22/04/2009, 00.00
CINA
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Nella Cina in crisi crescono le tensioni per salari non pagati

C’è allarme per le migliaia di fabbriche che chiudono senza pagare gli operai. Sono almeno 30 milioni i migranti disoccupati. Senza un equo rispetto dei diritti dei lavoratori, è davvero attuale e alto il rischio di proteste sociali.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Sono in continuo aumento le cause di dipendenti non pagati: sono state 98.568 nel primo trimestre 2009, +59% rispetto allo stesso periodo del 2008, secondo dati ufficiali. Già nel 2008 queste controversie sono cresciute del 93%. Nel Paese non è infrequente che le fabbriche chiudano senza pagare stipendi arretrati e liquidazione.

Du Wanhua, importante funzionario giudiziario, segnala che “a causa della crisi globale, continua a crescere il numero di imprese che vanno in rosso o fanno bancarotta” e non pagano gli operai.

Intanto cresce la disoccupazione. Cheng Guoqiang, vicecapo del Centro ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato, ha detto oggi in una conferenza a Pechino che “circa 30 milioni di contadini [migranti] hanno perso il lavoro”, contraddicendo le precedenti stime del governo che parlavano al massimo di 20 milioni.

Con circa 225 milioni di rurali che lasciano la campagna per cercare lavoro nelle città (secondo i dati di marzo dell’Ufficio nazionale di statistica), il 18 aprile il premier Wen Jiabao ha ammonito che  occorre una crescita annua almeno dell’8% per impedire la disoccupazione e prevenire proteste sociali. Ma negli ultimi 6 mesi la crescita del Paese è stata assai inferiore.

Il China Labour Bullettin, prestigiosa pubblicazione di Hong Kong sui diritti dei lavoratori, ammonisce i governi locali a non pensare che i dipendenti, dopo decenni di lavoro, si lascino licenziare e buttare via senza protestare per i loro diritti. Il 13 e 14 aprile a Chongqing sono scesi in sciopero 5mila operai della Golden Emperor Group, dopo che la ditta  tessile ha annunciato bancarotta e un piano di riorganizzazione. Oltre 2mila operai hanno manifestato davanti ai cancelli della fabbrica e almeno 300 hanno creato blocchi stradali. Gli operai chiedevano tre mesi di salari arretrati e un’equa liquidazione.

Sempre ad aprile a Baoding (Hebei) migliaia di operai hanno manifestato per 3 giorni davanti alla fabbrica della tessile Yimian, per il mancato pagamento di salari e pensioni. Hanno minacciato di bloccare la ferrovia per Pechino, fermati solo dal sindaco che ha promesso di mediare.

Il Clb ricorda che alla fine degli anni ’90 oltre 30 milioni di persone hanno perso il lavoro per la privatizzazione di molte imprese pubbliche. La mancanza di norme precise ha causato infinite cause di lavoro, ancora non esaurite. Oggi la situazione è peggiore perché – dice il Clb -  gli operai migranti “non si lasceranno cacciare senza lottare”. Per prevenire davvero proteste sociali, occorrerà non trascurare diritti e interessi dei lavoratori.

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