02/10/2013, 00.00
RUSSIA
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Mufti di Russia: Il dialogo è l’unica arma per la pace in Siria

di Marta Allevato
Per il vicepresidente del Consiglio dei mufti di Russia, Rushan Abbyasov, è necessario difendere la presenza cristiana nel Paese mediorientale. In Russia e nel mondo la comunità musulmana "è vittima di un attacco mediatico”. C'è "la prospettiva" di vedere il Papa a Mosca. Una conversazione con AsiaNews.

Mosca (AsiaNews) - Fa appello al "dialogo e alla preghiera" per uscire dalla crisi siriana, condannando come "inammissibile" ogni intervento militare esterno nel conflitto e anche gli attacchi contro i cristiani in Medio Oriente; rifiuta come intrinsecamente contraddittoria l'idea di un"islam fondamentalista", addita alla stampa internazionale la responsabilità della demonizzazione dei musulmani in tutto il mondo e sostiene l'uso dei social network da parte dei leader religiosi per allontanare i giovani dall'estremismo. Trentadue anni e di origine tatara, Rushan Abbyasov, vicepresidente del Consiglio dei mufti di Russia, è il braccio destro di Ravil Gainutdin, il mufti che dal 1996 è a capo di una delle organizzazione più grandi sotto cui si riunisce la comunità musulmana della Federazione (oltre 20 milioni di fedeli). In una conversazione con AsiaNews - nel suo ufficio, vicino al cantiere della grande moschea di Prospekt Mira a Mosca, in fase di ricostruzione - Abbyasov parla anche dei problemi dei musulmani in Russia, del rapporto col Cremlino e di quello con le altre religioni, auspicando una visita di papa Francesco a Mosca, dove si dice "pronto" ad accoglierlo.

Azraht Abbyasov, quale è la posizione del Consiglio dei mufti rispetto alla crisi siriana? Cosa vi preoccupa di più?

I musulmani di Russia, come quelli di tutto il mondo fanno parte della Umma. Così, secondo la nostra religione, se qualcuno sta male condividiamo questo male con tutta la comunità. Siamo molto preoccupati di questa guerra tra siriani, tra musulmani, che si uccidono tra loro e uccidono anche i cristiani. Qualsiasi tipo di sangue versato non può che preoccuparci. Il nostro leader spirituale, il mufti Gainutdin, di recente ha pubblicamente appoggiato l'intervento del presidente Vladimir Putin sul New York Times, contro qualsiasi tipo di attacco alla Siria.

Anche voi siete contrari a un intervento armato?

Anche noi crediamo che l'intromissione esterna in un Paese sovrano, sia inammissibile. Questo scenario è quello che ci preoccupa di più. Si è visto cosa è successo in Afghanistan, Iraq, Libia... anche in Siria sarebbe lo stesso. Certo, la comunità internazionale deve aiutare a risolvere la crisi, ma deve farlo solo attraverso il dialogo politico.

I leader religiosi come possono aiutare?

La nostra unica arma è la parola. E solo attraverso la parola, il dialogo - come hanno detto anche il Papa, il Patriarca di Mosca e altri leader spirituali musulmani - possiamo trovare la via verso la pace. La nostra religione ci dice che ogni conflitto va risolto attraverso il dialogo e non la guerra. Ci appelliamo al governo siriano e a tutte le parti in conflitto, perché trovino una soluzione pacifica. Speriamo che le nostre preghiere siano ascoltate in sia dal governo siriano, che dagli oppositori.

Oltre alle preghiere, avete anche programmi di aiuto umanitario a favore della popolazione?

Di recente, tramite l'ambasciatore siriano a Mosca, abbiamo ricevuto una lettera dal Gran Mufti di Siria, Ahmad Badreddin Hassoun, in cui chiede sostegno spirituale. Noi gli abbiamo garantito che pregheremo, affinché la terra siriana trovi la pace. Dopo questa lettera, abbiamo iniziato a pensare a che tipi di programmi possiamo attuare e a studiare azioni concrete.

Cosa pensa del ruolo che il suo Paese sta giocando nella crisi siriana?

Sono orgoglioso del fatto che Mosca sia riuscita a fermare l'attacco contro la Siria, aprendo la possibilità a una soluzione politica del problema. Nel Corano c'è la parola fitna, che significa discordia, ed è un peccato più grave che uccidere. Nel Corano è molto apprezzato chi riesce a conciliare due parti in conflitto. E la Russia sta giocando proprio questo ruolo. Un anno fa abbiamo ricevuto una delegazione dalla Siria di politici, rappresentanti religiosi e dell'opposizione. Da tutti abbiamo sentito una sola cosa: vogliamo la pace. La mia impressione è che esista una terza forza, che s'intromette perché si combatta e si sparga sangue.

Da musulmano, la preoccupa il futuro dei cristiani in quelle terre?

Quella dei cristiani in Medio Oriente è una storia millenaria e bisogna preservarla e difenderla. E questo è compito dei governanti, i quali hanno la responsabilità di garantire, nella Costituzione e nei fatti, la libertà e i diritti anche delle minoranze.

Purtroppo spesso non è così: anche se formalmente è garantita la libertà di culto, di fatto non si fa nulla per impedire la persecuzione dei cristiani. Pensi all'Egitto o all'Iraq.

Non si deve cercare un motivo ideologico nell'atteggiamento dei singoli governi verso i cristiani. Il Corano non insegna a uccidere o a umiliare chi è diverso da noi. Le informazioni oggi si possono manipolare, ma l'islam guarda i rappresentanti delle altre fedi con rispetto. Come per esempio i cristiani e gli ebrei, che hanno anche loro profeti, come Abramo e Gesù.

Ma chi uccide i cristiani, spesso lo fa in nome della fede.

La violenza contro i cristiani non dipende dall'islam. Se una persona segue nell'anima il Corano, non può essere violento. Oggi tutto il mondo è spaventato da questo fanatismo, che non c'entra nulla con l'islam. Uno dei significati di 'islam' è 'pace'. Non vi pare, quindi, un controsenso parlare di 'terrorismo islamico'? Suonerebbe come 'terrorismo di pace'.

Quindi l'islam non ha nessuna responsabilità delle derive violente?

Il problema sono i mass media. Come Consiglio dei mufti, abbiamo preparato un testo, in cui spieghiamo ai giornalisti come utilizzare in modo corretto la terminologia che riguarda l'islam. Usare l'espressione 'islam radicale' è totalmente sbagliato, come le ho spiegato.

Mi faccia capire, la diffusione del fondamentalismo dipende da tv e giornali?

Se in tv e sui giornali riportate e mostrare sempre e solo quello che dice e fa Osama bin-Laden e al-Qaeda, contribuite a diffondere la loro idea. Perché non venite a parlare con gli studiosi e i leader spirituali che giorno e notte studiano il Corano e sanno come l'islam insegna a comportarsi veramente?

Cosa pensa del nuovo Papa?

La prima impressione è quella di una persona umile, che vuole essere più vicino alla gente. Questo è qualcosa di cui oggi abbiamo bisogno, perché è evidente che la gente vuole essere più vicina alla spiritualità. Non si tratta solo di lasciare chiese o moschee aperte, ma instaurare un dialogo diretto con la gente, con i nostri fedeli. Spero che questo Papa giochi un ruolo grande nel dialogo interreligioso. Ci sono rapporti di collaborazione tra musulmani e cattolici a Mosca e in Russia. Abbiamo intenzione di svilupparli ulteriormente, perché solo tramite il dialogo possiamo preservare la pace. 

Avete intenzione di incontrare Papa Bergoglio?

Magari quando verrà in Russia o se andremo noi in Italia.

Auspica, quindi, una visita del Papa a Mosca?

Qualunque incontro, comunicazione o collaborazione tra leader religiosi è utile. Ancora di più quando in tv mostrano che ci si parla: per la gente è un bene vedere pace e dialogo. Ognuno ha la sua fede e convinzione, ma tra noi c'è una comunanza di valori morali e spirituali che sono gli stessi nella Bibbia e nel Corano. Spesso la gente non lo sa e bisogna spiegarglielo. Siamo pronti a incontrare a Mosca tutti quelli che arrivano in pace. Certo la visita del Papa in Russia è legata a problemi tra cristiani e tra ortodossi e non interverremo in questo, ma di certo se arriverà in Russia saremo pronti ad accoglierlo e parlare con lui.

Quale è il problema maggiore dei musulmani oggi in Russia?

Voglio precisare che i musulmani in Russia sono parte della popolazione locale e non solo immigrati. Di sicuro il problema più grande è il fatto che i nostri valori vengono distorti dai mezzi d'informazione. La nostra comunità è diventata vittima di un attacco mediatico. Non c'è un giorno in cui i media non parlino del terrorismo islamico e noi non facciamo in tempo a correggere tutto quello che si dice.

Da questi condizionamenti, secondo lei, dipende anche il fatto che a Mosca ci sia una forte opposizione alla costruzione di nuove moschee, che chiedete da tempo? I moscoviti non vogliono vedere altri minareti in città?

Sì, il problema è anche questo. I russi vanno in vacanza principalmente in Paesi musulmani, Egitto e Turchia, ma poi hanno paure di noi perché tutto il giorno la tv parla del terrorismo, del fatto che nelle moschee c'è materiale estremista. Le persone si chiedono, quindi, perché dovrebbero avere una moschea vicino casa, vicino al parco dove giocano i loro bambini.

Come combattete il fenomeno delle comunità sotterranee e spesso fondamentaliste?

E' un problema che riguarda gli organi di sicurezza e le forze speciali, deve chiedere a loro. 

Ma c'è un problema legato ai giovani, attratti dal radicalismo. Cosa fate per contrastarlo?

Ad esempio, cerchiamo di utilizzare diversi mezzi: non solo le tradizionali scuole coraniche, ma anche internet e i social network. Io ho un profilo Twitter, Facebook e anche un blog e lì cerco di parlare contro il fondamentalismo e promuovere il vero islam.

Il fondamentalismo non è solo in Caucaso, ma di recente è apparso anche in Tatarstan. Anche questo è un problema che riguarda solo le forze di sicurezza?

Difficile capire com'è apparso il fondamentalismo lì, perché è una regione stabile e sviluppata. Il problema esiste, ma per lo più è costruito ad arte. Oggi ci sono forze che vogliono dividere la comunità musulmana e quella russa, impedire un suo sviluppo prospero. Bisogna allontanare queste forze.

Non può dire quali sono queste forze?

Sono forze che cercano di destabilizzare la situazione, ma chi sono e chi c'è dietro di loro è un affare degli organi di sicurezza, noi non siamo investigatori.

In alcune regioni russe è stato vietato alle bambine di indossare il velo islamico a scuola. Cosa ne pensa?

Qui il velo non è solo dei musulmani, ma fa parte anche dei costumi nazionali tradizionali. E finora non c'era stato alcun problema. Oggi qualcuno cerca ad arte di creare un problema nella comunità musulmana. Non esiste una legge federale che vieti il velo e qui, a differenza che in Europa, ci si può far fotografare con il velo anche nei documenti ufficiali. Inoltre, il velo è anche il modo attraverso il quale - in sintonia con le altre religioni - cerchiamo di combattere il mal costume e preservare i valori morali.

Da poco è stata inasprita la legge contro le offese al sentimento religioso. Lo riteneva necessario?

Noi siamo stati favorevoli, anche perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle questo problema, con disegni di svastiche in continuo sulla nostra moschea.

Concordate anche sull'introduzione dei corsi di religione a scuola?

Penso che la cosa più importante, a scuola, sia studiare i fondamenti delle religioni del mondo e non singole religioni. Viviamo insieme e spesso non ci conosciamo gli uni con gli altri oppure l'idea che abbiamo dell'altro è costruita attraverso i media. Quando i bambini conoscono i fondamenti delle altre religioni e le loro tradizioni il bambino capisce che tra di noi ci sono radici comuni. 

 

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