10/02/2014, 00.00
MYANMAR
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Myanmar: cristiani, musulmani e buddisti insieme per la Vergine di Nyaunglebin

di Francis Khoo Thwe
L'arcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo, ha presieduto le solenni celebrazioni per i 112 anni del Santuario mariano di Nostra Signora di Lourdes. Almeno 100mila persone in pellegrinaggio. Nell’omelia il prelato ha parlato di “opportunità storica” di riconciliazione e ricordato il sacrificio dei missionari per fecondare “il seme della fede”.

Yangon (AsiaNews) - Il governo del Myanmar deve abbandonare "la propria natura aggressiva", il "mobbing verso gli innocenti" e "l'ingiustizia" verso i cittadini, cercando al contempo di "riparare i danni causati fino a oggi". È l'appello lanciato da mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, alle centinaia di migliaia di fedeli - cristiani e non - che hanno partecipato alle solenni celebrazioni per il 112mo anniversario del Santuario di Nostra Signora di Lourdes a Nyaunglebin. Il centenario luogo di culto mariano sorge nel distretto di Bago, 145 km a nord di Yangon, diocesi di appartenenza. Dal 7 al 9 febbraio cristiani, buddisti, musulmani e indù - oltre 100mila persone - hanno affollato il santuario per pregare la Madonna e chiedere grazie personali e per tutto il Paese. 

Quest'anno il governo di Naypyidaw ha imposto meno vincoli e restrizioni ai fedeli diretti a Nyaunglebin, favorendo un flusso record di persone provenienti da tutto il Paese. Pace in Myanmar e la fine delle violenze confessionali - in particolare nello Stato di Rakhine, fra buddisti e musulmani - le intenzioni di preghiera più comuni. Almeno mille i pellegrini provenienti dallo Stato settentrionale Kachin, dove è concentrata una nutrita rappresentanza cristiana. Il santuario è considerato un luogo privilegiato di "rinnovamento spirituale" e di "rafforzamento della fede" per tutti. 

A guidare le celebrazioni vi erano oltre 200 sacerdoti, circa 300 religiosi, tre arcivescovi e suore. Mons. Charles Bo ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica della mezzanotte dell'8 febbraio, chiedendo "pace, giustizia e sviluppo umano" per tutte le anime della nazione birmana, le sue etnie e le comunità religiose. 

Nel corso dell'omelia l'arcivescovo di Yangon parla di "opportunità storica" per un vero processo di "riconciliazione e di ricostruzione della nostra nazione", grazie anche al contributo della Chiesa nei settori "dell'istruzione e dello sviluppo umano". Con l'intercessione di Maria, spiega il prelato, sarà possibile "ricostruire" ciò che "è andato perduto". La Madonna, aggiunge, "non smette mai di prendersi cura dei malati, degli emarginati, dei disabili, degli orfani, di quanti sono senza speranza". È Lei che accompagna, continua mons. Bo, nei momenti "di gioia e di dolore". 

Quest'anno la Chiesa del Myanmar festeggia i 500 anni di storia e rende omaggio ai propri martiri, una componente essenziale dei cinque secoli di vita e di evangelizzazione nel Paese asiatico; fondamentale il ruolo dei missionari che hanno fecondato col loro sangue "il seme" della fede e della cristianità. "Questo è il momento della verità - continua il prelato - il momento della verità per tutti noi, che viviamo in questa terra carica di promesse", partendo dall'obiettivo primario della "riconciliazione" fra le diverse anime "di questa amata nazione".  Mons. Bo auspica che "le ferite della storia siano lenite" e che i fatti del passato "non vengano mai dimenticati" - il dramma della dittatura militare, la repressione - perché "celare la storia di una nazione, implica al contempo occultare la vera pace e la giustizia". 

Da ultimo, l'arcivescovo di Yangon plaude al lavoro svolto dalla Chiesa e dai missionari a favore "dei fratelli e sorelle" che vivono nelle zone montagnose e remote della nazione, spesso dimenticate dalle autorità e dai vertici del governo centrale. I missionari "hanno portato nuove lingue", conclude il prelato, insegnanti e libri "per costruire la Chiesa locale al costo delle loro stesse vite". 

Il Myanmar è una nazione caratterizzata da forti contrasti, soprattutto fra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana. I cattolici birmani sono una piccolissima percentuale sul totale (poco più dell'1%), ma la loro presenza e il loro lavoro verso l'unità e la pace sono fondamentali in una realtà contraddistinta da conflitti etnici e scontri interconfessionali. Spesso ancora oggi essere cristiani è un "fattore identitario" per molte tribù - vedi le minoranze religiose Karen e Kachin - che deve però diventare fonte di incontro e non elemento di divisione, come ha sottolineato più volte in passato lo stesso arcivescovo di Yangon. 

 

 

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