17/01/2005, 00.00
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Musulmani di Aceh: “Non vogliamo soccorsi da estremisti islamici”

I separatisti in esilio: “Il governo di Jakarta spende soldi nel sostenere queste organizzazioni criminali”.

Banda Aceh (AsiaNews) – I fondamentalisti islamici “non sono benvenuti in Aceh”, i loro comportamenti “sono contrari agli insegnamenti del Corano e alla fede tollerante dei musulmani del posto”. Lo afferma un comunicato del governo separatista di Aceh, la regione settentrione dell’isola di Sumatra, la zona più gravemente colpita dallo tsunami del 26 dicembre.

Nei giorni scorsi, secondo quanto dichiarato dai separatisti in esilio in Svezia, gruppi dell’Islamic Defenders Front (in lingua locale, FPI) e dell’Indonesia Mujahidin Council (MMI), sono arrivati ad Aceh con la scusa di portare soccorsi alla gente colpita dal terremoto. “L’arrivo ad Aceh di queste organizzazioni - definite “terroristiche”  “criminali” - proprio in questa situazione critica sciupa le scarse risorse del governo indonesiano” si legge nel testo “che è più organizzato per aiutare le vittime dello tsunami”. Gli indipendentisti definiscono “non benvenuti” i militanti del FPI e del MMI, che “non hanno il supporto della gente locale e la cui presenza non è richiesta”. Questi gruppi, sottolineano i separatisti, sono stati coinvolti nelle violenze contro non-musulmani a Java e in altri posti indonesiani, in particolare contro i cristiani.

Nel comunicato si afferma che “nelle loro parole e azioni il FPI e il MMI sono contrari agli insegnamenti del Corano e contraddicono la fede tollerante dei musulmani di Aceh”. Nessuna delle due organizzazioni ha mai avuto esperienze in operazioni di soccorso o in disastri naturali, e quindi – secondo il governo indipendentista – la loro presenza “è una provocazione per la popolazione locale”.

L’accusa dei separatisti coinvolge anche il governo indonesiano che “sta sprecando fondi preziosi per assistere queste organizzazioni criminale nel loro insediarsi ad Aceh”. In questo modo Jakarta vuole “causare ancora maggior caos fra la popolazione che soffre per lo tsunami”.

Nei giorni scorsi alcuni episodi avevano destato preoccupazione sulla sicurezza degli aiuti e il rispetto delle diverse ong presenti in Indonesia. Durante la preghiera di venerdì scorso nella moschea di Banda Aceh Dien Syamsuddin, segretario generale del Consiglio degli Ulema indonesiani, aveva affermato che “non vogliamo ong nazionali o estere venute qui per scopi umanitari, ma in realtà con intenti di proselitismo”. Il 13 gennaio l’organismo cristiano WorldHelp, che si occupa di infanzia abbandonata, si era visto rifiutare dal governo indonesiano il permesso di alloggiare presso proprie strutture 300 orfani dello tsunami. “Le autorità hanno affermato che non possiamo accogliere bambini di Aceh in orfanotrofi non musulmani” ha dichiarato Vernon Brewer, direttore dell’ente. I 70 mila dollari raccolti per l’emergenza, ha fatto sapere Brewer, saranno utilizzati per orfani non musulmani che verranno accolti dall’ente. (LF)
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