29/06/2015, 00.00
VATICANO
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Papa ai nuovi arcivescovi metropoliti: La Chiesa vi vuole uomini di fede, di preghiera, di testimonianza

Nella solennità di san Pietro e Paolo, papa Francesco benedice il pallio per 46 arcivescovi metropoliti nominati in questo anno. Fra questi vi sono sei arcivescovi asiatici. Il pallio verrà imposto dai nunzi nei Paesi di provenienza. Presente la delegazione ortodossa inviata da Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Gli apostoli e le prime comunità cristiane hanno avuto “il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un impero pagano”. Nella storia molte forze interne ed esterne “cercano di annientare la Chiesa, ma vengono tutte annientate e la Chiesa rimane viva e feconda”. “La Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli, è solo e soltanto di Cristo”. “Una Chiesa o un cristiano senza testimonianza è sterile; un morto che pensa di essere vivo; un albero secco che non dà frutto; un pozzo arido che non dà acqua! La Chiesa ha vinto il male grazie alla testimonianza coraggiosa, concreta e umile dei suoi figli”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “La Chiesa vi vuole uomini di fede,… uomini di preghiera,… uomini di testimonianza”; “Oggi, con il pallio, vorrei affidarvi questo richiamo alla preghiera, alla fede e alla testimonianza”. E’ il triplice invito che papa Francesco ha rivolto stamattina durante la messa celebrata nella basilica di san Pietro insieme agli arcivescovi metropoliti nominati quest’anno, che hanno ricevuto il pallio. A differenza del passato, il piccolo collare di lana con cinque croci, segno della passione, non è stato imposto dal pontefice. Il papa li ha solo benedetti. Essi verranno poi imposti dai nunzi apostolici nelle rispettive città, per permettere la partecipazione del popolo.  Fra i 46 arcivescovi che hanno ricevuto il pallio vi sono anche sei provenienti dall’Asia: Mons. Julian Leow Beng Kim (Kuala Lumpur, Malaysia); Mons. Florentino Galang Lavarias (San Fernando, Filippine); Mons. Anthony Pappusamy  (Madurai, India); Mons. Thomas Aquino Manyo Maeda (Osaka, Giappone); Mons. Yustinus Harjosusanto, Msf, (Samarinda, Indonesia); Mons. Thomas Ignatius Macwan (Gandhinagar, India).

Essendo oggi la solennità dei santi Pietro e Paolo, come da una tradizione che dura da 47 anni, è presente una delegazione inviata da Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, nelle persone di Ioannis (Zizioulas), metropolita di Pergamo; Maximos, metropolita di Silyvria; p. Heikki Huttunen, della Chiesa Ortodossa di Finlandia.

Per il suo triplice invito alla fede, alla preghiera, alla testimonianza, Francesco ha preso spunto dalle letture della messa di san Pietro e Paolo.  Nella prima lettura (Atti 12, 1-11) si parla della Chiesa perseguitata e della prigionia di Pietro, da cui viene liberato grazie all’intervento di un angelo, mentre la Chiesa pregava per lui. “Vorrei – ha detto - oggi venerare il coraggio degli Apostoli e della prima comunità cristiana; il coraggio di portare avanti l’opera di evangelizzazione, senza timore della morte e del martirio, nel contesto sociale di un impero pagano”.

La preghiera e l'Angelo

“La comunità di Pietro e di Paolo ci insegna che una Chiesa in preghiera è una Chiesa ‘in piedi’, solida, in cammino! Infatti, un cristiano che prega è un cristiano protetto, custodito e sostenuto, ma soprattutto non è solo”.

“Pensiamo a quante volte il Signore ha esaudito la nostra preghiera inviandoci un Angelo? Quell’Angelo che inaspettatamente ci viene incontro per tirarci fuori da situazioni difficili. Per strapparci dalle mani della morte e del maligno; per indicarci la via smarrita; per riaccendere in noi la fiamma della speranza; per donarci una carezza; per consolare il nostro cuore affranto; per svegliarci dal sonno esistenziale; o semplicemente per dirci: “Non sei solo”.

Quanti angeli Egli mette sul nostro cammino! Ma noi, presi dalla paura o dall’incredulità, oppure dall’euforia, li lasciamo fuori dalla porta”.

“Nessuna comunità cristiana può andare avanti senza il sostegno della preghiera perseverante! La preghiera che è l’incontro con Dio, con Dio che non delude mai; con il Dio fedele alla sua parola; con Dio che non abbandona i suoi figli. Si chiedeva Gesù: «Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?» (Lc 18,7). Nella preghiera il credente esprime la sua fede, la sua fiducia, e Dio esprime la sua vicinanza, anche attraverso il dono degli Angeli, i suoi messaggeri”.

Le forze del male vengono annientate e la Chiesa rimane

Ricordando poi il sacrificio di san Paolo, come espresso dalla seconda lettera a Timoteo (4,6-8.17-18), Francesco ha affermato: “Dio non toglie i suoi figli dal mondo o dal male, ma dona loro la forza per vincerli”.

“Quante forze, lungo la storia, hanno cercato – e cercano – di annientare la Chiesa, sia dall’esterno sia dall’interno, ma vengono tutte annientate e la Chiesa rimane viva e feconda!, rimane inspiegabilmente salda perché, come dice san Paolo, possa acclamare «a Lui la gloria nei secoli dei secoli» (2 Tm 4,18).

Tutto passa, solo Dio resta. Infatti, sono passati regni, popoli, culture, nazioni, ideologie, potenze, ma la Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante tempeste e i molti peccati nostri, rimane fedele al deposito della fede nel servizio, perché la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli, è solo e soltanto di Cristo. Solo chi vive in Cristo promuove e difende la Chiesa con la santità della vita, sull’esempio di Pietro e di Paolo.

I credenti nel nome di Cristo hanno risuscitato i morti; hanno guarito gli infermi; hanno amato i loro persecutori; hanno dimostrato che non esiste una forza in grado di sconfiggere chi possiede la forza della fede!”.

Senza testimonianza, il cristiano è sterile

Infine il richiamo alla testimonianza: “Una Chiesa o un cristiano senza testimonianza è sterile; un morto che pensa di essere vivo; un albero secco che non dà frutto; un pozzo arido che non dà acqua! La Chiesa ha vinto il male grazie alla testimonianza coraggiosa, concreta e umile dei suoi figli”.

Rivolgendosi poi in modo diretto agli arcivescovi, il pontefice ha ricordato loro che il pallio “è il segno che rappresenta la pecora che il pastore porta sulle sue spalle come il Cristo, Buon Pastore, ed è pertanto simbolo del vostro compito pastorale”. E citando una frase di benedetto XVI ha detto anche che esso è «segno liturgico della comunione che unisce la Sede di Pietro e il suo Successore ai Metropoliti e, per loro tramite, agli altri Vescovi del mondo».

“La Chiesa – ha continuato - vi vuole uomini di preghiera, maestri di preghiera; che insegnino al popolo a voi affidato dal Signore che la liberazione da tutte le prigionie è soltanto opera di Dio e frutto della preghiera, che Dio nel momento opportuno invia il suo angelo a salvarci dalle tante schiavitù e dalle innumerevoli catene mondane. Anche voi per i più bisognosi siate angeli e messaggeri della carità!

La Chiesa vi vuole uomini di fede, maestri di fede: che insegnino ai fedeli a non aver paura dei tanti Erode che affliggono con persecuzioni, con croci di ogni genere. Nessun Erode è in grado di spegnere la luce della speranza, della fede e della carità di colui che crede in Cristo!

La Chiesa vi vuole uomini di testimonianza. Diceva san Francesco ai suoi frati: predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole! (cfr Fonti Francescane, 43). Non c’è testimonianza senza una vita coerente!”.

“Oggi – ha concluso - non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della sua Croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo… la testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri! Insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!”.

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