26/03/2010, 00.00
VATICANO
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Osservatore Romano e Sala Stampa vaticana contro le accuse del New York Times

Non c’è alcun “insabbiamento” da parte del Vaticano e da parte del papa (allora card. Ratzinger) sulle vicende di un prete pedofilo americano, inquisito dalla polizia negli anni ’70. L’O.R. sull’ “ignobile intento” di implicare e colpire il papa e i suoi collaboratori.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Pubblichiamo l’editoriale dell’Osservatore Romano di oggi a proposito di un articolo del New York Times (del 24/3/2010) sul caso di un prete pedofilo, p. Lawrence Murphy, macchiatosi di abusi sessuali su minori in un istituto per sordi nel periodo 1950-1974. Il quotidiano americano afferma che il Vaticano e lo stesso Benedetto XVI – quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – hanno tentato di coprire il caso senza prendere provvedimenti di riduzione allo stato laicale. Riportiamo sotto anche la dichiarazione che p. Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana,  ha inviato al New York Times, dopo la pubblicazione del’articolo in questione.
 
Nessun insabbiamento
Trasparenza, fermezza e severità nel fare luce sui diversi casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi: sono questi i criteri che Benedetto xvi con costanza e serenità sta indicando a tutta la Chiesa. Un modo di operare — coerente con la sua storia personale e con l'ultraventennale attività come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede — che evidentemente è temuto da chi non vuole che si affermi la verità e da chi preferirebbe poter strumentalizzare, senza alcun fondamento nei fatti, episodi orribili e vicende dolorose risalenti in alcuni casi a decine di anni fa. Lo dimostra, ultimo in ordine di tempo, l'articolo pubblicato oggi dal quotidiano statunitense «The New York Times», insieme a un commento, in merito al grave caso del sacerdote Lawrence C. Murphy, responsabile di abusi commessi su bambini audiolesi ospiti di un istituto cattolico, dove ha operato dal 1950 al 1974.
 
Secondo la ricostruzione fatta nell'articolo, basata sull'ampia documentazione fornita dagli avvocati di alcune delle vittime, le segnalazioni relative alla condotta del sacerdote furono inviate soltanto nel luglio 1996 dall'allora arcivescovo di Milwaukee, Rembert G. Weakland, alla Congregazione per la Dottrina della Fede — di cui erano prefetto il cardinale Joseph Ratzinger e segretario l'arcivescovo Tarcisio Bertone — al fine di ottenere indicazioni circa la corretta procedura canonica da seguire. La richiesta non era infatti riferita alle accuse di abusi sessuali, ma a quella di violazione del sacramento della penitenza, perpetrata attraverso l'adescamento nel confessionale, che si configura quando un sacerdote sollecita il penitente a commettere peccato contro il sesto comandamento (canone 1387).
 
È importante osservare — come ha dichiarato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede — che la questione canonica presentata alla Congregazione non era in nessun modo collegata con una potenziale procedura civile o penale nei confronti di padre Murphy. Contro il quale l'arcidiocesi aveva peraltro già avviato una procedura canonica, come risulta evidente dalla stessa abbondante documentazione pubblicata in rete dal quotidiano di New York. Alla richiesta proveniente dall'arcivescovo la Congregazione rispose, con lettera firmata dall'allora arcivescovo Bertone, il 24 marzo 1997, con l'indicazione di procedere secondo quanto stabilisce la Crimen sollicitationis (1962).
 
Come si può facilmente dedurre anche leggendo la ricostruzione fatta dal «New York Times», sul caso di padre Murphy non vi è stato alcun insabbiamento. E ciò viene confermato dalla documentazione che si accompagna all'articolo in questione, nella quale figura anche la lettera che padre Murphy scrisse nel 1998 all'allora cardinale Ratzinger chiedendo che il procedimento canonico venisse interrotto a causa del suo grave stato di salute. Anche in questo caso la Congregazione rispose, attraverso l'arcivescovo Bertone, invitando l'ordinario di Milwaukee a esperire tutte le misure pastorali previste dal canone 1341 per ottenere la riparazione dello scandalo e il ristabilimento della giustizia.
 
Finalità, queste ultime, che vengono indiscutibilmente ribadite dal Papa, come dimostra la recente Lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda. Ma la tendenza prevalente nei media è di trascurare i fatti e di forzare le interpretazioni al fine di diffondere un'immagine della Chiesa cattolica quasi fosse l'unica responsabile degli abusi sessuali, immagine che non corrisponde alla realtà. E che è invece funzionale all'evidente e ignobile intento di arrivare a colpire, a ogni costo, Benedetto xvi e i suoi più stretti collaboratori.
 
 
 
Dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, p. Federico Lombardi, sj, riguardo al “caso Murphy”
 
Il tragico caso del p. Lawrence Murphy, un sacerdote dell’arcidiocesi di Milwaukee, coinvolge vittime vulnerabili in modo particolare, che hanno sofferto terribilmente per ciò che egli ha fatto. Abusando sessualmente bambini che erano audiolesi, p. Murphy ha violato la legge e, ancora più importante, la sacra fiducia che le sue vittime ponevano in lui.
 
Durante la metà degli anni ’70, alcune delle vittime di p. Murphy hanno denunciato i suoi abusi alle autorità civili, che lo hanno inquisito; comunque, secondo notizie di stampa, quell’inchiesta è stata abbandonata. La Congregazione per la dottrina della fede è stata informata della questione solo circa 20 anni dopo.
 
È stato ventilato che in questo caso esista una relazione fra l’applicazione della Crimen sollicitationis e il non denunciare abusi contro i minori alle autorità civili. In realtà, non esiste questa relazione. In verità, contrariamente ad alcune dichiarazioni che sono circolate sulla stampa, né la Crimen, né il Codice di diritto canonico ha mai proibito la denuncia di abusi sui minori alle autorità e alla legge.
 
La domanda su come trattare il caso Murphy dal punto di vista canonico è stata ricevuta per la prima volta dalla Congregazione per la dottrina della fede verso la fine degli anni ’90, a più di 20 anni da quando gli abusi sono stati registrati presso le autorità della diocesi e presso la polizia. La Congregazione è stata informata della materia perché essa implicava sollecitazioni nel confessionale, che è una violazione del Sacramento della penitenza. É importante notare che la questione canonica presentate alla Congregazione non è legata ad alcun potenziale procedimento civile o criminale contro p. Murphy.
 
In questi casi, il Codice di diritto canonico non prevede pene automatiche, ma raccomanda che venga prodotto un giudizio senza escludere anche la più grande penalità delle dimissioni dallo stato clericale (cfr. canone 1395, n.2). Alla luce dei fatti che p. Murphy era anziano e in cattivo stato di salute, che egli viveva in uno stato di reclusione e che negli ultimi 20 anni non si era verificato alcuna accusa di abusi, la Congregazione per la dottrina della fede ha suggerito all’arcivescovo di Milwaukee di affrontare la situazione prendendo in considerazione, ad esempio, di privare p. Murphy del ministero pubblico e di esigere da lui di accettare la piena responsabilità per la gravità dei suoi atti.
P. Murphy è morto circa quattro mesi dopo, senza ulteriori incidenti.
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