24/03/2011, 00.00
SIRIA
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Non si ferma la protesta a Daraa, ancora morti e feriti

I manifestanti riferiscono di due attacchi delle forze di sicurezza. Le autorità parlano di “bande armate”, di “un milione di Sms” incitanti alla rivolta giunti soprattutto da Israele ed evocano i Fratelli musulmani. Ma intanto Assad rimuove il governatore e fa rilasciare delle donne arrestate per aver chiesto la liberazione dei detenuti politici.
Beirut (AsiaNews) – Non si ferma la protesta a Daraa, la città del sud della Siria dove ieri ci sono stati nuovi scontri, con un bilancio che fonti diverse indicano tra 15 e 37 morti, alcuni di 100, tra i quali una bambina. A quanto riferiscono i manifestanti, ci sono stati due attacchi di agenti e militari, presenti “a migliaia” nella zona. Il primo all’alba, davanti alla moschea al-Omari, centro delle manifestazioni, e un secondo al pomeriggio, in occasione dei funerali delle vittime degli scontri del giorno prima. “E’ stata tolta la corrente – raccontano - i cellulari si sono bloccati e la polizia ha aperto il fuoco”.
 
Violenze e spari ci sarebbero stati anche nelle vicine località di Jassem e Inkhel, da dove un migliaio di persone avrebbe tentato di recarsi a Daraa, ma sarebbero state bloccate dai militari.
 
L’agenzia ufficiale SANA, invece, oltre a continuare ad attribuire a “bande armate” attacchi contro le forze di sicurezza, oggi riporta immagini di armi e munizioni che sarebbero state trovate all’interno della moschea, accusa “circoli stranieri di fabbricare menzogne sulla situazione a Daraa” e racconta di “un milione di Sms inviati da fuori della Siria, la maggior parte da Israele, che invitano i siriani a usare le moschee come basi per lanciare rivolte. A Daraa, fotografi e giornalisti riferiscono di aver ricevuto da fuori Sms di minacce perché non riferiscano i crimini commessi contro i civili dai criminali delle bande armate “.
 
L’evocazione del nemico Israele ha trovato eco in un’affermazione del primo ministro Mohammad Naji Otri che ha parlato di “partiti di che vogliono rompere l’unità nazionale” e ha indicato tra i responsabili “Paesi vicini”.
 
Responsabili di quanto sta accadendo, secondo il governo sono dunque “bande armate” e israeliani, ma non solo: ancora la SANA scrive che “due mesi fa il supervisore generale dei Fratelli musulmani in Siria, Riyad al-Shaqfa, ha annunciato che il gruppo avrebbe ripreso le azioni militari nel Paese”.
 
Il richiamo ai Fratelli musulmani mette in campo nemici storici del regime e ricorda un evento drammatico della Siria degli Assad. Nel 1982, Hafez, padre dell’attuale presidente, fece attaccare dall’esercito, con carri armati e aerei, la città di Hama, a nord di Damasco, dove era in atto una rivolta dei Fratelli musulmani. Le vittime furono tra 20 e 40mila.
 
Oggi, intervistato dal panarabo Asharq Al-Awsat, l’ex leader dei Fratelli musulmani, Ali Sadr al-Din al-Bayanouni, sostiene che in Siria ci si trova davanti a una “intifada popolare” e che la situazione del Paese non è diversa da quelle di Egitto, Tunisia e Libia: mancanza di libertà, tirannia, corruzione, povertà, disoccupazione, arresti di esponenti dell’opposizione, inascoltate domande di riforme. L’affermazione appare voler contestare quanto sostenuto a gennaio dal presidente che, in un’intervista al Wall Street Journal, proprio in riferimento alle rivolte popolari disse “noi non siamo tunisini e non siamo egiziani”.
 
Assad, comunque, finora si è tenuto piuttosto defilato dagli avvenimenti. Se haschierato migliaia di uomini a Deraa e ovunque la sicurezza appare più presente, a Damasco sono state rilasciate sei donne, arrestate mercoledì nel corso di una manifestazione per la liberazione dei detenuti politici e oggi viene pubblicato il suo decreto col quale rimuove il governatore di Daraa, Faisal Ahmad Kolthoum. Era una delle richieste dei rivoltosi, coi quali, nei giorni scorsi, era andata a parlare una delegazione governativa. Sono segnali di preoccupazione, legata anche al fatto che la zona di Daraa è considerata “religiosa” e tradizionalmente fedele agli Assad. E a
 
Attenzione per gli avvenimenti siriani si evidenzia anche a livello internazionale. Alle critiche e ai timori espressi nei giorni scorsi da Stati Uniti ed Europa per la violenza della repressine contro pacifici manifestanti, si è unito anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che ha chiesto una “inchiesta trasparente” sui fatti accaduti. (PD)
 
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