25/12/2009, 00.00
VATICANO
Invia ad un amico

Papa: Natale, la luce che chiama gli uomini alla conversione e il mondo alla pace

Nel messaggio Urbi et orbi Benedetto XVI ricorda le violenze e le violazioni dei diritti umani che avvengono anche in Terra Santa, Iraq, Sri Lanka e penisola coreana. Gli “affari” urgenti spesso mettono Dio “quasi all’ultimo posto”. Ieri sera, una donna ha fatto cadere il Papa, che si è rialzato e ha celebrato la messa.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La nascita di Dio “per noi” è una esortazione forte a superare l’egoismo, “quello del gruppo come quello del singolo”, che “ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri” e soprattutto a renderci conto del “posto” da dare a Dio nella vita. E’ una chiamata alla pace in Medio Oriente, al rispetto dei diritti umani in Sri Lanka e in Congo, alla ricerca della concordia in Iraq e America latina. E’ un invito all’accoglienza dei poveri e dei migranti.
 
“La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte”. E’ il vero significato del Natale, ricordato da Benedetto XVI oggi, nel messaggio rivolto a Roma e al mondo e ripetuto negli auguri pronunciati in 65 limgue, tra le quali: russo, kazako, georgiano, turco, arabo, ebraico, aramaico, armeno, hindi, tamil, malayalam, bengalese, birmano, urdu, cinese, giapponese, coreano, vietnamita, singalese, tailandese, indonesiano, cambogiano, filippino,
 
Quel “fuoco” era stato al centro, ieri, nella messa della notte, celebrata in San Pietro. Rito che, prima del suo inizio, ha avuto momenti di confusione e paura: una donna svizzera, durante la processione, ha scavalcato le transenne e si è diretta verso il Papa, facendolo cadere. Benedetto XVI si è subito rialzato, ha raggiunro l’altare e celebrato serenamente la messa. Peggio è andata all’anziano cardinale Roger Etchegaray, caduto anch’egli, che ha avuto la frattura del femore. La donna, sembra non del tutto sana di mente, a quanto ha detto voleva solo abbracciare il Papa.
 
Benedetto XVI, che non ha fatto alcun cenno all’accaduto, ha dunque posto quella “luce” al centro della sua riflessione. “Dio - nelle sue parole di oggi - ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio. La Verità, come l’Amore, che ne sono il contenuto, si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce”.
 
“Anche oggi - ha proseguito il Papa - mediante coloro che vanno incontro al Bambino, Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il ‘segno’ della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il ‘noi’ dei credenti in Cristo all’intera umanità. Dovunque c’è un ‘noi’ che accoglie l’amore di Dio, là risplende la luce di Cristo, anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato. Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza”.
 
“Il ‘noi’ della Chiesa – ha detto ancora - vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica. Il ‘noi’ della Chiesa è presente negli altri Paesi del Medio Oriente. Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione? Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino. Il ‘noi’ della Chiesa opera in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace”.
  
“Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente; a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli. In Europa e in America settentrionale, il ‘noi’ della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate. In Honduras aiuta a riprendere il cammino istituzionale; in tutta l’America Latina il ‘noi’ della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità”.
 
Ma non è solo questo la nascita di Gesù. E’ un avvenimento che prima di tutto chiama in causa ogni persona, l’esorta a essere come i pastori che, nella notte, “si affrettarono” a vedere il Bambino. Perché, ha sottolineato il Papa durante la messa della notte “ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore”. “Si affrettarono – senza indugio. Nella nostra vita ordinaria le cose non stanno così. La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato. E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle. Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre. Il Vangelo ci dice: Dio ha la massima priorità.  Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio”.
 
“Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni - ha ammonito Benedetto XVI - che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo. In molteplici modi Dio deve ripetutamente spingerci e darci una mano, affinché possiamo trovare l’uscita dal groviglio dei nostri pensieri e dei nostri impegni e trovare la via verso di Lui. Ma per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno. Egli chiama tutti noi, perché anche noi si possa dire: Orsù, ‘attraversiamo’, andiamo a Betlemme – verso quel Dio, che ci è venuto incontro. Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui”.
 
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Nunzio a Gerusalemme: "Sharm el-Sheikh, un passo positivo e incoraggiante"
08/02/2005
Papa: la pace in Medio Oriente nascerà dal rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa
25/06/2010
Israele-Palestina: il futuro buio e la visita del papa
30/12/2008
Patriarca di Gerusalemme: la gioia del Risorto tra le prove del Medio Oriente
23/03/2005
P. Pierbattista Pizzaballa amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme
24/06/2016 12:48


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”