08/01/2007, 00.00
VATICANO
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Papa: solo rispettando l’uomo è possibile promuovere la pace

Nel discorso ai diplomatici, luci ed ombre del mondo all’inizio del 2007: la mancanza di libertà religiosa soprattutto in Asia, i conflitti in Africa, le tensioni in Medio Oriente, la fame, gli attacchi alla vita ed alla famiglia, la crisi che sembra aver colpito i negoziati per il disarmo. Ma si acquista consapevolezza sulla necessità del dialogo.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La mancanza di libertà religiosa soprattutto in Asia; i conflitti in Africa; le tensioni in Medio Oriente; la fame che continua a colpire tanti Paesi nel mondo; gli attacchi alla vita ed alla famiglia che si diffondono sempre più , anche sotto l’apparenza della ricerca scientifica;  la crisi che sembra aver colpito i negoziati per il disarmo. Sono tante, per Benedetto XVI le ombre che si proiettano sul mondo all’inizio del 2007, anche se non mancano le luci, in primo luogo la sempre maggiore consapevolezza della “necessità vitale” del dialogo tra le culture e le religioni, anche se ne serve di più del fatto che “solo rispettando la persona umana è possibile promuovere la pace”.
 
E’ il mondo visto nella prospettiva della Santa Sede quale il Papa lo ha tratteggiato oggi nel discorso rivolto ai rappresentanti dei 175 Stati che hanno rapporti diplomatici col Vaticano. Stati ai quali vanno aggiunti le Comunità Europee, il Sovrano militare Ordine di Malta e due missioni a carattere speciale, quella della Federazione Russa e l’Ufficio dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
 
All’inizio di quello che egli stesso ha definito “uno sguardo alla situazione internazionale per esaminare le sfide che siamo chiamati ad affrontare insieme” e nel quale ha citato le situazioni particolari di 28 diversi Paesi, Benedetto XVI ha posto tra le “questioni essenziali” lo “scandalo della fame, che tende ad aggravarsi”; fenomeno “inaccettabile in un mondo che dispone dei beni, delle conoscenze e dei mezzi per porvi fine”. E’ una realtà che “ci spinge a cambiare i nostri modi di vita, ci richiama l’urgenza di eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente e uno sviluppo umano integrale per oggi e soprattutto per domani”. C’è quindi un invito rivolto ad ognuno, ma anche la sollecitazione ai Paesi ricchi “a prendere i provvedimenti necessari affinché i paesi poveri, spesso pieni di ricchezze naturali, possano beneficiare dei frutti dei beni che appartengono loro in modo proprio”. In proposito il Papa auspica la ripresa dei negoziati commerciali del “Doha Development Round” dell’Organizzazione Mondiale del commercio, “come il proseguimento e l’accelerazione del processo di cancellazione e di riduzione del debito dei Paesi più poveri, senza che questo sia condizionato a misure di aggiustamento strutturale, nefaste per le popolazioni più vulnerabili”. Al tempo stesso, va mantenuto “l’impegno dei Paesi sviluppati a destinare lo 0,7% del loro prodotto interno lordo all’aiuto internazionale”.
 
Nel quadro generale rientra poi la preoccupazione per “i continui attentati portati alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale”. Benedetto XVI nota che “non risparmiano tali attentati anche quelle regioni dove la cultura del rispetto della vita è tradizionale, come in Africa, dove si tenta di banalizzare surrettiziamente l’aborto”. “Allo stesso modo si sviluppano minacce contro la struttura naturale della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e tentativi di relativizzarla conferendole lo stesso statuto di forme di unione radicalmente diverse. Tutto ciò costituisce una offesa alla famiglia e contribuisce a destabilizzarla, violandone la specificità ed il ruolo sociale unico. Altre forme di aggressione alla vita sono talvolta commesse sotto l’apparenza della ricerca scientifica. Si fa largo la convinzione che la ricerca non abbia altre leggi all’infuori di quelle che vuole darsi e che non abbia alcun limite alle proprie possibilità. E’ il caso, per esempio, dei tentativi di legittimare la clonazione umana per ipotetici fini terapeutici”.
 
Rilevando poi, ancora sul piano generale, la crisi che sembra colpire i negoziati sul disarmo, sia sulle armi convenzionali che sulle armi di distruzione di massa, il Papa evidenzia che “le questioni di sicurezza, aggravate dal terrorismo, che bisogna condannare fermamente, devono essere trattate in un approccio globale e lungimirante”. A proposito di armi non mancano riferimenti ad Iran e Corea del Nord. A Teheran Benedetto XVI chiede “una risposta soddisfacente alle preoccupazioni legittime della comunità internazionale”, mentre a proposito della Corea, ove covano “pericolosi focolai di tensione”, “l’obiettivo della riconciliazione del popolo coreano e della denuclearizzazione della Penisola, che avranno degli effetti benefici in tutta la regione, devono essere perseguiti nel quadro dei negoziati”. Il Papa ha anche riaffermato la posizione della Santa Sede, contraria alla sospensione degli aiuti umanitari a Pyongung.
 
Ancora a proposito dell’Asia, dopo aver espresso l’auspicio che la crescente presenza sulla scena internazionale di Cina e India “determini dei benefici per le stesse popolazioni e per le altre nazioni”, Benedetto XVI ha sottolineato che le comunità cristiane del continente sono per lo più “piccole ma vivaci”. Esse “desiderano legittimamente poter vivere e agire in un clima di libertà religiosa. E’ – ha aggiunto - al tempo stesso un diritto naturale e una condizione che permetterà loro di contribuire al progresso materiale e spirituale della società, e di essere elemento di coesione e di concordia”.
Guardando ai singoli Paesi, oltre a quanto detto sulla Corea, il Papa ha sostenuto che “a Timor Est, la Chiesa cattolica intende continuare ad offrire il suo contributo in particolare nei settori dell’educazione, della sanità e della riconciliazione nazionale. La crisi politica attraversata da questo giovane Stato, come del resto, anche da altri paesi della regione, mette in evidenza una certa fragilità dei processi di democratizzazione”. “Preoccupazione” il Papa ha espresso anche per l’Afghanistan, dove “nel corso degli ultimi mesi, occorre ahimè deplorare un aumento notevole della violenza e degli attacchi terroristici, che rendono difficile il cammino verso l’uscita dalla crisi e che pesano gravemente sulla popolazione locale. In Sri Lanka il fallimento dei negoziati di Ginevra tra il Governo e il Movimento Tamil ha prodotto una intensificazione del conflitto, che provoca immense sofferenze tra la popolazione civile. Solo la via del dialogo potrà assicurare un futuro migliore e più sicuro per tutti.
Anche il Medio Oriente è fonte di grandi inquietudini. Per questo ho voluto indirizzare una lettera ai cattolici della regione in occasione del Natale, per esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza spirituale con tutti, e per incoraggiarli a proseguire la loro presenza nella regione, sicuro che la loro testimonianza sarà un aiuto e un sostegno in vista di un futuro di pace e di fraternità. Rinnovo il mio pressante appello a tutte le parti in causa nel complesso scacchiere politico della regione, con la speranza che si consolidino i segni positivi tra Israeliani e Palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane. La Santa Sede non smetterà di ripetere che le soluzioni militari non conducono a nulla, come si è potuto vedere in Libano l’estate scorsa. Il futuro di questo Paese passa necessariamente attraverso l’unità di tutte le sue componenti e attraverso le relazioni fraterne tra i diversi gruppi religiosi e sociali. Ciò costituisce un messaggio di speranza per tutti. Non è possibile accontentarsi di soluzioni parziali o unilaterali. Per porre termine alla crisi e alle sofferenze che essa causa nelle popolazioni, bisogna procedere attraverso un approccio globale, che non escluda nessuno dalla ricerca di una soluzione negoziata e che tenga conto delle aspirazioni e degli interessi legittimi dei diversi popoli coinvolti; in modo particolare, i Libanesi hanno diritto a vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro paese; gli Israeliani hanno il diritto di vivere in pace nel loro Stato, i Palestinesi hanno il diritto ad una patria libera e sovrana. Se ciascuno dei popoli della regione vede le sue aspettative prese in considerazione e si sente meno minacciato, la fiducia reciproca si rafforzerà”. Insieme ad una evoluzione positiva dei rapporti dell’Iran con la comunità internazionale, la fiducia reciproca permetterebbe “una stabilizzazione di tutta la regione, e dell’Iraq in particolare, mettendo fine
alla spaventosa violenza che insanguina questo Paese, e offrendo la possibilità di rilanciare la sua
ricostruzione e la riconciliazione tra tutti i suoi abitanti”.
 
Volgendo lo sguardo al resto del mondo, Benedetto XVI esprime il suo dolore per i conflitti che continuano ad insanguinare l’Africa, dal Darfur alla Somalia - a proposito della quale ha indicato l’esempio e la testimonianza di suor Leonella Sgorbati “che ha donato la sua vita al servizio dei più svantaggiati, invocando il perdono per i suoi uccisori” - all’ Uganda, con il fenomeno “dell’arruolamento di numerosi bambini costretti a farsi soldati”.
 
In America latina, danno “soddisfazione” il miglioramento di alcuni indici economici e sociali, l’impegno nella lotta contro la droga e contro la corruzione, come anche lo svolgimento delle elezioni che si è avuto recentemente. “Bisogna però mettere in guardia contro il rischio che l’esercizio della democrazia si trasformi nella dittatura del relativismo, proponendo modelli antropologici incompatibili con la natura e la dignità dell’uomo”.
 
Un pensiero particolare, in America Latina è per la liberazione dei rapiti in Colombia e per Cuba. “Auspicando che ciascuno dei suoi abitanti possa realizzare le sue aspirazioni legittime nell’impegno per il bene comune, permettetemi di ripetere l’appello del mio venerato Predecessore: ‘“Che Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba’. L’apertura reciproca con gli altri paesi non potrà che essere a beneficio di tutti”.
 
Per l’Europa, infine, il Papa afferma la necessità di una “riflessione” sul Trattato istituzionale dell’Unione. “Mi auguro – ha detto in proposito - che i valori fondamentali che sono alla base della dignità umana siano pienamente protetti, in particolare la libertà religiosa in tutte le sue dimensioni e i diritti istituzionali delle Chiese. Allo stesso modo, non si può prescindere dall’innegabile patrimonio cristiano di questo continente, che ha largamente contribuito a modellare l’Europa delle nazioni e l’Europa dei popoli”.
 
“Le situazioni che ho voluto evocare – ha concluso Benedetto XVI - costituiscono una sfida che ci riguarda tutti; si tratta di una sfida che consiste nel promuovere e consolidare tutto ciò che c’è di positivo nel mondo e a superare, con buona volontà, saggezza e tenacia, tutto ciò che ferisce, degrada e uccide l’uomo. Solo rispettando la persona umana è possibile promuovere la pace, e solo costruendo la pace si pongono le basi per un autentico umanesimo integrale. Qui si trova la risposta alla preoccupazione di tanti nostri contemporanei sul futuro. Sì, l’avvenire potrà essere sereno se lavoriamo insieme per l’uomo”.
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