02/12/2015, 00.00
VATICANO
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Papa: essere missionari, “uomini e donne che hanno lasciato tutto” e danno testimonianza a Gesù

All’udienza generale, dedicata al suo viaggio in Africa, Francesco ricorda l’incontro con una suora italiana a Bangui. “E come questa suora, ce ne sono tante, tante: tante suore, tanti preti, tanti religiosi che bruciano la vita per annunciare Gesù Cristo”. “Uno scandalo” quando convivono ricchezza e miseria. in Africa e nel mondo.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Essere missionari, “uomini e donne che hanno lasciato tutto: la patria, da giovani, e se ne sono andati là, in una vita di tanto, tanto lavoro, alle volte dormendo sulla terra …”, uomini e donne che “non fanno proselitismo”, ma “testimonianza: questa è la grande missionarietà eroica della Chiesa”. E’ terminata con un appello ai giovani a guardare a “cosa fanno i missionari” l’udienza generale nella quale papa Francesco ha ripercorso le tappe del viaggio che ha compiuto nel Continente nero dal 25 al 30 novembre.

Alle 20mila persone presenti in una piazza san Pietro “blindata”, ma nella quale sorge già l'albero di Natale - un abete rosso alto 25 metri donato quest'anno dai comuni di Hirschau, Schnaittenbach e Freudenberg, in Baviera – Francesco ha dunque parlato del suo primo viaggio apostolico in Africa - “che bella  è l'Africa!” - ricordando quanto gli ha detto una suora italiana che da 60 anni presta la sua opera di infermiera a Bangui, in Centrafrica.

“A un certo momento – ha detto, parlando a braccio - ho trovato a Bangui una suora, era italiana. Si vedeva che era anziana: ‘Quanti anni ha?’, ho chiesto. ‘81’ – ma, non tanto: due più di me, non tanto. Era con una bambina. E la bambina, in italiano, le diceva: ‘Nonna’ – alla suora … 81 anni. E era là da quando aveva 23-24 anni. Tutta la vita. E come lei, tante. ‘Ma io, proprio non sono di qua, del Paese vicino, del Congo; ma sono venuta in canoa, con questa bambina …’ … Così sono i missionari: coraggiosi. ‘E cosa fa lei, suora?’ – ‘Ma, io sono infermiera e poi ho studiato un po’ qui e sono diventata ostetrica e ho fatto nascere 3.280 bambini’: così mi ha detto. Tutta una vita per la vita, per la vita degli altri. E come questa suora, ce ne sono tante, tante: tante suore, tanti preti, tanti religiosi che bruciano la vita per annunciare Gesù Cristo. E’ bello, vedere questo. E’ bello”. E, sempre a braccio, ha proseguito: “Io vorrei dire una parola ai giovani. Ma ce ne sono pochi, perché la natalità è un lusso, sembra, in Europa: natalità 0, natalità 1% … Ma mi rivolgo ai giovani: pensate cosa fate della vostra vita. Pensate a questa suora e a tante come lei, che hanno dato la vita e tante sono morte, là, eh? La missionarietà, non è fare proselitismo perché mi diceva questa suora che le donne musulmane vanno da loro perché sanno che le suore sono infermiere brave che le curano bene, e non fanno la catechesi per convertirle! Testimonianza. Poi, a chi vuole, fanno la catechesi. Ma ‘testimonianza’: questa è la grande missionarietà eroica della Chiesa. Annunziare Gesù Cristo con la propria vita! Io mi rivolgo ai giovani: pensa a cosa vuoi fare tu della tua vita. E’ il momento di pensare e chiedere al Signore che ti faccia sentire la Sua volontà. Ma non escludere, per favore, questa possibilità di diventare missionario, per portare l’amore, l’umanità, la fede in altri Paesi. Non per fare proselitismo: no. Quello lo fanno quelli che cercano un’altra cosa. La fede si predica prima con la testimonianza e poi con la parola. Lentamente”.

In precedenza, ripercorrendo una ad una le tappe del viaggio, a proposito del Kenya, prima tappa della visita, lo aveva definito “un Paese che rappresenta bene la sfida globale della nostra epoca: tutelare il creato riformando il modello di sviluppo perché sia equo, inclusivo e sostenibile. Tutto questo trova riscontro in Nairobi, la più grande città dell’Africa orientale, dove convivono ricchezza e miseria: ma questo è uno scandalo! Non solo in Africa: anche qui, eh? Dappertutto. La convivenza tra ricchezza e miseria è uno scandalo, è una vergogna per l’umanità”.

“E lì ha sede proprio l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’ambiente, che ho visitato. In Kenya ho incontrato le autorità e i diplomatici, e anche gli abitanti di un quartiere popolare; ho incontrato i leader delle diverse confessioni cristiane e delle altre religioni, i sacerdoti e i consacrati, e ho incontrato i giovani, tanti giovani! In ogni occasione ho incoraggiato a fare tesoro della grande ricchezza di quel Paese: ricchezza naturale e spirituale, costituita dalle risorse della terra, dalle nuove generazioni e dai valori che formano la saggezza del popolo. In questo contesto così drammaticamente attuale ho avuto la gioia di portare la parola di speranza di Gesù: “Siate saldi nella fede, non abbiate paura”. Questo era il motto della visita. Una parola che viene vissuta ogni giorno da tante persone umili e semplici, con nobile dignità; una parola testimoniata in modo tragico ed eroico dai giovani dell’Università di Garissa, uccisi il 2 aprile scorso perché cristiani. Il loro sangue è seme di pace e di fraternità per il Kenia, per l’Africa e per il mondo intero”.

 “Poi, in Uganda la mia visita è avvenuta nel segno dei Martiri di quel Paese, a 50 anni dalla loro storica canonizzazione, da parte del beato Paolo VI. Per questo il motto era: «Sarete miei testimoni» (At 1,8). Un motto che presuppone le parole immediatamente precedenti: «Avrete forza dallo Spirito Santo», perché è lo Spirito che anima il cuore e le mani dei discepoli missionari. E tutta la visita in Uganda si è svolta nel fervore della testimonianza animata dallo Spirito Santo. Testimonianza in senso esplicito è il servizio dei catechisti, che ho ringraziato e incoraggiato per il loro impegno, che spesso coinvolge anche le loro famiglie. Testimonianza è quella della carità, che ho toccato con mano nella Casa di Nalukolongo, ma che vede impegnate tante comunità e associazioni nel servizio ai più poveri, ai disabili, ai malati. Testimonianza è quella dei giovani che, malgrado le difficoltà, custodiscono il dono della speranza e cercano di vivere secondo il Vangelo e non secondo il mondo, andando contro-corrente. Testimoni sono i sacerdoti, i consacrati e le consacrate che rinnovano giorno per giorno il loro ‘sì’ totale a Cristo e si dedicano con gioia al servizio del popolo santo di Dio. E c’è un altro gruppo di testimoni, ma ne parlerò dopo. Tutta questa multiforme testimonianza, animata dal medesimo Spirito Santo, è lievito per l’intera società, come dimostra l’opera efficace compiuta in Uganda nella lotta all’AIDS e nell’accoglienza dei rifugiati”.

 “La terza tappa del viaggio è stata nella Repubblica Centrafricana, nel cuore geografico del continente: proprio, è il cuore dell’Africa. Questa visita era in realtà la prima nella mia intenzione, perché quel Paese sta cercando di uscire da un periodo molto difficile, di conflitti violenti e tanta sofferenza nella popolazione. Per questo ho voluto aprire proprio là, a Bangui, con una settimana di anticipo, la prima Porta Santa del Giubileo della Misericordia. E’ un Paese che soffre tanto. E questo, come segno di fede e di speranza per quel popolo, e simbolicamente per tutte le popolazioni africane le più bisognose di riscatto e di conforto. L’invito di Gesù ai discepoli: «Passiamo all’altra riva» (Lc 8,22), era il motto per il Centrafrica. ‘Passare all’altra riva’, in senso civile, significa lasciare alle spalle la guerra, le divisioni, la miseria, e scegliere la pace, la riconciliazione, lo sviluppo. Ma questo presuppone un ‘passaggio’ che avviene nelle coscienze, negli atteggiamenti e nelle intenzioni delle persone. E a questo livello è decisivo l’apporto delle comunità religiose. Perciò ho incontrato le Comunità Evangeliche e quella musulmana, condividendo la preghiera e l’impegno per la pace. Con i sacerdoti e i consacrati, ma anche con i giovani, abbiamo condiviso la gioia di sentire che il Signore risorto è con noi sulla barca, ed è Lui che la guida all’altra riva. E infine nell’ultima Messa, allo stadio di Bangui, nella festa dell’apostolo Andrea, abbiamo rinnovato l’impegno a seguire Gesù, nostra speranza, nostra pace, Volto della divina Misericordia. Ma quell’ultima Messa è stata meravigliosa: era piena di giovani, uno stadio di giovani! Ma più della metà della popolazione della Repubblica Centrafricana sono minorenni, hanno meno di 18 anni! Ma è una promessa per andare avanti!”.

Ricordato l’incontro con la suora italiana a Bangui, ha concluso: “Lodiamo insieme il Signore per questo pellegrinaggio in terra d’Africa, e lasciamoci guidare dalle sue parole-chiave: “Siate saldi nella fede, non abbiate paura”; “Sarete miei testimoni”; “Passiamo all’altra riva”.

 

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