28/11/2015, 00.00
VATICANO - UGANDA
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Papa in Uganda: “i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature”

La fedeltà a Dio “non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta”, a proteggere “la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune”.

Namugongo (AsiaNews) – I piaceri e “il potere terreno non danno gioia e pace durature” e la fedeltà a Dio “non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune”. L’esempio dei Martiri d’Uganda e “l’ecumenismo del sangue” che unì cattolici e anglicani uccisi da re Mwanda alla fine dell’’800 sono stati al centro della prima mattina di papa Francesco in Uganda.

La giornata è cominciata infatti con la visita al santuario anglicano di Namugongo dove il Papa, accolto da una quarantina di vescovi anglicani, ha svelato una targa commemorativa dei 23 martiri torturati e uccisi.  Poi, dopo l’abbraccio all’arcivescovo anglicano e la preghiera silenziosa, Francesco ha benedetto la folla insieme agli anglicani, un gesto di forte valenza ecumenica.

Francesco si è quindi trasferito in papamobile  al santuario cattolico di Namugongo, distante appena 3 chilometri, che sorge all’interno di un grande parco naturale ed è stato consacrato da Paolo VI nel 1969. E’ il luogo dove san Carlo Lwanga fu bruciato vivo insieme ai suoi 21 giovani compagni il 3 giugno 1886. I 22 pilastri su cui poggia la chiesa in cui è stata celebrata la Messa, la cui forma ricorda la capanna tradizionale dell’etnia Baganda, ne ricordano il sacrificio Ad accogliere il Papa un tripudio di inni e canti di una folla immensa.

L’esempio e il significato che la “testimonianza” hanno per gli uomini di oggi sono stati al centro dell’omelia della messa celebrata per il 50mo anniversario della canonizzazione dei martiri ugandesi, proclamata dal Paolo VI a Roma, e che ha mescolato canti, lingue e tradizioni locali, con quelle del rito latino.

“Dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo. Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei Martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto ‘gli estremi confini della terra’. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue. Tutti questi testimoni hanno coltivato il dono dello Spirito Santo nella propria vita ed hanno dato liberamente testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, anche a costo della vita, e molti in così giovane età. Anche noi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per diventare figli e figlie di Dio, ma anche per dare testimonianza a Gesù e farlo conoscere e amare in ogni luogo. Abbiamo ricevuto lo Spirito quando siamo rinati nel Battesimo, e quando siamo stati rafforzati con i suoi doni nella Confermazione. Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a ‘ravvivare’ il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri”.

“Il dono dello Spirito Santo è un dono che è dato per essere condiviso. Ci unisce gli uni agli altri come credenti e membra vive del Corpo mistico di Cristo. Non riceviamo il dono dello Spirito soltanto per noi stessi, ma per edificarci gli uni gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore. Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. Poiché essi avevano coltivato la propria fede e avevano accresciuto l’amore per Dio, non ebbero timore di portare Cristo agli altri, persino a costo della vita. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua ad ispirare tante persone nel mondo. Essi continuano a proclamare Gesù Cristo e la potenza della Croce. Se, come i martiri, noi quotidianamente ravviviamo il dono dello Spirito che abita nei nostri cuori, allora certamente diventeremo quei discepoli missionari che Cristo ci chiama ad essere. Per le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti. Questa apertura verso gli altri incomincia nella famiglia, nelle nostre case, dove si impara la carità e il perdono, e dove nell’amore dei nostri genitori si impara a conoscere la misericordia e l’amore di Dio. Tale apertura si esprime anche nella cura verso gli anziani e i poveri, le vedove e gli orfani”.

“La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire. Ciò non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune. Cari fratelli e sorelle, questa è l’eredità che avete ricevuto dai Martiri ugandesi: vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo. Possano i Martiri ugandesi, insieme con Maria, Madre della Chiesa, intercedere per noi, e possa lo Spirito Santo accendere in noi il fuoco dell’amore divino!  Omukama Abawe Omukisa! (Dio vi benedica!)”.

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