29/03/2017, 12.17
ISRAELE – FRANCIA
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Ong francese denuncia la “relazione pericolosa” fra le banche francesi e le colonie israeliane

Quattro banche francesi e la compagnia assicurativa Axa finanziano aziende e banche israeliane attive nelle colonie. L’accusa delle Ong francesi che richiedono un disimpegno.

Parigi (AsiaNews/Agenzie) – Le quattro principali banche francesi, Bnp Paribas, Crédit agricole, Société générale e Bpce, insieme alla compagnia assicurativa Axa, finanziano in maniera indiretta le colonie. Questo si legge in un rapporto intitolato “La relazione pericolosa fra le banche francesi e la colonizzazione israeliana”, pubblicato quest’oggi dalla Fédération internationale des droits de l'Homme (Fidh).

Il rapporto è stato redatto in collaborazione con altre associazioni e sindacati francesi, compresi Association France-Palestine Solidarité, Ccfd-Terre solidaire, Cgt, Al Haq, Ligue des droits de l’homme, Union syndicale solidaire e Fair Finance France.

Secondo gli autori, con il loro sostegno “persistente” a banche e imprese israeliane implicate nelle colonie, gli istituti finanziari francesi ne contribuiscono al “mantenimento e sviluppo”. I cinque grandi gruppi francesi gestiscono delle “partecipazioni finanziarie” o sono in possesso di azioni nelle banche israeliane, strumento essenziale alla colonizzazione, per "la costruzione delle abitazioni o delle fabbriche, le connessioni telefoniche e internet o ancora l’ulteriore sviluppo dell’equipaggiamento di sorveglianza”.

La partecipazione avviene anche attraverso prestiti alle imprese, in particolare nell’ambito energetico e delle comunicazioni. Secondo il rapporto, Bnp Paribas, Société générale, Lcl (del gruppo Crédit agricole) e Natixis (del gruppo Banques populaires - Caisse d'épargne) hanno accordato 288 milioni di euro per il periodo 2004-2020 alla società pubblica che fornisce elettricità alle colonie, la Israel Electic Corporation (Iec).

Per Maryse Artiguelong, vice-presidente di Fidh, banche e assicurazioni “cercano il profitto, qualsiasi sia il risultato”.

Didier Fagart, membro del consiglio nazionale dell’Association France-Palestine Solidarité e co-autore del rapporto ribadisce la richiesta delle Ong a che “le imprese francesi ritirino i loro soldi dalle società israeliane che hanno a che fare con le colonie”, come è anche indicato dalle “raccomandazioni” del Ministero degli affari esteri pubblicate nel 2014. “Le banche francesi non possono dire che non lo sapevano – afferma Fagart – devono prendere la decisione giusta.”

Secondo il rapporto anche il governo francese ha delle responsabilità: oltre a quella di “esortare le imprese a rispettare i diritti umani”, lo Stato deve imporre alle banche e alle assicurazioni di interrompere il sostegno a queste ditte, o sarà implicato nello sviluppo e nel mantenimento delle colonie. Un esempio di una partecipazione “problematica” è il coinvolgimento della multinazionale francese Alstom, di cui lo Stato è azionario, in grandi progetti infrastrutturali nelle colonie.

Nel corso degli anni, diversi istituti bancari ed assicurativi, sia pubblici che privati, si sono disimpegnati da banche e imprese attive nelle colonie. Fra questi, dei fondi pensionistici olandesi e lussemburghesi hanno chiuso i rapporti con cinque banche israeliane coinvolte nelle colonie, con le quali gli istituti finanziari francesi hanno tuttora legami.

Le Nazioni Unite e la grande maggioranza della comunità internazionale considerano illegali secondo il diritto internazionale tutte le colonie israeliane in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Il 23 dicembre scorso, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato la risoluzione 2334,  richiedendo allo Stato israeliano di interrompere in via immediata e totale ogni attività di insediamento nei Territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme est.

Tuttavia, la colonizzazione dei territori, ormai al suo 50mo anno, non solo non si riduce, ma non cessa di accelerare: già lo scorso gennaio era stato dato il via libera a centinaia di nuovi insediamenti.

Di recente, l’inviato Onu per il Medio oriente, Nickolay Mladenov, si è scagliato contro i proclami e le norme emanate da Israele, secondo lui dimostrazione di un “chiaro intento” di continuare la politica di “espansione” delle colonie.

I colloqui di pace si sono interrotti nel 2014, innescando una escalation di violenze di fronte alle quali si è rivelata sempre più evidente l’inerzia (o impotenza) della comunità internazionale.

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