07/11/2018, 12.49
ASIA-CINA
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Paesi asiatici, chi guadagna e chi perde dalla guerra dei dazi Cina-Usa

di Paul Wang

Il rallentamento dell’economia cinese si comunica anche ai Paesi limitrofi, che hanno la Cina come primo partner commerciale. Colpiti Taiwan, Singapore, Malaysia, Thailandia, Cambogia. Vietnam, Malaysia, Bangladesh, Cambogia si sostituiscono alla Cina. Molte ditte cinesi vi si trasferiscono per ovviare ai dazi americani. Nei primi nove mesi dell’anno, l’export della Cambogia verso gli Usa è cresciuto del 27%.

Hong Kong (AsiaNews) – Mentre continua la guerra commerciale fra Pechino e Washington, i Paesi dell’Asia tentano di verificarne le ripercussioni nelle loro economie.

Alcuni di loro risentono del rallentamento che si sta affermando in Cina. A fine ottobre, alcuni indici di PMI (che misura la crescita economica nei diversi settori] ha mostrato una riduzione dell’attività manifatturiera a Taiwan, Malaysia e Thailandia. Anche in Corea del Sud la fiducia delle imprese è scesa al suo livello più basso in due anni. La ragione è che questi Paesi hanno la Cina come primo partner commerciale.

Da mesi la guerra dei dazi penalizza l’export cinese verso gli Stati Uniti e viceversa. Molti componenti dei prodotti cinesi provengono dai Paesi limitrofi. In tal modo, l’abbassamento delle esportazioni “made in China” riduce anche i ricavi dei fornitori asiatici.

Fra i Paesi più colpiti vi sono Taiwan - che verso la Cina dirige il 50% del suo export – e anche Singapore e Malaysia. A rischio di riduzione vi sono pure le esportazioni di rame dal Laos, o il turismo in Cambogia e Thailandia dei cinesi.

Nel suo ultimo rapporto dedicato alla regione Asia-Pacifico, la Banca mondiale prevede un abbassamento dell’1% della crescita cinese e dello 0,5% nel resto della regione. Anche la Banca asiatica dello sviluppo prevede una crescita minore per la regione (6% nel 2018; 5,8 nel 2019).

Vi sono però Paesi per i quali la guerra dei dazi potrebbe essere un vantaggio. Per ovviare alle tasse americane, molte ditte cinesi stanno cercando di delocalizzarsi nei Paesi adiacenti, spinti anche dal minor costo della manodopera.  Il Vietnam, la Malaysia e il Bangladesh godono già di questa delocalizzazione dell’industria elettronica o delle confezioni.

Anche la Cambogia è fra i Paesi avvantaggiati. I motivi sono da una parte, i prezzi più competitivi dei prodotti cambogiani, rispetto a quelli cinesi tassati; dall’altra il fatto che molte ditte cinesi, che stavano già trasferendosi in Cambogia a causa del minor costo del lavoro, ora si affrettano per ovviare ai dazi americani.

Così, nei primi nove mesi dell’anno, l’export cambogiano negli Usa è cresciuto del 27% rispetto allo scorso anno. Si tratta di confezioni, scarpe, borse e valigie, un tempo quasi monopolio dei cinesi. Secondo dati ufficiali, prima del 2016 le esportazioni di borse e valigie valevano circa 50 milioni di dollari Usa. Ora, nella prima parte di quest’anno, l’export è salito a 160 milioni di dollari.

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