06/02/2021, 10.08
RUSSIA
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Naval’nyj ancora sotto processo. Continua il 'terrore putiniano'

di Vladimir Rozanskij

Il tribunale Babushkinskij circondato da ingenti forze della Rosgvardija, i reparti speciali. Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino: Nessuna repressione; solo normale prevenzione. Gli arrestati delle manifestazioni lasciati per ore al freddo, e ammucchiati fino a 30 in celle da otto. Lettera aperta di intellettuali, accademici e Premi Nobel. Una parola del segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici di Russia, il gesuita p. Stefan Lipke.

Mosca (AsiaNews) - Si è tenuta ieri al tribunale Babushkinskij della capitale, la prima seduta del processo per diffamazione contro Aleksej Naval’nyj, con l’audizione dei testimoni. In videoconferenza è stato sentito anche il veterano 95enne Ignat Artemenko, che sarebbe stato offeso dal video del blogger. La testimonianza di Artemenko era molto difficile da ascoltare, e pareva che l’anziano reduce di guerra ripetesse quanto gli veniva suggerito, tanto che Naval’nyj è intervenuto protestando: “State continuando a prendervi gioco di un anziano ammalato, usandolo per i vostri scopi!”. Il processo riprenderà il 12 febbraio.

Nei giorni scorsi la polizia ha usato la mano pesante contro i sostenitori di Naval’nyj – in quello che viene definito il “terrore putiniano”. Ieri il tribunale era circondato da ingenti forze della Rosgvardija, i reparti speciali, anche se questa volta non vi erano folle radunate. I poliziotti sono attrezzati con speciali divise anti-sommossa, che hanno loro meritato l’appellativo di “cosmonauti” o “guardie imperiali”, per la somiglianza con i costumi del film Guerre Stellari (foto 2). Come risulta dalle verifiche effettuati dall’agenzia Otkrytye Media, dall’inizio dell’inverno la Rosgvardija ha speso oltre 740 milioni di rubli (circa 10 milioni di euro) solo per i mezzi corazzati e gli avtozaki, i pullmini per gli arresti, divenuti tristemente famosi nelle proteste bielorusse del 2020.

In un’intervista al giornale Kommersant, Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, ha negato che vi sia alcuna repressione. Vi è solo una “normale prevenzione contro un gruppo di persone che con azioni illegali ha creato un sacco di problemi alla gente normale”. Le preoccupanti condizioni della loro detenzione sono dovute “al numero esorbitante di questi manifestanti illegali, per i quali ci vuole tempo a formulare le accuse”. Una commissione del Consiglio della Federazione, il senato russo, ha proposto il 4 febbraio di effettuare il blocco dei social media, dove pullulano appelli ad azioni di protesta “illegali”, e di fare pressioni sulle grandi compagnie di Internet, affinchè prendano misure di controllo dei contenuti al riguardo. Di questo progetto ha parlato con la stampa il presidente del senato Aleksej Puškov.

I manifestanti arrestati a Mosca sono detenuti nel Centro per gli arresti temporanei dei cittadini stranieri, nel villaggio di Sakharov, vicino alla capitale, dove sono stati trasportati da un lunghissimo corteo di avtozaki. Gli arrestati hanno atteso all’interno per ore prima di scendere, a motore spento per risparmiare carburante, nonostante le rigide temperature invernali. Nelle celle previste per 8 persone sono ammassati fino a 30 detenuti (foto 3), l’identità dei quali viene accertata con lunghe attese, tanto che molti dei fermati vengono dati per dispersi dai familiari.

Circa 500 professori universitari e intellettuali hanno diffuso una lettera aperta contro l’uso della forza durante le manifestazioni di protesta, chiedendo di togliere il “divieto di fatto” a tutte le manifestazioni pubbliche e ai cortei pacifici, e interrompere la pratica degli arresti e delle accuse penali contro i dimostranti. La lettera è stata pubblicata dal giornale Troitskij Variant il 4 febbraio; in essa i firmatari lamentano che le autorità “hanno perso la possibilità di consolidare l’unità delle forze migliori della società nel difficile periodo di lotta contro la pandemia, tentando di formare un’immagine del “nemico esterno” e conducendo il Paese al totale isolamento”. Tra i firmatari vi sono il premio Nobel 2010 per la fisica, Andre Geim; il bioinformatico Mikhail Gelfand; il professore della Science Po Sergej Gurev; l’accademico Vladimir Zakharov e molti altri noti intellettuali.

Anche il segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici di Russia, il gesuita p. Stefan Lipke (foto 4), ha scritto sul suo blog personale che “dopo 10 anni che vivo in Russia, che per me è una seconda patria, non smetto e non smetterò di sognare un Paese in cui la polizia non ferma la gente per strada senza motivo, magari solo per il colore della pelle, e in cui ognuno possa esprimere liberamente le proprie opinioni; in cui non si rifiutano le medicine, solo perché sono prodotte da ditte straniere, e in cui a nessuno venga negato un giusto giudizio”.

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