24/06/2016, 16.58
VATICANO - ARMENIA
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Papa in Armenia: condanna il “genocidio”, fermare chi usa Dio per fare violenza

Il “Grande Male”, il “genocidio” che colpì il popolo armeno “inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose”. “E’ di vitale importanza che tutti coloro che dichiarano la loro fede in Dio uniscano le loro forze per isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e manipolando il Santo Nome di Dio”.

 

Yerevan (AsiaNews) – In Armenia, Paese che “conosce la persecuzione” e ha subito il primo “genocidio” del ‘900, papa Francesco torna a denunciare che oggi “i cristiani, come e forse più che al tempo dei primi martiri, sono in alcuni luoghi discriminati e perseguitati per il solo fatto di professare la loro fede”. Parole forti nel Paese che ha vissuto il “Metz Yeghérn”, il “Grande Male”, come gli armeni chiamano la persecuzione turca che tra il 1915 e il 1916 provocò almeno un milione e mezzo di morti.

“Grande male”, che “inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso”, evocato oggi dal Papa – che ha parlato di “genocidio”, parola invisa ai turchi – nel discorso che ha rivolto alle autorità politiche, ai rappresentanti della società civile e del mondo della cultura e ai membri del corpo diplomatico nel Salone principale del Palazzo presidenziale di Yerevan, presenti circa 250 persone. In precedenza c’era stato l’incontro privato col presidente Sargsyan (nella foto), al quale ha fatto dono di una medaglia che riproduce san Gregorio l’Illuminatore.

Prima di essere allontanati dalla sala, i giornalisti hanno udito il presidente ricordare della che ricorrono i 25 anni delle relazioni diplomatiche tra S. Sede e Armenia dicendo: "Sembrano pochi 25 anni ma sono successe tante cose, a cominciare dalla visita di San Giovanni Paolo II del 2001".

Quanto a Francesco, nel suo discorso, oltre a sottolineare la profondità delle radici cristiane del popolo armeno, ha auspicato l’intensificarsi degli sforzi e “l’accresciuto impegno per individuare strade utili a superare le tensioni con alcuni Paesi vicini”. Affermazione significativa in un Paese che continua a vivere una durissima controversia con il vicino Azerbaigian a causa dell’enclave armena del Nagorno Karabakh.

Il Papa ha anche ringraziato il presidente per l’invito a recarsi in Armenia, che gli sta permettendo di restituire la visita che le autorità civili e religiose del Paese hanno compiuto il Vaticano nell’aprile del 2015. “In quella occasione si è fatta memoria del centenario del Metz Yeghérn, il ‘Grande Male’, che colpì il vostro popolo e causò la morte di un’enorme moltitudine di persone, mentre “le grandi potenze guardavano da un’altra parte come hanno fatto poi anche in altre occasioni analoghe”. “Quella tragedia, quel genocidio inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose, che ottenebrarono la mente dei carnefici fino al punto di prefiggersi l’intento di annientare interi popoli”.

“Rendo onore – ha detto ancora Francesco - al popolo armeno, che, illuminato dalla luce del Vangelo, anche nei momenti più tragici della sua storia, ha sempre trovato nella Croce e nella Risurrezione di Cristo la forza per risollevarsi e riprendere il cammino con dignità. Questo rivela quanto profonde siano le radici della fede cristiana e quale infinito tesoro di consolazione e di speranza essa racchiude. Avendo davanti ai nostri occhi gli esiti nefasti a cui condussero nel secolo scorso l’odio, il pregiudizio e lo sfrenato desiderio di dominio, auspico vivamente che l’umanità sappia trarre da quelle tragiche esperienze l’insegnamento ad agire con responsabilità e saggezza per prevenire i pericoli di ricadere in tali orrori. Si moltiplichino perciò, da parte di tutti, gli sforzi affinché nelle controversie internazionali prevalgano sempre il dialogo, la costante e genuina ricerca della pace, la collaborazione tra gli Stati e l’assiduo impegno degli organismi internazionali, al fine di costruire un clima di fiducia propizio al raggiungimento di accordi duraturi”.

“La Chiesa Cattolica desidera collaborare attivamente con tutti coloro che hanno a cuore le sorti della civiltà e il rispetto dei diritti della persona umana, per far prevalere nel mondo i valori spirituali, smascherando quanti ne deturpano il significato e la bellezza. A questo proposito, è di vitale importanza che tutti coloro che dichiarano la loro fede in Dio uniscano le loro forze per isolare chiunque si serva della religione per portare avanti progetti di guerra, di sopraffazione e di persecuzione violenta, strumentalizzando e manipolando il Santo Nome di Dio. Oggi, in particolare i cristiani, come e forse più che al tempo dei primi martiri, sono in alcuni luoghi discriminati e perseguitati per il solo fatto di professare la loro fede, mentre troppi conflitti in varie aree del mondo non trovano ancora soluzioni positive, causando lutti, distruzioni e migrazioni forzate di intere popolazioni. È indispensabile perciò che i responsabili delle sorti delle nazioni intraprendano con coraggio e senza indugi iniziative volte a porre termine a queste sofferenze, facendo della ricerca della pace, della difesa e dell’accoglienza di coloro che sono bersaglio di aggressioni e persecuzioni, della promozione della giustizia e di uno sviluppo sostenibile i loro obiettivi primari. Il popolo armeno ha sperimentato queste situazioni in prima persona; conosce la sofferenza e il dolore, conosce la persecuzione; conserva nella sua memoria non solo le ferite del passato, ma anche lo spirito che gli ha permesso, ogni volta, di ricominciare di nuovo. In tal senso, lo incoraggio a non far mancare il suo prezioso contributo alla comunità internazionale”.

“Quest’anno ricorre il 25mo anniversario dell’indipendenza dell’Armenia. È una felice circostanza per cui rallegrarsi e l’occasione per fare memoria dei traguardi raggiunti e per proporsi nuove mete a cui tendere. I festeggiamenti per questa lieta ricorrenza saranno tanto più significativi se diventeranno per tutti gli armeni, in Patria e nella diaspora, uno speciale momento nel quale raccogliere e coordinare le energie, allo scopo di favorire uno sviluppo civile e sociale del Paese, equo ed inclusivo. Si tratta di verificare costantemente che non si venga mai meno agli imperativi morali di eguale giustizia per tutti e di solidarietà con i deboli e i meno fortunati (cfr Giovanni Paolo II, Discorso di congedo dall’Armenia, 27 settembre 2001: Insegnamenti XXIV, 2 [2001], 489). La storia del vostro Paese va di pari passo con la sua identità cristiana, custodita nel corso dei secoli. Tale identità, lungi dall’ostacolare la sana laicità dello Stato, piuttosto la richiede e la alimenta, favorendo la partecipe cittadinanza di tutti i membri della società, la libertà religiosa e il rispetto delle minoranze. La coesione di tutti gli armeni, e l’accresciuto impegno per individuare strade utili a superare le tensioni con alcuni Paesi vicini, renderanno più agevole realizzare questi importanti obiettivi, inaugurando per l’Armenia un’epoca di vera rinascita”.

“La Chiesa Cattolica, da parte sua, pur essendo presente nel Paese con limitate risorse umane, è lieta di poter offrire il suo contributo alla crescita della società, particolarmente nella sua azione rivolta verso i più deboli e i più poveri, nei campi sanitario ed educativo, e in quello specifico della carità, come testimoniano l’opera svolta ormai da venticinque anni dall’ospedale “Redemptoris Mater” ad Ashotsk, l’attività dell’istituto educativo a Yerevan, le iniziative di Caritas Armenia e le opere gestite dalle Congregazioni religiose. Dio benedica e protegga l’Armenia, terra illuminata dalla fede, dal coraggio dei martiri, dalla speranza più forte di ogni dolore”.

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