26/04/2017, 10.55
VATICANO
Invia ad un amico

Papa: Gesù camminerà con noi fino alla fine del mondo, in ogni giorno della nostra vita

Non cesseremo mai di essere “una preoccupazione per il cuore di Dio”, perché Dio ci ama, “è un Dio ‘appassionato’ dell’uomo, così teneramente amante da essere incapace di separarsi da lui”. “La speranza cristiana, infatti, trova la sua radice non nell’attrattività del futuro, ma nella sicurezza di ciò che Dio ci ha promesso e ha realizzato in Gesù Cristo”. “La nostra esistenza è un pellegrinaggio, un cammino. Anche quanti sono mossi da una speranza semplicemente umana, percepiscono la seduzione dell’orizzonte, che li spinge a esplorare mondi che ancora non conoscono. La nostra anima è un’anima migrante".

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio”, perché Dio ci ama , cammina e camminerà accanto a noi fino alla fine del mondo e “sicuramente provvederà a tutti i nostri bisogni, non ci abbandonerà nel tempo della prova e del buio”.

Udienza generale dedicata al tema “’Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’ (cfr Mt 28,20): la promessa che dà speranza” nella quale il Papa ha sottolineato “il mistero di un Dio il cui nome, la cui identità è essere-con, in particolare con noi, cioè con la creatura umana”.

Francesco, che nel suo giro tra le 30mila persone presenti in piazza san Pietro ha fatto salire sulla jeep alcuni ragazzi, ha iniziato la sua meditazione a partire dalla frase: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). “Le ultime parole del Vangelo di Matteo – ha detto- richiamano l’annuncio profetico che troviamo all’inizio: «A lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,23; cfr Is 7,14). Dio sarà con noi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Gesù camminerà con noi: tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Tutto il Vangelo è racchiuso tra queste due citazioni, parole che comunicano il mistero di Dio il cui nome, la cui identità è essere-con: non è un Dio isolato, è un Dio-con noi, in particolare con noi, cioè con la creatura umana. Il nostro Dio non è un Dio assente, sequestrato da un cielo lontanissimo; è invece un Dio ‘appassionato’ dell’uomo, così teneramente amante da essere incapace di separarsi da lui. Noi umani siamo abili nel recidere legami e ponti. Lui invece no. Se il nostro cuore si raffredda, il suo sempre rimane incandescente. Il nostro Dio ci accompagna sempre, anche se per sventura noi ci dimenticassimo di Lui. Sul crinale che divide l’incredulità dalla fede, decisiva è la scoperta di essere amati e accompagnati dal nostro Padre, di non essere mai lasciati soli da Lui”.

“La nostra esistenza – ha proseguito il Papa - è un pellegrinaggio, un cammino. Anche quanti sono mossi da una speranza semplicemente umana, percepiscono la seduzione dell’orizzonte, che li spinge a esplorare mondi che ancora non conoscono. La nostra anima è un’anima migrante. La Bibbia è piena di storie di pellegrini e viaggiatori. La vocazione di Abramo comincia con questo comando: «Vattene dalla tua terra» (Gen 12,1). E il patriarca lascia quel pezzo di mondo che conosceva bene e che era una delle culle della civiltà del suo tempo. Tutto cospirava contro la sensatezza di quel viaggio. Eppure Abramo parte. Non si diventa uomini e donne maturi se non si percepisce l’attrattiva dell’orizzonte: quel limite tra il cielo e la terra che chiede di essere raggiunto da un popolo di camminatori. Nel suo cammino nel mondo, l’uomo non è mai solo. Soprattutto il cristiano non si sente mai abbandonato, perché Gesù ci assicura di non aspettarci solo al termine del nostro lungo viaggio, ma di accompagnarci in ognuno dei nostri giorni”.

“Fino a quando perdurerà la cura di Dio nei confronti dell’uomo? Fino a quando il Signore Gesù, che cammina con noi, fino a quando prenderà cura di noi? La risposta del Vangelo non lascia adito a dubbi: fino alla fine del mondo! Passeranno i cieli, passerà la terra, verranno cancellate le speranza umane, ma la Parola di Dio è più grande di tutto e non passerà.  E Lui sarà il Dio con noi, il Dio Gesù che cammina con noi. Non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio. Ma qualcuno potrebbe dire: ‘Ma cosa sta dicendo, lei?’. Dico questo: non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio. Lui si preoccupa di noi, e cammina con noi, e perché fa questo? Semplicemente perché ci ama. Capito, questo? Ci ama! E Dio sicuramente provvederà a tutti i nostri bisogni, non ci abbandonerà nel tempo della prova e del buio. Questa certezza chiede di annidarsi nel nostro animo per non spegnersi mai. Qualcuno la chiama con il nome di ‘Provvidenza’. Cioè, la vicinanza di Dio, l’amore di Dio, il camminare di Dio con noi si chiama anche la ‘Provvidenza di Dio’: Lui provvede alla nostra vita. Non a caso tra i simboli cristiani della speranza c’è uno che a me piace tanto: c’è l’àncora. Essa esprime che la nostra speranza non è vaga; non va confusa con il sentimento mutevole di chi vuole migliorare le cose di questo mondo in maniera velleitaria, facendo leva solo sulla propria forza di volontà. La speranza cristiana, infatti, trova la sua radice non nell’attrattività del futuro, ma nella sicurezza di ciò che Dio ci ha promesso e ha realizzato in Gesù Cristo. Se Lui ci ha garantito di non abbandonarci mai, se l’inizio di ogni vocazione è un «Seguimi», con cui Lui ci assicura di restare sempre davanti a noi, perché allora temere? Con questa promessa, i cristiani possono camminare ovunque. Anche attraversando porzioni di mondo ferito, dove le cose non vanno bene, noi siamo tra coloro che anche là continuano a sperare. Dice il salmo: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (Sal 23,4). È proprio dove dilaga il buio che bisogna tenere accesa una luce”.

E se l’àncora viene gettata sulla spiaggia e poi, tirando la corda, si avvicina la barca alla riva: “La nostra fede è l’àncora in cielo. Noi abbiamo la nostra vita ancorata in cielo. Cosa dobbiamo fare? Aggrapparci alla corda: è sempre lì. E andiamo avanti perché siamo sicuri che la nostra vita è come un’àncora che è nel cielo, in quella riva dove arriveremo. Certo, se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, avremmo ragione di sentirci delusi e sconfitti, perché il mondo spesso si dimostra refrattario alle leggi dell’amore. Preferisce, tante volte, le leggi dell’egoismo. Ma se sopravvive in noi la certezza che Dio non ci abbandona, che Dio ama teneramente noi e questo mondo, allora subito muta la prospettiva. ‘Homo viator, spe erectus’, dicevano gli antichi. Lungo il cammino, la promessa di Gesù «Io sono con voi» ci fa stare in piedi, eretti, con speranza, confidando che il Dio buono è già al lavoro per realizzare ciò che umanamente pare impossibile, perché l’àncora è sulla spiaggia del cielo”.

“Il santo popolo fedele di Dio – la conclusione di Francesco - è gente che sta in piedi – ‘homo viator’ – e cammina, ma in piedi, ‘erectus’, e cammina nella speranza. E dovunque va, sa che l’amore di Dio l’ha preceduto: non c’è parte del mondo che sfugga alla vittoria di Cristo Risorto. E qual è la vittoria di Cristo Risorto? La vittoria dell’amore”.

 

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Papa: Cari giovani camminate nella carità, insieme verso il prossimo Sinodo
12/08/2018 12:36
Papa: Malati di leucemia, curati dalla scienza e dai volontari
02/03/2019 12:33
Card. D’Rozario: papa Francesco sarà ‘pellegrino per l’anima del popolo’ del Bangladesh
05/10/2017 15:43
Papa: due madri, "due donne - Maria e la Chiesa - portano avanti la speranza che è Cristo, ci danno Cristo"
15/09/2014
Giubileo 2025: presentati il calendario delle giornate e l'inno
09/05/2023 15:35


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”