25/08/2014, 00.00
INDIA
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Orissa, 6 anni dopo i pogrom "la fede nel Cristo crocifisso non ci abbandona mai"

di Nirmala Carvalho
Nello Stato indiano, teatro della terribile persecuzione anti-cristiana del 2008, si celebra oggi una Giornata della memoria in ricordo delle vittime e per chiedere al governo giustizia per quanto accaduto. L'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar ad AsiaNews: "La testimonianza offerta dalle vittime ha prodotto semi fecondi, aumentano la fede e le vocazioni". Il card. Gracias: "Le sofferenze dei cristiani indiani, offerte per la pace in Iraq".

Bhubaneshwar (AsiaNews) - La fede nel Cristo crocifisso "affonda le sue radici in maniera profonda in Orissa. La nostra gente vive con fedeltà e amore, e nonostante il dolore le vocazioni alla vita religiosa sono aumentate. Sono passati 6 anni dal terrore dei pogrom, ma rimane salda nella mente di tutti noi la testimonianza offerta dalle vittime; questa ha prodotto semi fecondi". Lo dice ad AsiaNews l'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, mons. John Barwa svd, in occasione della Giornata della memoria che ricorda le stragi compiute dagli estremisti indù nell'Orissa il 25 agosto 2008.

Quel giorno, i cristiani locali hanno affrontato una persecuzione indicibile a causa della fede: accusati ingiustamente di aver ucciso un santone indù, i cristiani sono finiti nel mirino di un gruppo di ultranazionalisti indù che ha scatenato una vera e propria caccia all'uomo. Il governo locale li ha lasciati fare fino al termine naturale della loro furia.

Durante le persecuzioni circa 400 villaggi sono stati epurati di tutti i cristiani; più di 6mila case, 340 chiese, cappelle, dispensari e scuole sono stati bruciati e distrutti; migliaia di persone sono state ferite; numerose donne e ragazze - inclusa suor Meena, nipote del presule - hanno subito stupri di gruppo; circa 60mila uomini, donne e bambini sono rimasti senza casa. Un totale di 75 persone, compreso l'economo dell'arcidiocesi, sono state brutalmente uccise. Fra questi vi erano 22 cattolici, 28 battisti, 12 pentecostali, 4 anglicani della Church of North India, uno della Chiesa indipendente e 8 tribali non cristiani.

A fronte di queste violenze sono state presentate circa 3.331 denunce all'autorità civile, ma soltanto poco più di 800 sono state accettate. E anche in questo caso è evidente l'ingiustizia subita, dato che solo 247 casi criminali si sono chiusi con una condanna per gli assalitori: dei 30 episodi di omicidio giudicati fino a oggi, soltanto 2 hanno visto una condanna per questo reato. Tutti gli altri hanno prodotto un'assoluzione, tranne 4 chiusi con condanne per pene minori.

Proprio questo stato di cose fa indignare la Chiesa locale, che chiede giustizia: "Giustizia per le vittime - spiega mons. Barwa - significa volontà di curare le ferite. Giustizia per suor Meena [i cui assalitori sono stati invece assolti] avrebbe significato rispetto per le donne e amore per le nostre giovani. Giustizia per i 7 cristiani accusati di aver ucciso lo swami Laxamananda Saraswati [il santone indù assassinato da alcuni maoisti oggi in libertà, la cui morte ha scatenato i pogrom] vorrebbe dire amore e rispetto fra le comunità. Quei giorni terribili sono passati, ma non devono ripetersi mai più".  

Secondo il card. Gracias, arcivescovo di Mumbai, la Chiesa dell'India "offre le sue ferite per le sofferenze dei cristiani iracheni. Oggi preghiamo per l'anniversario di quella tragedia e per la situazione dei nostri fratelli che soffrono in tutto il mondo. Voglio invitare tutti i nostri fedeli a pregare per la pace e per la fine di queste violenze senza senso. Penso proprio all'Iraq, dove migliaia di cristiani e membri di altre minoranze sono nel mirino di estremisti religiosi. Possa la sofferenza dei cristiani del Kandhamal portare pace ai fratelli iracheni". 

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