11/05/2010, 00.00
COREA DEL SUD
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P. James Sinnot, ritornato in Corea dopo l’espulsione

di Pino Cazzaniga
La vita del sacerdote Maryknoll, 81 anni, i suoi primi anni di missione, l’espulsione dalla Corea durante la dittatura di Park. Il suo ritorno, facendo parte della “Commissione Verità” incaricata di investigare i crimini del tempo, fra cui la condanna a morte di otto attivisti.

Seoul (AsiaNews) - All’inizio di maggio la casa del quartiere generale dei missionari di Maryknoll a Seoul ha celebrato i 50 anni di ordinazione sacerdotale per quattro di loro. Tutti - eccetto uno - hanno trascorso i cinquant’anni qui in Corea. L’eccezione è il missionario James Sinnot (81), che dopo 15 anni ha dovuto interrompere la sua testimonianza perché il governo dittatoriale di allora non gli ha rinnovato il visto. E questo è stato il suo martirio.

 
Dalla caserma al seminario missionario
 
La vita di p. James nell’intenzione di fondo non ha avuto svolte. Se ha avuto un andamento anomalo, come certamente l’ha avuto, lo si deve al fatto di essere stato coerente con se stesso in circostanze e tempi eccezionali.
 
Per lui, nato nel 1929, i genitori, desiderosi di offrirgli una formazione morale e intellettuale di alta classe, hanno scelto istituti scolastici retti dai gesuiti, a New York e a Washington (Georgetown University). Era ancora adolescente quando l’ideale missionario gli è entrato nel cuore, ma ha aspettato a realizzarlo dopo un periodo di servizio militare.   A 25 anni, ha interrotti gli studi di medicina, che aveva tentato senza troppo successo, per entrare nel seminario missionario dei Maryknoll nella sua città natale. Ricorda con piacevole umorismo quegli anni. “Non ho avuto crisi di adattamento, dice, perché il seminario non era troppo diverso dalla caserma”.
 
Da New York a Seoul
 
All’Istituto di Maryknoll, fondato nel 1911, il Vaticano aveva affidato da evangelizzare i territori di Cina, Giappone e Corea. A questa è stato destinato James, che sognava l’Africa.
 
Piacevoli le tre settimane di traversata del Pacifico e la breve visita del Giappone, ma poi la nave ha puntato verso Inchon, il porto coreano che dà adito a Seoul, la capitale. Qui l’atmosfera romantica svanisce del tutto: sette anni prima si era conclusa con un armistizio la guerra fratricida (1950-53) , che aveva distrutto le strutture nel paese, nord e sud, e generato odio nei cuori.
 
Lo studio di una lingua, il coreano, che esige un accurato lavaggio del cervello e un diuturno sforzo mnemonico per molti mesi, non era fatto certo per rilassare il giovane missinario.
 
Missionario delle isole
 
“Se non l’Africa almeno la campagna” pensava, ma anche il secondo desiderio ha dovuto essere accantonato. Mentre i tre compagni di studi facevano le valigie per la provincia di Cheongju che allora era campagna, James, cittadino di New York è stato richiesto per la città di Inchon. Ma trova pane per suoi denti: il vescovo, membro della famiglia religiosa dei Maryknoll, gli affida la cura di un distretto composto di alcune isole nei pressi del porto.
 
“Era una parrocchia molto attiva – ricorda - formata da un’insieme di otto isole abitate da gente molto povera, che era fuggita dal Nord. Ero sempre sulle navi-traghetto passando da un’isola all’altra. Ho amato molto quella gente”.
 
La prima missione di Sinnot è stata quella di ottenere assistenza medica per la povera gente di quelle isole. “Se qualcuno si ammalava seriamente, ricorda, a volte doveva aspettare un giorno per essere trasportato su una nave traghetto. Arrivava prima la morte” Finalmente all’isola di Youngjungdo, la principale, fu assegnato un medico permanente. Era un buon cattolico e tra i due l’intesa fu perfetta. Il medico, che da giovane era entrato in seminario, usava dire: “sono un prete frustrato” e James, di rimando, “e io un medico frustrato”. Assieme hanno lavorato per stabilire una piccola clinica e la situazione sanitaria miglioro’ molto.
 
Da missionario ad attivista
 
“A quel tempo - dice Sinnot - tutti i preti venivano dissuasi dall’impegnarsi in politica. Da essi si richiedeva soprattutto l’impegno per i poveri”. Ma dall’immensa metropoli di Seoul venivano notizie che hanno aperto gli occhi al missionario e lo hanno messo in crisi. La Corea non era un paese primitivo e Sinnot si convinse che qui la povertà era il risultato di politiche sbagliate. Il silenzio, in tali condizioni, non era una virtù.
 
Vedeva gli operai che lavoravano per molte ore in condizioni misere, con paghe minime, mentre la Corea del Sud costruiva il suo “miracolo economico” e aumentava il commercio estero con immense produzione di manufatti. 
 
Vista dal di fuori la Corea sembrava una nazione in pieno sviluppo con un forte leader anticomunista. Un giorno James lesse che alcuni giovani ministri protestanti con moglie e bambini in tenera età erano stati messi in carcere per aver protestato contro le violazioni dei diritti umani da parte del presidente Park Chung-hee.
 
La crisi interiore fu inevitabile. “Io sono qui grasso e felice. Celibe e senza responsabilità come la loro. E tuttavia sono stato mandato per essere prete di parrocchia e aiutare i poveri. Non sono stato mandato per impegnarmi nella politica.”
 
Un equilibrio instabile che doveva essere risolto. La decisione è stata a favore dell’attivismo. Ha cominciato a passare più tempo in Seoul e a partecipare ai movimenti di protesta contro la violazione dei diritti umani. I suoi parrocchiani lo hanno incoraggiato. Sinnot attirò l’attenzione dei media specialmente del Washington Post e del New York Times, atteggiamento che irrito’ la dittatura militare.
 
Lo scontro di due opposti destini
 
L’attività missionaria di Sinnot in questo paese (1960-75) si è svolta quasi parallelamente al governo del più inflessibile dittatore militare che la Corea del sud abbia mai conosciuto: Park Chung-hee ( 1961-79). Pochi mesi dopo l’arrivo del missionario a Seoul una sollevazione di studenti di immense proporzioni ha costretto il presidente Singman Ree a dimettersi.
 
Prese le redini del governo, il generale Park è accolto con sollievo dalla maggior parte della gente. Ottenuta la presidenza della nazione la mantiene  manipolando varie elezioni finché la trasforma in dittatura facendo approvare all’inizio degli anni ’70 la cosiddetta Yushin Constitution, che letteralmente significa “costituzione per la rivitalizzazione”. Sinnot e molti democratici l’hanno definita “legge marziale”. Da quel giorno nessuno poteva contraddire il governo pena l’arresto o, peggio, il capestro. Molti sono finiti in prigione.
 
Il missionario si rende conto di poter esser la voce di chi non ha voce perché cittadino statunitense e prete della stimata Chiesa cattolica. E ha agito di conseguenza organizzando con pastori protestanti una marcia nel centro della città, un corteo di fronte all’ambasciata americana in occasione della visita del presidente Ford nel novembre del 1974, un sit-in di 11 ore con un gruppo di spose di attivisti imprigionati. Parlando di questo sit-in Sinnot ha detto: “quelle 11 ore di colloquio hanno cambiato la mia vita”.
 
Durante tutto il tempo in cui si è impegnato come attivista la congregazione di Maryknoll l’ha sostenuto. “Non mi è mai stato detto di interrompere, ricorda James, ma solo di controllare la mia irascibilità. Sono loro grato”.
 
La tragica fine di otto incarcerati e l’espulsione di p. Sinnot
 
In prigione rimanevano otto attivisti accusati di appartenere al Partito Rivoluzionario del Popolo, “un partito che non è mai esistito”, osserva Sinnot. Processati, sono stati condannati a morte.
 
George Ogle, un pastore metodista americano, si impegna per raccogliere testimonianze a favore dei condannati e riesce a far venire dagli Stati Uniti dei parlamentari per informare l’opinione pubblica americana e influire su Park. Questi concede udienza e assicura che la condanna non verrà eseguita. All’inizio del 1975 Ogle è espulso dalla Corea e l’8 aprile la Corte Suprema ha confermato la condanna. Il mattino seguente gli otto sono cadaveri. Enorme e’ lo shock per il missionario e i parenti. Tre settimane dopo Sinnot viene informato che il suo visto è scaduto e che non verrà rinnovato. Ha due giorni per uscire dalla nazione. Il gruppo delle otto donne, accommiatandosi da lui, gli chiedono di raccontare quello che avviene nel loro Paese. “E’ quanto ho fatto in tutti questi anni a New York, a Washington e in Cile”. 
 
Affetto da un mieloma, che ha richiesto intervento chirurgico e chemioterapia, non ha potuto continuare l’attività’ missionaria. Ma nel 2005 è tornato in Corea perché nominato membro della “Commissione Verità” incaricata di indagare sugli incidenti dell’amministrazione Park avvenuti 30 anni prima.
 
Due anni fa la Corte Suprema ha dichiarato che quegli otto giustiziati erano innocenti. “Benché sia stato troppo tardi per quegli uomini - osserva Marta Vichery, saggista del Korean Quaterly - quel giorno è stato importante per Sinnot, per gli amici e i parenti di quegli uomini che sono morti molto tempo fa, nonostante o a causa della loro innocenza”.
 
Da tre anni il missionario attivista trascorre le giornate in due camerette della stessa casa che lo ha accolto 50 anni fa, pregando, dipingendo e scrivendo poesie.
 
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