29/01/2017, 12.24
VATICANO
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Papa: "Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”.

“La felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio. Riguardo ai beni materiali questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace: più ho più voglio”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su sé stesso, sulle sue ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui”. Nella domenica nella quale il Vangelo propone il discorso delle Beatitudini, papa Francesco ha voluto sottolineare in particolare il senso della beatitudine dei poveri in spirito, commentando anche che “se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche!”.

Alle 30mila persone presenti in piazza san Pietro per la recita dell’Angelus, il Papa ha infatti ricordato che “la liturgia di questa domenica ci fa meditare sulle Beatitudini (cfr Mt 5,1-12a), che aprono il grande discorso detto ‘della montagna’, la ‘magna charta’ del Nuovo Testamento. Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità. Questo messaggio era già presente nella predicazione dei profeti: Dio è vicino ai poveri e agli oppressi e li libera da quanti li maltrattano. Ma in questa sua predicazione Gesù segue una strada particolare: comincia con il termine «beati», cioè felici; prosegue con l’indicazione della condizione per essere tali; e conclude facendo una promessa. Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – per esempio «poveri in spirito», «afflitti», «affamati di giustizia», «perseguitati»... – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il «regno» annunciato da Gesù. Non è un meccanismo automatico questo, ma un cammino di vita al seguito del Signore, per cui la realtà di disagio e di afflizione viene vista in una prospettiva nuova e sperimentata secondo la conversione che si attua. Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio”.

“Mi soffermo sulla prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 4). Il povero in spirito è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio. La felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: nei confronti dei beni e nei confronti di Dio. Riguardo ai beni materiali questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace: più ho più voglio. Questa è la consumazione vorace e questo uccide l’anima”. “Nei confronti di Dio è lode e riconoscimento che il mondo è benedizione e che alla sua origine sta l’amore creatore del Padre. Ma è anche apertura a Lui, è Lui il Signore, non io, è docilità alla sua signoria, che ha voluto il mondo per tutti gli uomini nella loro condizione di pochezza e di limite”.

“Il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su sé stesso, sulle sue ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui. Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane. I poveri, in questo senso evangelico, appaiono come coloro che tengono desta la meta del Regno dei cieli, facendo intravedere che esso viene anticipato in germe nella comunità fraterna, che privilegia la condivisione al possesso. Questo vorrei sottolinearlo, privilegiare la comunione al possesso. La Vergine Maria, modello e primizia dei poveri in spirito perché totalmente docile alla volontà del Signore, ci aiuti ad abbandonarci a Dio, ricco di misericordia, affinché ci ricolmi dei suoi doni, specialmente dell’abbondanza del suo perdono”.

Anche quest’anno, dopo la recita della preghiera mariana, accanto a Francesco si sono affacciati due ragazzi dell’Azione cattolica delle parrocchie e delle scuole cattoliche di Roma. I ragazzi, a conclusione della ‘Carovana della Pace’, il cui slogan è Circondati di Pace, hanno letto un messaggio a favore della pace, dopo il quale dalla piazza sono stati lanciati dei palloncini colorati.

Il Papa ha infine ricordato che si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. “Questa malattia, pur essendo in regresso, è ancora tra le più temute e colpisce i più poveri ed emarginati. È importante lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera. Incoraggio quanti sono impegnati nel soccorso e nel reinserimento sociale delle persone colpite dalla lebbra, per le quali assicuriamo la nostra preghiera”.

 

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