06/01/2013, 00.00
VATICANO
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Papa: I vescovi, come i Magi, precedono e indicano la strada dei popoli verso Gesù Cristo

Nella solennità dell'Epifania, Benedetto XVI ordina quattro vescovi e propone un identikit del pastore, prendendo ad esempio i Magi. I Magi erano uomini inquieti alla ricerca di Dio; non si accontentavano delle proprie sicurezze. Il vescovo è un uomo che vive l'inquietudine di Dio verso l'uomo, per questo non si dà pace e non fa le cose per mestiere. Essi con coraggio sfidano l'opinione dominante, l'agnosticismo intollerante, e sono "percossi", partecipando alla passione di Gesù. Divenire testimoni della vita di Gesù, come "astri nel mondo".

Città del Vaticano (AsiaNews) - "I Magi d'Oriente che, sotto la guida della stella, hanno trovato la via verso il presepe di Betlemme sono solo l'inizio di una grande processione che pervade la storia",  un "pellegrinaggio dei popoli verso Gesù Cristo... Il Vescovo ha il compito non solo di camminare in questo pellegrinaggio insieme con gli altri, ma di precedere e di indicare la strada".

Nella solennità dell'Epifania ("la comparsa del divino") del Signore Benedetto XVI ha offerto una riflessione su "che tipo di uomini erano" i Magi, ma anche "come dev'essere un uomo a cui si impongono le mani per l'ordinazione episcopale". Il nesso fra la festa e la figura e un vero e proprio "identikit" del vescovo è dato dal fatto che proprio oggi - con un tradizione voluta da Giovanni Paolo II - il papa ha ordinato alcuni sacerdoti all'episcopato. Oltre a mons. Georg Gänswein, segretario particolare del Santo Padre, eletto arcivescovo titolare di Urbisaglia e nominato Prefetto della Casa pontificia, egli ha ordinato mons. Angelo Vincenzo Zani, eletto arcivescovo titolare di Volturno e nominato Segretario della Congregazione per l'educazione cattolica; mons. Fortunatus Nwachukwu, eletto arcivescovo titolare di Acquaviva e nominato Nunzio apostolico in Nicaragua; mons. Nicolas Henry Marie Denis Thevenin, eletto arcivescovo titolare di Eclano e nominato Nunzio apostolico in Guatemala.

Nella sua magistrale omelia, il pontefice spiega anzitutto il senso della festa. I Magi che vanno a Betlemme, "gli uomini provenienti dall'Oriente personificano il mondo dei popoli, la Chiesa dei gentili - gli uomini che attraverso tutti i secoli si incamminano verso il Bambino di Betlemme, onorano in Lui il Figlio di Dio e si prostrano davanti a Lui. La Chiesa chiama questa festa "Epifania" - la comparsa del Divino. Se guardiamo il fatto che, fin da quell'inizio, uomini di ogni provenienza, di tutti i Continenti, di tutte le diverse culture e tutti i diversi modi di pensiero e di vita sono stati e sono in cammino verso Cristo, possiamo dire veramente che questo pellegrinaggio e questo incontro con Dio nella figura del Bambino è un'Epifania della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini (cfr Tt 3,4)".

Il papa tratteggia "che tipo di uomini" erano i Magi. "Gli uomini che allora partirono verso l'ignoto  - spiega Benedetto XVI - erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell'interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano ricercatori di Dio".

Subito dopo egli si domanda "come dev'essere" un vescovo nella Chiesa cattolica e propone un'immagine profonda e radicale. "Un Vescovo dev'essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev'essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l'inquietudine verso Dio è diventata un'inquietudine per la sua creatura, l'uomo. Come i Magi d'Oriente, anche un Vescovo non dev'essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non vuole altro. No, egli dev'essere preso dall'inquietudine di Dio per gli uomini. Deve, per così dire, pensare e sentire insieme con Dio. Non è solo l'uomo ad avere in sé l'inquietudine costitutiva verso Dio, ma questa inquietudine è una partecipazione all'inquietudine di Dio per noi. Poiché Dio è inquieto nei nostri confronti, Egli ci segue fin nella mangiatoia, fino alla Croce. "Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!", prega la Chiesa nel Dies irae. L'inquietudine dell'uomo verso Dio e, a partire da essa, l'inquietudine di Dio verso l'uomo devono non dar pace al Vescovo. È questo che intendiamo quando diciamo che il Vescovo dev'essere soprattutto un uomo di fede. Perché la fede non è altro che l'essere interiormente toccati da Dio, una condizione che ci conduce sulla via della vita. La fede ci tira dentro uno stato in cui siamo presi dall'inquietudine di Dio e fa di noi dei pellegrini che interiormente sono in cammino verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di amore. In questo pellegrinaggio, il Vescovo deve precedere, dev'essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l'amore.

"Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant'Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l'attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio. Al posto della parola "desiderio" potremmo mettere anche la parola "inquietudine" e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l'inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri. Il Vescovo, come pellegrino di Dio, dev'essere soprattutto un uomo che prega. Deve vivere in un permanente contatto interiore con Dio; la sua anima dev'essere largamente aperta verso Dio. Le sue difficoltà e quelle degli altri, come anche le sue gioie e quelle degli altri le deve portare a Dio, e così, a modo suo, stabilire il contatto tra Dio e il mondo nella comunione con Cristo, affinché la luce di Cristo splenda nel mondo".

Ancora, i Magi erano  "uomini che avevano coraggio, il coraggio e l'umiltà della fede. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire - verso l'ignoto, l'incerto, su vie sulle quali c'erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell'opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente".

Anche il vescovo è un uomo "di coraggio": "L'umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l'intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L'agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev'essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell'aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. "Chi teme il Signore non ha paura di nulla", dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!".

Benedetto XVI ricorda l'esperienza degli apostoli, oltraggiati a causa del nome di Gesù e nonostante ciò annunciatori della Buona Novella (cfr Atti 5,40 ss). "Anche i successori degli Apostoli - aggiunge il papa - devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo. E allora possono essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per Lui. Naturalmente vogliamo, come gli Apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l'approvazione. Naturalmente non provochiamo, ma tutt'al contrario invitiamo tutti ad entrare nella gioia della verità che indica la strada. L'approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo".

"I Magi - ha concluso il pontefice - hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15)".

Anche i vescovi,  se vivono "con Cristo, a Lui nuovamente legati nel Sacramento" , diverranno "astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della vita".

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