09/01/2008, 00.00
LIBANO
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Moussa a Beirut in un clima teso per attentati e minacce

di Paul Dakiki
Il segretario della Lega araba porta il piano elaborato dai ministri degli esteri della Lega, a favore del quale si è espressa la maggioranza parlamentare, mentre l’opposizione sembra avanzare riserve che fanno chiedere al patriarca Sfeir a che serve elegger un presidente se ciò che egli dovrebbe decidere viene stabilito prima.
Beirut (AsiaNews) – Una bomba contro i militari dell’Onu, due razzi lanciati in territorio israeliano, le minacce all’esercito libanese da parte dei terroristi di Fatah-al Islam. Tutto nel giro di poche ore e tutto alla vigilia dell’arrivo oggi a Beirut del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, portatore di un piano elaborato dai ministri degli esteri dei 22 Paesi per trovare una soluzione politica alla crisi che da oltre un anno ha colpito il Libano e che sta impedendo l’elezione del nuovo capo dello Stato.
 
Difficile non ipotizzare una volontà di alzare la tensione - il consigliere politico delle forze Onu, Milos Strugar ha parlato di “tentativo di destabilizzazione del Libano Sud” - mirata se non a far fallire il tentativo di Moussa, quanto meno ad ottenere che la prevista trattativa vada in una certa direzione. Sta di fatto che, mentre la maggioranza parlamentare ha già espresso un giudizio favorevole al progetto della Lega, dall’opposizione filosiriana sono venute richieste di distinguo e di condizioni. Tanto da far chiedere al patriarca maronita Nasrallah Sfeir a che serve un capo dello Stato se ciò che egli dovrebbe decidere è già stato deciso prima.
 
Il piano della Lega è in tre punti e prevede l’elezione di Michel Sleiman a presidente della Repubblica, la formazione di un governo di unità nazionale e una nuova legge elettorale in vista di una consultazione generale.
 
Secondo An Nahar, l’opposizione ha intenzione di chiedere a Moussa che il governo di unità nazionale sia composto da un terzo di ministri indicati dalla maggioranza, un terzo dalla minoranza ed un terzo dal capo dello Stato. Se così fosse, si tornerebbe alla richiesta del “terzo di blocco”, cioè alla possibilità di impedire qualsiasi decisione del governo, che non può essere presa ove vi si opponga un terzo del gabinetto. La condizione, già avanzata mesi fa, fece fallire il tentativo di arrivare ad un governo di unità nazionale.
 
“Qualcuno – ha osservato il card. Sfeir a proposito delle obiezioni al progetto della Lega – sostiene che è necessario che ci sia un presidente, ma che è necessario intendersi prima sul governo. Ora, come sapete, il governo è come una preparazione farmaceutica: ci vuole una certa dose di 14 Marzo (la maggioranza, ndr) ed un’altra dell’8 Marzo (l’opposizione, ndr) ed anche una per il presidente. E’ un’operazione difficile. Se tutto ciò deve essere fatto prima dell’elezione del presidente, allora a che serve avere un presidente? Quest’ultimo, al riguardo, ha normalmente da dire la sua. Deve intraprendere delle consultazioni prima di formare il governo, per tenere conto della ripartizione delle forze. Poi, è in accordo con lui che sono nominati il comandante dell’esercito ed altri responsabili, i direttori generali e così via. Tutto ciò è obbligatorio a causa della Costituzione. Allora bisogna applicare la Costituzione. Ma sembra che ‘loro’ vogliono andare contromano”.
 
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