16/06/2014, 00.00
VATICANO
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Papa: al primate anglicano, "non possiamo fingere che la nostra divisione non sia uno scandalo"

Incontrando l'arcivescovo di Canterbury, Francesco torna ad affermare che anche se "il traguardo della piena unità può sembrare un obiettivo lontano", esso "rimane pur sempre la meta". L'importanza del lavoro delle commissioni miste e della cooperazione in atto contro il traffico di esseri umani e alle diverse forme di schiavitù moderna.

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Non possiamo fingere che la nostra divisione non sia uno scandalo, un ostacolo all'annuncio del Vangelo della salvezza al mondo", per cui anche se "il traguardo della piena unità può sembrare un obiettivo lontano", esso "rimane pur sempre la meta verso cui dobbiamo orientare ogni passo del cammino ecumenico". Papa Francesco si è rivolto così, stamattina, all'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, col quale c'è stato anche un momento di preghiera in comune.

Dopo un colloquio privato, nel discorso rivolto al primate della Comunione anglicana il Papa - ricordando il loro precedente incontro del 14 giugno dell'anno scorso - ha tra l'altro sottolineato l'importanza del lavoro che stanno svolgendo la Commissione internazionale anglicano-cattolica e la Commissione internazionale anglicano-cattolica per l'unità e la missione, e la cooperazione in atto contro il traffico di esseri umani e alle diverse forme di schiavitù moderna.

Nell'impegno "per la grande causa della riconciliazione e della comunione tra i credenti in Cristo", ha detto Francesco,"la nostra vista non di rado è offuscata dal peso causato dalla storia delle nostre divisioni e la nostra volontà non sempre è libera da quell'ambizione umana che a volte accompagna persino il nostro desiderio di annunciare il Vangelo secondo il comandamento del Signore (cfr Mt 28,19).

Il traguardo della piena unità può sembrare un obiettivo lontano, ma rimane pur sempre la meta verso cui dobbiamo orientare ogni passo del cammino ecumenico che stiamo percorrendo insieme. Trovo incoraggiamento nella saggia esortazione del Decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II, che ci chiama a portare avanti le nostre relazioni e la nostra collaborazione senza ostacolare le vie della Provvidenza e senza recare pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo (cfr Unitatis redintegratio, 24). Il nostro progresso verso la piena comunione non sarà semplicemente il risultato delle nostre azioni umane, ma libero dono di Dio. Lo Spirito Santo ci dà la forza di non scoraggiarci e ci invita ad affidarci con piena fiducia alla sua azione potente.

Come discepoli che si sforzano di seguire il Signore, sappiamo che la fede è venuta a noi attraverso molti testimoni. Siamo in debito verso grandi santi, verso maestri e comunità che ci hanno trasmesso la fede nel corso dei secoli e che ci attestano le nostre comuni radici. Ieri, Solennità della Santissima Trinità, Vostra Grazia ha celebrato i vespri nella chiesa di San Gregorio al Celio, da dove Papa Gregorio Magno inviò il monaco Agostino e i suoi compagni ad evangelizzare i popoli dell'Inghilterra, dando origine ad una storia di fede e santità della quale avrebbero poi beneficiato molte altre genti europee. Un cammino glorioso, del quale rimane profonda traccia in istituzioni e tradizioni ecclesiali che condividiamo e che costituiscono un fondamento solido per la nostra fraternità".

"Quando ci siamo incontrati per la prima volta (nella foto), Vostra Grazia, abbiamo parlato delle comuni preoccupazioni e del nostro dolore di fronte ai mali che affliggono la famiglia umana. In particolare, abbiamo espresso lo stesso orrore di fronte alla piaga del traffico di esseri umani e alle diverse forme di schiavitù moderna. Ringrazio Vostra Grazia per l'impegno che Ella dimostra nell'opporsi a tale intollerabile crimine contro la dignità umana. In questo vasto campo d'azione, che si presenta in tutta la sua urgenza, sono state avviate significative attività di cooperazione sia in campo ecumenico, sia con autorità civili e organizzazioni internazionali. Molte sono le iniziative caritative nate dalle nostre comunità e condotte con generosità e coraggio in varie parti del mondo. Penso in particolare alla rete di azione contro la tratta delle donne creata da numerosi istituti religiosi femminili. Ci impegniamo a perseverare nella lotta alle nuove forme di schiavitù, confidando di poter contribuire a dare sollievo alle vittime e a contrastare questo tragico commercio. Come discepoli inviati a guarire il mondo ferito, ringrazio Dio che ci ha reso capaci di fare fronte comune contro questa gravissima piaga, con perseveranza e determinazione".

 

 

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