10/12/2010, 00.00
UZBEKISTAN - TAGIKISTAN
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Non ha tregue la guerra per l’acqua e per l’energia

Il Tagikistan, povero di energia, inaugura la costruzione di nuovi impianti idroelettrici. Così suscita le proteste dell’Uzabekistan, che si trova a valle e teme gli venga tolta acqua essenziale per vivere e per le coltivazioni. Da anni tra i due Paesi c’è un vero braccio di ferro, con scambi di accuse e ritorsioni.

Tashkent (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente tagiko Imomali Rahmon e il ministro iraniano dell’Energia Majid Namjou hanno partecipato il 28 novembre alla cerimonia per l’inizio dei lavori dell’impianto idroelettrico Sangtuda-2 sul fiume Vakhsh, in parte finanziato dall’Iran. Ma l’Uzbekistan accusa che sarà così privato dell’acqua necessaria per vivere e per l’agricoltura.

Il Tagikistan è povero di energia, ma ricco di fiumi. Dopo che il costo dell’energia è molto aumentato, ha rilanciato numerosi progetti idroelettrici, per procurarsi energia a buon mercato e pulita. Sul fiume Vakhsh già dal luglio 2009 opera l’impianto Sangtuda-1 (nella foto).

L’Uzbekistan, che sta a valle del Tagikistan, lamenta che ha bisogno dell’acqua del fiume Vakhsh, che teme sarà in parte bloccata o deviata.Rahmon risponde che il suo Paese ha diritto di usare i propri fiumi e che il nuovo impianto non porterà significativi cambiamenti alla portata idrica del fiume.

Il contrasto esiste da tempo. Di recente Dushanbe ha accusato Tashkent di boicottare l’impianto idroelettrico progettato a Rogun, bloccando presso il confine centinaia di vagoni di treni ferroviari tagiki carichi di merce. Il presidente uzbeko Islam Karimov ha più volte affermato che l’impianto di Rogun sottrarrebbe una grande quantità di acqua ai Paesi a valle, causando una catastrofe ambientale ed economica.

A sua volta il Tagikistan non dimentica che Tashkent, ricca di gas naturale, gli ha sempre chiesto prezzi elevati per l’energia. Il 30 novembre, due giorni dopo l’inizio dei nuovi lavori, la compagnia statale uzbeka del gas ha chiesto alla controparte tagika di pagare subito arretrati per 1,6 milioni di dollari, minacciando di tagliare altrimenti le forniture, nonostante la stagione fredda. Dushanbe riceve dall’Uzbekistan il 95% del gas che consuma.

Lo scontro non trascura la propaganda. Il 5 novembre il governo tagiko ha annunciato che il commercio tra i due Paesi nel 2010 è diminuito di circa il 65% rispetto al 2009. A sua volta, sempre a novembre, Narimon Umarov, presidente del Comitato nazionale uzbeko per la protezione ambientale, ha denunciato che il gigantesco impianto tagiko per la produzione di alluminio, il Talco, ha creato gravi “danni ambientali” all’Uzbekistan, per almeno 17,8 miliardi di dollari in 5 anni.

Il 1° novembre l’Uzbekistan ha anche chiuso il confine tra Samarkanda e la remota Valle Zarafshan: questa zona tagika è stata così isolata dal mondo, dato che d’inverno i passi di montagna con il resto del Tagikistan sono chiusi per la neve.

Non appare facile una soluzione, con Dushanbe che potrebbe rinunciare alle dighe solo per forniture di energia a basso prezzo e Tashkent che protesta che l’acqua è un bene di tutti. I due Paesi scontano le conseguenza dell’organizzazione sovietica, quando l’Urss non pensò a portare i diversi Stati sovietici all’autosufficienza, così che il Tagikistan si è trovato senza adeguate risorse energetiche proprie.

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