25/10/2006, 00.00
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Onu: l'allarme aviaria ha evitato un'epidemia mondiale

Secondo un responsabile delle Nazioni Unite, l'allarme sul pericolo della mutazione del virus ha generato una pronta risposta dei governi, che ha salvato il mondo da un'immediata pandemia. Appello per aiuti  all'Indonesia e all'Africa.

New York (AsiaNews/Agenzie) – Più di 30 Paesi nel mondo finora hanno registrato focolai di influenza aviaria, il numero dei decessi mensili per il virus H5N1 aumenta, ma le Nazioni Unite si dicono soddisfatte: la pronta risposta dei governi mondiali all'allarme lanciato un anno fa ha comunque evitato lo scoppio di una rapida pandemia.

Lo sostiene David Nabarro, il funzionario Onu, che sovrintende ai problemi relativi alla sindrome. Era stato lui nel febbraio scorso ad avvertire sulla necessità di "mantenere una forte allerta per la possibilità della trasmissione del virus da uomo a uomo o di una pandemia che può esplodere in qualsiasi momento" in seguito alla potenziale mutazione dell'H5N1.

Il virus ha contagiato volatili in tutto il mondo tranne che nelle Americhe e ucciso decine di milioni di polli, anatre e altri uccelli. "Nel 2006 – ha riferito Nabarro all'Onu – abbiamo visto oltre 30 Paesi colpiti e sfortunatamente il virus continua a mietere vittime umane: dal 2003 i contagi registrati sono 256 e 151 i morti". La tendenza mensile dei decessi umani aumenta anche per l'apporto dell'Indonesia, al momento la nazione più colpita. Per questo il funzionario Onu ha lanciato un particolare appello in sostegno di Jakarta e dell'Africa, per sostenere economicamente e a livello organizzativo la gestione dell'emergenza.

Secondo Nabarro, "ancora per 5 o forse 10 anni l'aviaria rimarrà una malattia prettamente animale nella maggior parte del mondo". Al momento, spiegano gli esperti, la sfida più grande nel tentativo di contenere il contagio è cambiare il modo di allevare volatili. L'aviaria si diffonde per mezzo degli uccelli migratori, ma anche con il commercio di animali allevati e infetti. Secondo gli studiosi, però, ci vorranno dai 5 ai 10 anni per cambiare le pratiche di allevamento di pollame, specialmente nei Paesi dove gli animali vivono a contatto con gli uomini nei cortili delle case.

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