30/12/2014, 00.00
VATICANO
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Papa: Sapienza del cuore per servire i malati e vivere con fede l'esperienza del dolore

Pubblicato il Messaggio per la 23ma Giornata del malato, che si celebra l'11 febbraio prossimo. Tanti cristiani sono "occhi per il cieco" e "piedi per lo zoppo", assistendo malati anche per anni. La "qualità della vita" usata come ideologia per bollare come indegne di essere vissute "vite gravemente affette". La "frenesia del fare" fa dimenticare spesso "il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato". In unione con la Croce di Gesù, l'esperienza del dolore diviene fonte di sapienza e testimonianza di fede.

Città del Vaticano (AsiaNews) - "La Sapienza del cuore" non è "una conoscenza teorica", ma un dono dello Spirito che rende capace di "aprirsi alla sofferenza dei fratelli" e riconoscere "in essi l'immagine di Dio".  Ma la "Sapienza del cuore" è anche quella che i malati possono acquisire nella "esperienza della sofferenza", diventando "testimoni viventi" di fede, anche se l'intelligenza umana "non è capace "di comprenderla fino in fondo".

Il tema della "Sapienza del cuore (sapientia cordis)", percorre tutto il Messaggio che papa Francesco ha indirizzato in occasione della 23ma Giornata del malato che si celebra l'11 febbraio 2015.

Rivolgendosi ai malati e ai "professionisti e volontari nell'ambito sanitario", il pontefice elenca le caratteristiche di questa Sapienza:

1.     "Sapienza del cuore è servire il fratello", come suggerito dalla frase biblica a tema della Giornata, tratta dal libro di Giobbe (29,15): "Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo".  "Quanti cristiani - commenta il papa - anche oggi testimoniano, non con le parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere "occhi per il cieco" e "piedi per lo zoppo"! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un'assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. È relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare".

2.     "Sapienza del cuore è stare con il fratello". Il pontefice prega che tutti comprendano "il valore dell'accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati".  E aggiunge: "Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla 'qualità della vita', per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!".

3.     "Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello". Il papa della "Chiesa in uscita" ricorda che questo è lo slancio della missione, che comprende anche «la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (Evangelii Gaudium ,179). "Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità, del prendersi cura, del farsi carico dell'altro. In fondo, dietro questo atteggiamento c'è spesso una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore che dice: «L'avete fatto a me» (Mt 25,40)".

4.     "Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo". La vera carità - spiega il pontefice - "è condivisione che non giudica, che non pretende di convertire l'altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto".

5.     L'ultima parte del Messaggio parla non della "sapienza del cuore" che deve avere chi cura i malati, ma della sapienza di questi ultimi. Francesco ricorda anzitutto che la "Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi", è "risposta d'amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore innocente". Tale risposta "rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono anche verifica della fede". In tal modo, "l'esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato della trasmissione della grazia e fonte per acquisire e rafforzare la sapientia cordis". Una sapienza che fa tutt'uno con la fede: "Anche le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede, possono diventare testimoni viventi di una fede che permette di abitare la stessa sofferenza, benché l'uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo".

 

 

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