13/02/2016, 19.35
MESSICO - VATICANO
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Papa in Messico: Chiesa e società cerchino il bene comune e non i privilegi

Incontrando le autorità civili e i vescovi messicani, Francesco rendo omaggio alla “Morenita”. Il narcotraffico “una sfida etica e anti-civica” per l’intera società messicana, “compresa la Chiesa”. I pastori abbiano “uno sguardo di singolare delicatezza” per “i popoli indigeni e le loro affascinanti culture, non di rado massacrate”. Comunione con i vescovi degli Stati Uniti per mantenere vive nei migranti “le radici della loro fede, le ragioni della loro speranza e la forza della loro carità”.

Città del Messico (AsiaNews) – Impegnarsi per costruire il bene comune - “quel ‘bene comune’ che in questo secolo ventunesimo non è molto apprezzato” -  rifuggendo dalla ricerca di ogni forma di “privilegio”. Una ricerca che porta alla corruzione, alla violenza a e al narcotraffico, che, in Messico, rappresenta “una sfida etica e anti-civica” per l’intera società messicana, “compresa la Chiesa”, chiamata a testimoniare di “aver visto Gesù”.

E’ il primo messaggio che papa Francesco ha rivolto al Messico, dove è arrivato poco prima delle 20 (ora locale), accolto entusiasticamente da una folla presente lungo tutto il percorso fino alla nunziatura di Città del Messico ove ha trascorso la notte. E folla anche stamattina quando alle 9.30 si è recato al Palacio Nacional per la cerimonia di benvenuto, la visita di cortesia al presidente Enrique Peña Nieto e l’incontro con esponenti delle autorità, la società civile e il corpo diplomatico.

Sia nel primo appuntamento dedicato al mondo istituzionale e laico che nel successivo con i vescovi messicani, Francesco ha svolto le sue considerazioni a partire dalla “Morenita”, come affettuosamente è chiamata la Vergine di Guadalupe, patrona dell’intero continente latino-americana, perché “solo guardando la ‘Morenita’, il Messico ha di sé una visione completa”.

“Oggi – ha detto infatti nel suo primo discorso - vengo come missionario di misericordia e di pace, ma anche come un figlio che vuole rendere omaggio a sua madre, la Vergine di Guadalupe e lasciarsi guardare da lei. Cercando di essere un buon figlio, seguendo le orme della madre, desidero, a mia volta, rendere omaggio a questo popolo e a questa terra tanto ricca di cultura, di storia e di diversità”.

 

La ricerca del privilegio, strada per la corruzione

 

“Il Messico – ha detto ancora - è un grande Paese. Benedetto con abbondanti ricchezze naturali e una ricchissima biodiversità che si estende lungo tutto il suo vasto territorio”. Ma, ha proseguito, “penso e oso dire che la principale ricchezza del Messico oggi ha un volto giovane; sì, sono i suoi giovani. Un po’ più della metà della popolazione è composta da giovani. Questo permette di pensare e progettare un futuro, un domani. Questo dà speranza e apertura al futuro. Un popolo ricco di gioventù è un popolo capace di rinnovarsi, di trasformarsi; è un invito a sollevare lo sguardo con entusiasmo verso il futuro e, al tempo stesso, ci sfida positivamente nel presente. Questa realtà ci porta inevitabilmente a riflettere sulla responsabilità di ciascuno nella costruzione del Messico che desideriamo, del Messico che intendiamo trasmettere alle generazioni future. Ci porta parimenti alla consapevolezza che un futuro ricco di speranza si forgia in un presente fatto di uomini e donne giusti, onesti, capaci di impegnarsi per il bene comune, quel ‘bene comune’ che in questo secolo ventunesimo non è molto apprezzato. L’esperienza ci dimostra che ogni volta che cerchiamo la via del privilegio o dei benefici per pochi a scapito del bene di tutti, presto o tardi la vita sociale si trasforma in un terreno fertile per la corruzione, il narcotraffico, l’esclusione delle culture diverse, la violenza e persino per il traffico di persone, il sequestro e la morte, che causano sofferenza e che frenano lo sviluppo”.

Di fronte a tale realtà, il Papa ha ammonito che “ai responsabili della vita sociale, culturale e politica, compete in modo speciale lavorare per offrire a tutti i cittadini l’opportunità di essere degni protagonisti del loro destino, nella famiglia e in tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità umana, aiutandoli a trovare un effettivo accesso ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione adeguata, lavoro degno, alimentazione, giustizia reale, una sicurezza effettiva, un ambiente sano e pacifico. Questo – ha concluso - non è soltanto una questione di leggi che richiedono aggiornamenti e migliorie – sempre necessarie –, ma di una urgente formazione della responsabilità personale di ciascuno nel pieno rispetto dell’altro come corresponsabile nella causa comune di promuovere lo sviluppo della Nazione. È un compito che coinvolge tutto il popolo messicano nelle sue varie istanze, sia pubbliche sia private, collettive come individuali”.

La Vergine di Guadalupe è stata anche al centro del lungo discorso che Francesco ha rivolto poi ai vescovi del Messico, incontrati nella cattedrale dell’Assunzione, dove è arrivato compiendo un giro in papamobile tra le quasi centomila persone presenti nella piazza della Costituzione.

“Sono contento – le sue prime parole - di potervi incontrare il giorno dopo il mio arrivo in questo amato Paese”. “Non potevo non venire! Potrebbe il Successore di Pietro, chiamato dal lontano sud latinoamericano, fare a meno di posare lo sguardo sulla Vergine ‘Morenita’?”. E, ha detto poco dopo, “vi chiedo per favore di permettermi che tutto quanto vi dirò possa dirlo partendo dalla Guadalupana”.

“Anzitutto, la Vergine Morenita ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia”.

“Chinatevi, con delicatezza e rispetto, sull’anima profonda della vostra gente, scendete con attenzione e decifrate il suo misterioso volto. Il presente, spesso dissolto in dispersione e festa, non è propedeutico a Dio che è l’unico e pieno presente? La familiarità con il dolore e la morte non sono forme di coraggio e vie verso la speranza? La percezione che il mondo sia sempre e solamente da redimere non è antidoto all’autosufficienza prepotente di quanti credono di poter prescindere da Dio? Naturalmente, per tutto questo è necessario uno sguardo capace di riflettere la tenerezza di Dio. Siate pertanto Vescovi di sguardo limpido, di anima trasparente, di volto luminoso. Non abbiate paura della trasparenza. La Chiesa non ha bisogno dell’oscurità per lavorare. Vigilate affinché i vostri sguardi non si coprano con le penombre della nebbia della mondanità; non lasciatevi corrompere dal volgare materialismo né dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco; non riponete la vostra fiducia nei ‘carri e cavalli’ dei faraoni attuali, perché la nostra forza è la ‘colonna di fuoco’ che rompe dividendole in due le acque del mare, senza fare grande rumore (cfr Es 14,24-25)”.

 

Tanti giovani “commercializzano” la morte in cambio di denaro

 

In un mondo oggi “dominata da una concezione della vita considerata da molti più che mai vacillante, mutevole e anomica, perché manca di un sostrato solido”, “Dio vi chiede di avere uno sguardo che sappia intercettare la domanda che grida nel cuore della vostra gente”. “Se il nostro sguardo non testimonia di aver visto Gesù, allora le parole che ricordiamo di Lui risultano soltanto delle figure retoriche vuote. Forse esprimono la nostalgia di quelli che non possono dimenticare il Signore, ma comunque sono solo il balbettare di orfani accanto al sepolcro. Parole alla fine incapaci di impedire che il mondo resti abbandonato e ridotto alla propria potenza disperata”.

E come già nel discorso pronunciato al Palazzo presidenziale, il Papa ha espresso preoccupazione per i giovani. “In particolare mi preoccupano tanti che, sedotti dalla vuota potenza del mondo, esaltano le chimere e si rivestono dei loro macabri simboli per commercializzare la morte in cambio di monete che alla fine tarme e ruggine consumano e per cui i ladri scassinano e rubano (cfr Mt 6,20). Vi prego di non sottovalutare la sfida etica e anti-civica che il narcotraffico rappresenta per l’intera società messicana, compresa la Chiesa. Le proporzioni del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora, la gravità della violenza che disgrega e delle sue sconvolte connessioni, non permettono a noi, Pastori della Chiesa, di rifugiarci in condanne generiche, bensì esigono un coraggio profetico e un serio e qualificato progetto pastorale per contribuire, gradualmente, a tessere quella delicata rete umana, senza la quale tutti saremmo fin dall’inizio distrutti da tale insidiosa minaccia. Solo cominciando dalle famiglie; avvicinandoci e abbracciando la periferia umana ed esistenziale dei territori desolati delle nostre città; coinvolgendo le comunità parrocchiali, le scuole, le istituzioni comunitarie, la comunità politica, le strutture di sicurezza; solo così si potrà liberare totalmente dalle acque in cui purtroppo annegano tante vite, sia quella di chi muore come vittima, sia quella di chi davanti a Dio avrà sempre le mani macchiate di sangue, per quanto abbia il portafoglio pieno di denaro sporco e la coscienza anestetizzata”.

Il Papa ha poi toccato altri due temi particolarmente delicati della vita di questo Paese: “i popoli indigeni e le loro affascinanti culture, non di rado massacrate” per i quali ha chiesto “uno sguardo di singolare delicatezza”, e i migranti. “Permettetemi – ha detto in proposito - un’ultima parola per esprimere l’apprezzamento del Papa per tutto quanto state facendo per affrontare la sfida della nostra epoca rappresentata dalle migrazioni. Sono milioni i figli della Chiesa che oggi vivono nella diaspora o in transito peregrinando verso il nord in cerca di nuove opportunità. Molti di loro lasciano alle spalle le proprie radici per avventurarsi, anche nella clandestinità che implica ogni tipo di rischio, alla ricerca della ‘luce verde’ che considerano come loro speranza. Tante famiglie si dividono; e non sempre l’integrazione nella presunta ‘terra promessa’ è così facile come si pensa. Fratelli, i vostri cuori siano capaci di seguirli e raggiungerli al di là delle frontiere. Rafforzate la comunione con i vostri fratelli dell’episcopato statunitense affinché la presenza materna della Chiesa mantenga vive le radici della loro fede, le ragioni della loro speranza e la forza della loro carità”.

 

 

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