI, gli archeologi hanno scoperto una serie di tunnel nella parte sottostante il tempio, scavate dai jihadisti col probabile obiettivo di cercare manufatti e reperti da rivendere al mercato nero. Uno dei traffici, insieme al petrolio, che hanno alimentato le casse del movimento estremista sunnita.

Percorrendo questi tunnel, gli esperti si sono imbattuti in un palazzo “ancora integro” risalente a più di 2600 anni fa. “Posso solo immaginare quante cose ha ritrovato Daesh - ha affermato al Telegraph l’archeologa Layla Salih, alla guida di un team di cinque ricercatori - prima del nostro arrivo”. “Riteniamo che abbiano prelevato la maggior parte dei manufatti - ha aggiunto l’esperta - come ceramiche e pezzi più piccoli, da rivendere. Tuttavia, ciò che hanno lasciato sarà oggetto di studio e ci aiuterà nella conoscenza di quel periodo”.

Secondo gli esperti il palazzo oggetto della scoperta - sfuggita sia agli ottomani a metà XIX secolo che al governo irakeno un secolo più tardi - è legato a tre generazioni di re assiri, sebbene sia stato costruito in origine per re Sennacherib (705 e i 681 a.C.) La struttura è stata danneggiata in parte nel 612, quando una coalizione di medei, babilonesi e altri gruppi ha saccheggiato la piana di Ninive e messo fine alla dominazione assira.

Nonostante i saccheggi perpetrati dallo SI, secondo gli archeologi sono rimasti alcuni oggetti di grande importanza fra cui una iscrizione cuneiforme in marmo; quella cuneiforme, assai diffusa fra le antiche civiltà della Mesopotamia, ha rappresentato una delle prime tipologie di scrittura. Gli esperti devono lavorare in fretta, lancia l’allarme Layla Salih, perché i tunnel sono a rischio collasso “entro le prossime settimane”. Se ciò accadrà, quanto è conservato al suo interno rischia di sparire di nuovo, e forse per sempre.

Durante il periodo in cui lo Stato islamico ha dominato su Mosul e la piana di Ninive, i jihadisti hanno chiuso diversi musei e siti culturali; archeologi ed esperti di storia sono stati costretti a fuggire, per evitare di essere giustiziati come avvenuto per il direttore del sito di Palmira. I seguaci del “Califfato” ritengono che le tombe, le reliquie, le statue siano contrari ai precetti dell’islam. Da qui la distruzione sistematica di tutti quei manufatti che non potevano essere venduti al mercato nero.

 

 

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