31/07/2007, 00.00
FILIPPINE - ITALIA
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P. Zanchi: il sequestro di padre Bossi ha fatto capire a tanti chi è davvero il missionario

La sua vicenda è esemplare di come Dio sa trarre il bene dal male, ha fatto riunire tante persone di fedi e Paesi diverse nella preghiera ed ha fatto capire chi è il missionario: “non un eroe, un esaltato, ma un uomo che ha accolto la chiamata del Signore: ‘ora va, io ti mando…’; un uomo che sa la grandezza e le difficoltà che incontra nel realizzare la sua missione: ostilità, rifiuto, persecuzione, martirio; un uomo però che sa che è Dio ad affidargli questa missione e che Dio sarà comunque e sempre insieme a lui”.
Roma (AsiaNews) – Il sequestro di padre Giancarlo Bossi ha dato conferma che Dio è capace di trarre il bene dal male, ha riunito tante persone di fede diversa nella pregheira ed al tempo stesso ha aiutato tante persone a capire chi è il missionario “ordinario”, “non è un eroe, un esaltato, ma un uomo che ha accolto la chiamata del Signore: ‘ora va, io ti mando…’ ”. Era piena di gente, ieri sera, la chiesa della Casa generalizia del Pontificio istituto missioni estere (PIME), a Roma, per la celebrazione dell’Eucaristia dell’anniversario della fondazione dell’Istituto, offerta come ringraziamento per la liberazione di P. Giancarlo Bossi.
 
Concelebrato da tutti i sacerdoti del PIME presenti a Roma, il rito è stato presieduto dal Superiore generale, padre Gian Battista Zanchi, che all’omelia, prendendo spunto dalle parabole evangeliche del granello di senape e del lievito, ha sottolineato che esse “contengono lo stesso messaggio: la sproporzione fra il piccolo inizio e il risultato finale inatteso, stupefacente. Un granello di senape, quasi invisibile, dà origine a un arbusto capace di raggiungere tre-quattro metri di altezza; pochi grammi di lievito fanno fermentare circa cinquanta chili di farina. Il contrasto è enorme!”
 
“Queste due parabole – ha proseguito - sono un invito all’ottimismo derivante dalla certezza che nello Spirito e nella parola di Cristo, benché insignificanti agli occhi del mondo, è presente la forza irresistibile di Dio. Ancora una volta il vangelo invita ad uno sguardo di fede. La sorprendente crescita del regno dei cieli dimostra che non siamo noi i padroni del Regno. E’ Dio il gestore, il responsabile della crescita, noi siamo semplicemente i collaboratori e i servi. “Non chi pianta né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio”. (1 Cor 3,7.9). E non ultima, una qualità della fede, che le due parabole insegnano, è lo stupore. Le opere degli uomini partono dal grandioso e finiscono nel piccolo e nel nulla. Dio entra nella storia con la discrezione e il rispetto dei piccoli segni; ma se qualcuno accetta di seguirne l’azione, gioirà alla fine delle grandi opere di Dio”.
 
“Le parabole del granello di senapa e del pizzico di lievito dimostrano chiaramente come il bene (anche quello meno appariscente) possa far fermentare, trasformare l’umanità e la storia. Il Signore vuole ricordarci che la sua presenza nella storia assomiglia a quella del seme caduto in terra e del lievito sepolto nella farina, in quanto non si impone con un’azione clamorosa, ma nascosta. Leggiamo nel vangelo di Giovanni queste parole di Gesù: ‘In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi perde la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna’ (Gv 12,24-25). Gesù è il chicco di grano che accetta di cadere in terra e di morire (offrire la sua vita); per questo il regno di Dio cresce nella storia. A partire da Gesù il regno di Dio cammina nella storia, porta frutti imprevedibilmente grandi, grazie a quel piccolo gesto, nascosto e ignorato il più delle volte da tutti, che è il dono della propria vita da parte di tante persone”.
 
“E’ il gesto di tanti missionari/e che con tanta semplicità, senza occupare la prima pagina dei giornali, radio e televisioni, offrono ancora oggi, con totale dedizione, la loro vita a causa di Gesù e del Vangelo e per il bene della gente”.
 
“P. Giancarlo è uno di questi missionari semplici, ordinari che da tanti anni sta spendendo la sua vita tra la gente e per la gente nell’isola di Mindanao. Soltanto l’imprevisto fatto del suo sequestro lo ha portato alla ribalta dei media. Si è scoperto allora la sua persona e la sua attività missionaria. Ecco la testimonianza di P. Gianni Sandalo, Superiore locale e amico di seminario e di missione di P. Giancarlo: ‘A Payao la sua gente lo chiama il gigante buono, perché è disponibile per tutti, parla con tutti, ama molto il contatto con la gente ed è molto amato. E’ un uomo di poche parole, tranquillo, ma un lavoratore eccezionale, che ha sempre coniugato il lavoro manuale con la sua vita spirituale’. Appena liberato, P. Giancarlo ha espresso il desiderio di tornare tra la sua gente: ‘Voglio tornare a Payao e salutare la mia gente, dire loro che sto bene. Il mio cuore è e resta a Payao. Dicono che un prete sia anche padre e proprio come padre della comunità ho il dovere di tornare fra la mia gente, fra i miei bambini’ “.
 
“La preghiera corale, incessante di tantissime persone, di fedi diverse, da tutto il mondo, ha ottenuto da Dio non solo la grazia della liberazione, ma ha avuto anche un benefico effetto sul cuore di P. Giancarlo durante la sua prigionia. Alla domanda: ‘Ci sono stati momenti in cui si è scoraggiato?’, P. Giancarlo ha risposto: ‘Non ho mai perso la tranquillità dentro di me e di questo devo ringraziare veramente il Signore, che mi ha tenuto sereno e tranquillo di fronte a tutto quello che mi stava accadendo’. Nell’Eucaristia per la liberazione di P. Bossi ricordavo queste parole di P. Luciano Benedetti, anche lui rapito nel 1998 e rilasciato dopo 68 giorni: ‘Giancarlo sarà un po’ perplesso nell’osservare i giovani ribelli attorno a lui pregare lo stesso Dio con le armi lasciate per terra (ma non troppo distanti dalla stuoia). Si domanderà da che parte, in quel momento, sta Dio senza trovare una chiara risposta’. Infatti alla domanda: ‘C’era dialogo con i suoi sequestratori?’, P. Giancarlo risponde: ‘Tutti i giorni si parlava del più e del meno. Loro pregavano ed io pregavo. Una delle domande che facevo loro, e anche a me stesso, era: ma stiamo pregando lo stesso Dio o è un Dio diverso, visto che voi pregate con il fucile a destra ed io rapito a sinistra? E’ lo stesso Dio che vuole tutte queste cose o che cosa? Certe domande sono ancora dentro di me’. A proposito dei suoi sequestratori P. Bossi ha dichiarato: ‘Mi hanno trattato bene e ho pregato per loro’. Bella è questa testimonianza, che ci richiama l’esempio di Mosè”.
 
Il grande peccato di Israele, ha ricordato . Zanchi, “è l’idolatria: al posto di Dio il popolo di Israele si è costruito un vitello d’oro e si è prostrato in adorazione. Mosè denuncia il peccato, chiama il popolo a conversione, ma, solidale con la sua gente, diventa anche l’intercessore presso Dio a favore del suo popolo: ‘Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi il suo peccato… e se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto’. Ecco le parole di P. Giancarlo: ‘Non nutro risentimento per i miei rapitori. A loro dicevo: siamo fratelli perché figli di un padre. Pregherò per voi tutte le sere’”.
 
“Nella lettera invito alla preghiera per la liberazione di P. Bossi, lo scorso 10 luglio, invocando l’intercessione di Maria, concludevo dicendo: ‘…le chiediamo di poter presto cantare con lei il nostro Magnificat’. Siamo qui, stasera, per cantare il nostro Magnificat”.
 
“Grazie, Signore, per l’inestimabile dono del ritorno a casa, sano e salvo, del nostro confratello P. Giancarlo. E’ proprio vero che sai ricavare il bene anche dal male. Infatti il sequestro di P. Giancarlo ha provocato la coscienza di molti, ha fatto scoprire e riflettere su chi è il missionario. E’ emerso chiaro che il missionario non è un eroe, un esaltato, ma un uomo che ha accolto la chiamata del Signore: ‘ora va, io ti mando…’; un uomo che sa la grandezza e le difficoltà che incontra nel realizzare la sua missione: ostilità, rifiuto, persecuzione, martirio; un uomo però che sa che è Dio ad affidargli questa missione e che Dio sarà comunque e sempre insieme a lui”.
 
“Grazie, Signore, per il dono della vocazione missionaria a P. Giancarlo e per aver mantenuto la tua promessa: ‘Non temere, sono con te per proteggerti’. Donaci missionari disponibili al distacco da persone e da beni per farsi fratelli di tutti e portare a tutti il Cristo Salvatore”.
 
“Il sequestro di P. Giancarlo ha fatto unire tante persone, vicine e lontane, di paesi diversi e di fedi diverse, ed ha fatto emergere la ricchezza e la bellezza dei valori della fede, della speranza, della preghiera, della libertà, solidarietà, sacrificio, dono di sé, amicizia, pace… Fa, o Signore, che tutti coloro che sono stati toccati da questo evento, che hanno pregato, lottato e mostrato in modi diversi la loro solidarietà, continuino a difendere e a diffondere questi valori, per i quali vale la pena fare dono della propria vita. Grazie, Signore, per il tuo continuo amore e per la tua misericordia”.
 
“Infine affidiamo a Maria il nostro Magnificat, perché sia anche per noi un’effusione del nostro cuore, traboccante di gioia, per le grandi cose operate da Dio durante il sequestro di P. Giancarlo e anche per tutte le meraviglie che Dio continua ad operare nella nostra vita”.
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