21/01/2017, 11.15
VATICANO-USA
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Papa a Trump: La grandezza dell’America misurata dall’attenzione ai poveri

Papa Francesco esalta la “ricca spiritualità dei valori etici che hanno plasmato la storia del popolo americano” e chiede l’impegno “per il progresso della dignità umana e la libertà in tutto il mondo”.  Preoccuparsi “per i poveri, gli esclusi, e i bisognosi che, come Lazzaro, stanno davanti alla nostra porta”.  Il giuramento di Trump preceduto da diverse preghiere di rappresentanti cattolici, protestanti, ebrei.  Lo slogan “America first” guiderà le scelte politiche. Le pesanti critiche all’establishment. La cautela della Cina e l’entusiasmo della presidente di Taiwan.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Possa la grandezza dell’America continuare ad essere misurata anzitutto dalla sua preoccupazione per i poveri, gli esclusi, e i bisognosi che, come Lazzaro, stanno davanti alla nostra porta”. È quanto papa Francesco augura al presidente Usa Donald Trump in occasione del suo insediamento alla Casa Bianca.

In un messaggio a firma del pontefice, diffuso dalla Sala Stampa vaticana pochi minuti dopo il giuramento di Trump, il papa porge al 45mo presidente degli Stati Uniti d’America “i miei cordiali auguri e l’assicurazione della mia preghiera perché Dio onnipotente vi doni saggezza e forza nell’esercizio del vostro compito. In un periodo in cui la nostra umana famiglia è segnata da gravi crisi umanitarie che richiedono risposte politiche lungimiranti e unitarie, prego che le sue decisioni siano guidate dalla ricca spiritualità dei valori etici che hanno plasmato la storia del popolo americano e l’impegno della sua nazione per il progresso della dignità umana e la libertà in tutto il mondo. Sotto la sua leadership, possa la grandezza dell’America continuare ad essere misurata anzitutto dalla sua preoccupazione per i poveri, gli esclusi, e i bisognosi che, come Lazzaro, stanno davanti alla nostra porta. Con questi sentimenti, chiedo al Signore di donare a lei, alla sua famiglia e a tutto il popolo americano la sua benedizione di pace, concordia e ogni prosperità materiale e spirituale”.

L’era della presidenza di Donald Trump è cominciata ieri alle 12 (ora locale) a Washington, quando il magnate divenuto politico ha giurato sulla bibbia di Abraham Lincoln e su quella della sua nonna di difendere la Costituzione americana. Il suo gesto e quello del vicepresidente Mike Pence sono stati preceduti (e seguiti) da preghiere di rappresentanti cattolici, protestanti, evangelici ed ebrei. Anche il discorso di Trump ha citato “la protezione di Dio” e si è concluso con il tradizionale “Dio benedica l’America”.

Nel suo discorso di soli 16 minuti, Trump ha ripreso alcuni slogan della sua campagna elettorale, come quello di “far tornare l’America ad essere grande”. Ma soprattutto egli si è mostrato come il campione dell’americano comune strappando applausi esultanti quando ha detto che “oggi non stiamo trasferendo il potere da un’amministrazione a un’altra”, ma “stiamo trasferendo il potere da Washington e lo stiamo ridando a voi, al popolo”. In una forte critica al mondo politico, egli ha

dichiarato che “i politici hanno prosperato, ma gli impieghi si sono ridotti e le fabbriche sono state chiuse”; “l’establishment ha protetto se stesso, ma non i cittadini del nostro Paese”. E ha ribadito varie volte che “da oggi”, “ora”, “tutto questo cambierà”.

“A tutti gli americani in ogni città vicina o lontana, piccola o grande, da montagna a montagna, da oceano ad oceano, ascoltate queste parole: Non sarete ignorati mai più”.

Al di là di un accenno allo sradicamento del “fondamentalismo islamico” ovunque esso sia, insieme alla comunità internazionale, non vi sono nel discorso di Trump precise indicazioni sulla politica estera. Ma ha promesso che in tutti i rapporti con altri Paesi egli tenderà a mettere gli interessi degli americani “al primo posto” (“America first”). “Da questo momento in poi – ha detto – l’America viene prima. Noi seguiremo due semplici regole: comprare americano e assumere americano”. E ancora: “Ogni decisione su commercio, tasse, immigrazione, affari esteri sarà presa per beneficiare gli operai americani e le famiglie americane”.

Sebbene il suo discorso possa essere liquidato come “populista”, Trump mette in luce alcuni aspetti negativi della globalizzazione, che ha portato alla perdita di posti di lavoro negli Usa e alla chiusura di molte fabbriche manifatturiere.

Le piste che egli vuole battere – intuibili dalla sua campagna elettorale – sono quelle di un potenziamento delle infrastrutture negli Usa, una revisione (o addirittura un abbandono) dei trattati sul commercio con gli altri Paesi, una riduzione delle spese militari spingendo i Paesi alleati Nato, Giappone, Corea del Sud e Arabia saudita) a sostenere di più le spese per la sicurezza. Egli ha anche promesso di tassare i prodotti cinesi (e messicani) per salvaguardare la produzione made in Usa.

Forse è per questo che la Xinhua ha cercato nei suoi commenti di raffreddare possibili scontri fra Cina e Stati Uniti, affermando al contrario che Pechino e Washington ora godono di “più spazio di prima per la cooperazione” e che Trump “sa senz’altro che gli investimenti del business cinese portano benefici all’economia Usa e possono aiutare a creare più posti di lavoro per la nazione”.

Nei giorni scorsi una direttiva dell’Ufficio di propaganda di Pechino vietava a tutti i giornalisti di esprimere “alcuna critica non autorizzata delle sue parole o azioni”.

Fra i primi messaggi giunti a Trump, va notato il twitter di Tsai Ying-wen, presidente di Taiwan, che congratulandosi con lui ha detto che “la democrazia è ciò che tiene insieme Taiwan e gli Usa. Spero in un avanzamento della nostra amicizia e collaborazione”.

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