20/09/2016, 16.55
ITALIA – VATICANO
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Papa: ad Assisi, cristiani sappiano vivere accanto “a quanti oggi vivono da crocifissi”

La meditazione di Francesco all’incontro “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”. “Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa”.

Assisi (AsiaNews) – I cristiani sappiano vivere accanto “a quanti oggi vivono da crocifissi”, a quanti “implorano la pace”, chiedono aiuto, ma non sono ascoltati. E’ la meditazione che papa Francesco ha proposto ai cristiani riuniti nella Basilica inferiore di San Francesco per una preghiera ecumenica. E’ il primo momento pubblico della visita di Francesco all’incontro “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla diocesi della città umbra e dalle Famiglie Francescane nel 30mo anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace convocata il 27 ottobre 1986 da Giovanni Paolo II.

Giunto in tarda mattinata, Francesco ha pranzato nel Sacro Convento. Al suo tavolo, il patriarca ecumenico Bartolomeo, il patriarca siro-ortodosso Efrem, il filosofo polacco Zygmunt Bauman e 12 rifugiati provenienti da Paesi in guerra. Una di loro, una signora di Aleppo, ha raccontato la sua storia. Nel corso del pranzo, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato il 25mo  anniversario di Patriarcato di Bartolomeo I.

Dopo pranzo, il Papa ha incontrato singolarmente Bartolomeo I, Ignatius Efrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia; Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa di Inghilterra; Zygmut Bauman, Din Syamsuddin, presidente del Consiglio degli ulema dell’Indonesia e il Gran rabbino israeliano David Rosen.

Alle i rappresentanti delle diverse religioni hanno pregato per la Pace in luoghi differenti di Assisi. Tutti i cristiani si sono riuniti nella Basilica inferiore di San Francesco per una preghiera Ecumenica, durante la quale vengono nominati tutti i Paesi in guerra e per ciascuno di essi viene accesa una candela.

La meditazione del Papa e quella di Bartolomeo hanno preso spunto dalla frase “ho sete” pronunciata nell’Apocalisse da Gesù crocefisso.  “Siamo giunti in questa santa città – ha detto tra l’altro il Patriarca - dai vari angoli del mondo, e ci troviamo insieme, come cristiani, in questo sacro luogo per invocare dal Signore il più grande dei Suoi doni, la Pace, da Lui che è il Re della Pace. Sì, perché il Signore ha testimoniato con la sua stessa vita l’amore incarnato - la pace degli uomini, l’amore interiore - la pace di Dio, l’amore della Croce e della Resurrezione - la pace cosmica”.

 

“Oggi – ha detto ancora - ai Cristiani è richiesta una “martyria”, una testimonianza di comunione: “Vi riconosceranno da come vi amerete” (Gv. 13, 35). Quale parola di pace potrà essere offerta all’altro, al diverso, al lontano, allo sconosciuto, a colui che si frappone tra noi, se quella parola di pace non sarà una reale esperienza di comunione con la Luce Radiosa del Mattino? Come offrire pace che è amore, senza la reale testimonianza che è martirio? Senza essere icone viventi della comunione Trinitaria in Dio e con il prossimo?”.

“Di fronte a Gesù crocifisso – le parole del Papa - risuonano anche per noi le sue parole: «Ho sete» (Gv 19,28). La sete, ancor più della fame, è il bisogno estremo dell’essere umano, ma ne rappresenta anche l’estrema miseria. Contempliamo così il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini. Di che cosa ha sete il Signore? Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l’acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore. Il profeta Geremia ha espresso il compiacimento di Dio per il nostro amore: «Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento» (Ger 2,2). Ma ha dato anche voce alla sofferenza divina, quando l’uomo, ingrato, ha abbandonato l’amore, quando – sembra dire anche oggi il Signore – «ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (Ger 2,13). È il dramma del ‘cuore inaridito’, dell’amore non ricambiato, un dramma che si rinnova nel Vangelo, quando alla sete di Gesù l’uomo risponde con l’aceto, che è vino andato a male. Come, profeticamente, lamentava il salmista: «Quando avevo sete mi hanno dato aceto» (Sal 69,22).

“‘L’Amore non è amato’: secondo alcuni racconti era questa la realtà che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta (cfr Fonti Francescane, n. 1413). Questa stessa realtà ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto ‘Ho sete’. Estinguere la sete d’amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta. Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà ‘benedetti’ quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)”.

“Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo ‘Ho sete’ possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete. Ma a loro viene spesso dato, come a Gesù, l’aceto amaro del rifiuto. Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione. Di fronte a Cristo crocifisso, «potenza e sapienza di Dio» (1 Cor 1,24), noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell’Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male è stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere ‘alberi di vita’, che assorbono l’inquinamento dell’indifferenza e restituiscono al mondo l’ossigeno dell’amore. Dal fianco di Cristo in croce uscì acqua, simbolo dello Spirito che dà la vita (cfr Gv 19,34); così da noi suoi fedeli esca compassione per tutti gli assetati di oggi. Come Maria presso la croce, ci conceda il Signore di essere uniti a Lui e vicini a chi soffre. Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal Crocifisso Risorto, cresceranno ancora di più l’armonia e la comunione tra noi. «Egli infatti è la nostra pace» (Ef 2,14), Egli che è venuto ad annunciare la pace ai vicini e ai lontani (cfr Ef 2,17). Ci custodisca tutti nell’amore e ci raccolga nell’unità, perché diventiamo quello che Lui desidera: «una sola cosa» (Gv 17,21)”.

 

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