18/01/2018, 16.57
VATICANO-CILE
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Papa in Cile: Questa terra abbracciata dal deserto più arido, sa vestirsi a festa

Alla messa conclusiva della sua visita in Cile, al Campus Lobito di Iquique, papa Francesco prega per “l’integrazione dei popoli” in una zona di emigranti e di immigrati. L’invito a essere come gli “inservienti” a Cana: “anch’essi partecipano al miracolo”, prendendosi cura dei poveri e di chi ha una “vita annacquata”. L’incoronazione della statua della Madonna del Carmine (“Virgen de la Tirana”), Patrona del Cile. Il dono del pastorale e di una croce composta di cristalli di sale.

Iquique (AsiaNews) – “Questa terra abbracciata dal deserto più arido, sa vestirsi a festa”: così papa Francesco ha salutato la popolazione di Iquique, al Campus Lobito, una piana sterminata confinante da una parte con brulle montagne e dall’altra con l’oceano. L’altare, con alle spalle l’oceano, è addobbato con statue dai colori sgargianti e da fiori multicolori e dalla statua della “Virgen de la Tirana”, trasportata dal santuario vicino al luogo della messa. L’eucaristia che il papa celebra è l’ultima nel Cile ed è dedicata a “Nuestra Señora del Carmen”, Madre e Regina del Cile e “per l’integrazione dei popoli”.

La regione di Iquique è desertica perché ha la piovosità più bassa del mondo, più bassa del deserto del Sahara. Ma, come ha detto il vescovo locale, mons. Guillermo Patricio Vera Soto, è “un deserto pieno di vita”. E la sua popolazione è ricca di tradizioni di festa, che papa Francesco esalta come segno della gioia del Vangelo. “Vengo – ha detto - come pellegrino a celebrare con voi questo modo bello di vivere la fede. Le vostre feste patronali, i vostri balli religiosi – che si prolungano per una settimana –, la vostra musica, i vostri vestiti fanno di questa zona un santuario di pietà popolare. Perché non è una festa che rimane chiusa all’interno del tempio, ma riesce a rivestire a festa tutto il villaggio”.

Prendendo spunto dal vangelo letto alla messa, quello delle nozze di Cana (Giovanni 2,1-11), il pontefice sottolinea il pericolo che in ogni festa si “annacqui”, con la mancanza del vino, ma anche “l’azione di Maria affinché la gioia prevalga”.

“Maria – continua - va per i nostri villaggi, per le vie, le piazze, le case, gli ospedali… passa per tutti i nostri problemi familiari, quelli che sembrano soffocarci il cuore, per accostarsi all’orecchio di Gesù e dirgli: vedi, «non hanno vino». E poi non rimane zitta, si avvicina agli inservienti della festa e dice loro: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Maria, donna di poche parole, ma molto concrete, si avvicina anche ad ognuno di noi per dirci solamente: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». E in questo modo si apre la strada al primo miracolo di Gesù: far sentire ai suoi amici che anch’essi partecipano al miracolo. Perché Cristo «è venuto in questo mondo non per fare la sua opera da solo, ma con noi, con tutti noi, per essere il capo di un grande corpo le cui cellule vive, libere e attive, siamo noi»”.

Il papa ricorda che Iquique significa nella lingua locale “terra dei sogni” e ricorda la gente che è emigrata “accompagnata da bagagli carichi di paura e di incertezza per quello che verrà”. Allo stesso tempo, Iquique [con le sue miniere di rame e con una zona di mercato libero –ndr] vede riempirsi di immigrati, “di famiglie intere che, davanti alle avversità, non si danno per vinte e si fanno strada in cerca di vita”.

“Facciamo in modo – ha chiesto il pontefice che [questa terra] continui a essere anche terra di ospitalità. Ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è gioia cristiana quando si chiudono le porte; non c’è gioia cristiana quando si fa sentire agli altri che sono di troppo o che tra di noi non c’è posto per loro (cfr Lc 16,31)”.

“Come Maria a Cana, cerchiamo di imparare ad essere attenti nelle nostre piazze e nei nostri villaggi e riconoscere coloro che hanno una vita ‘annacquata’; che hanno perso – o ne sono stati derubati – le ragioni per celebrare. E non abbiamo paura di alzare le nostre voci per dire: «Non hanno vino». Il grido del popolo di Dio, il grido del povero, che ha forma di preghiera e allarga il cuore e ci insegna ad essere attenti. Siamo attenti a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie. E come Maria diciamo con fede: non hanno vino”.

“E lasciamo che Gesù possa completare il miracolo, trasformando le nostre comunità e i nostri cuori in segno vivo della sua presenza, che è gioiosa e festosa perché abbiamo sperimentato che Dio-è-con-noi, perché abbiamo imparato a ospitarlo in mezzo a noi. Gioia e festa contagiosa che ci porta a non escludere nessuno dall’annuncio di questa Buona Notizia”.

Dopo l’omelia, Francesco ha incoronato la statua della “Virgen de la Tirana”, fra i canti e le danze di alcuni gruppi.

Al termine dell’eucaristia, prima di partire per il Perù, il papa ha rivolto il suo saluto ai fedeli e al Cile, che egli definisce “una Patria che trova la sua bellezza nel volto multiforme dei suoi popoli”. Il vescovo ha donato a lui un pastorale smaltato, composto da un artigiano locale e una croce fatta di cristalli di sale. Il papa ha ringraziato e ha concluso: “Che cosa posso augurarvi di più che terminare la mia visita dicendo al Signore: Guarda la fede di questo popolo e donagli unità e pace. Vi ringrazio, e vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me”.

Durante la messa si è diffusa la notizia che durante il viaggio da Santiago del Cile a Iquique, il pontefice ha celebrato in volo il matrimonio fra lo steward Carlos Ciuffati e la hostess Paula Podest (foto 2).

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