07/05/2014, 00.00
NEPAL
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Nepal, musulmana incinta bruciata viva per la dote. L'imam: Questo non è islam

di Christopher Sharma
Rihana Banu Dhapali, vittima 19enne, è sopravvissuta e ricoverata in ospedale, in condizioni gravi ma stabili. Da mesi veniva picchiata dal marito, che chiedeva una dote più ricca: una motocicletta e un bufalo d'acqua. Leader religioso islamico condanna la violenza: "Questo è contrario alla nostra fede".

Kathmandu (AsiaNews) - Picchiata e seviziata per mesi, infine cosparsa di cherosene e bruciata viva - anche se incinta - da suo marito, perché dopo il matrimonio non aveva portato una dote più "ricca". È la storia di Rihana Banu Dhapali, 19enne musulmana del distretto di Banke, nel sud del Nepal, viva per miracolo. Ora è ricoverata in condizioni gravi ma stabili in un ospedale di Kathmandu. Nazrul Hussein, imam locale, ha condannato il fatto affermando che "violenze del genere sono contrarie alla fede. Queste pratiche sono il male dell'islam".

La giovane ha sposato Farid Sheikh un anno fa. Secondo le prime ricostruzioni, da diversi mesi veniva torturata e picchiata dal marito e dai familiari di lui, per convincerla a chiedere a suo padre una motocicletta e un bufalo d'acqua. Dinanzi all'ultimo rifiuto della sposa, che viene da una famiglia povera, Farid le ha dato fuoco. Rihana ha riportato ustioni gravi, ma non è morta, così è stata chiusa a chiave in una stanza della casa, in attesa che morisse.

Grazie alla denuncia dei genitori di lei, la ragazza è stata trovata e ricoverata in ospedale. "In questo momento - ha spiegato il medico responsabile del Centro ustioni, il dott. Peeyush Dahal - i pazienti hanno un basso livello di immunità e non hanno appetito. Se non sono curati in modo accurato, le infezioni possono iniziare a diffondersi, e questo potrebbe esserle fatale".

Samin Sheikh, il padre, racconta: "Sono povero e fatico a portare due pasti in tavola per la mia famiglia. Per questo non sono stato in grado di dare come dote più di 4mila rupie (circa 29 euro), che erano tutti i soldi che avevo risparmiato. Ho dovuto vendere quattro capre per potermi pagare il viaggio fino a Kathmandu e vedere mia figlia morente. Non avevo idea che sarebbero arrivati a questo punto".

In un primo momento la famiglia di Rihana ha denunciato il fatto alla polizia, che però non ha mostrato interesse al caso. Così si sono rivolti all'ufficio di Nepalgunj dell'Informal Sector Service Centre (Insec), grazie al quale hanno potuto portare avanti le indagini. Purtroppo, ha rivelato il funzionario di polizia Prem Basnet, "dopo che il fatto è venuto alla luce, Farid e la sua famiglia sono scappati dal villaggio. Non possiamo arrestarli perché si trovano in India".

"Questo tipo di violenza - ribadisce il leader islamico Nazrul Hussein - non ha legami con la fede. Il problema per noi è che molte famiglie musulmane sono coinvolte in casi simili. Ma si tratta di persone crudeli e aride dal punto di vista spirituale, che così facendo diffamano la nostra religione. L'islam dovrebbe fare qualcosa contro questi violenti".

Dello stesso avviso Mohana Ansari, musulmana e presidente del National Women's Commission, che ha fatto pressione sulla polizia affinché intensifichi le indagini: "Quanto accaduto è imbarazzante per tutti i musulmani, me compresa".

 

 

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